Zambia

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ZAMBIA

Periodo: agosto 2011

Durata : 23 giorni

Tipologia : di gruppo con Avventure nel Mondo

 

ITINERARIO

LIVINGSTONE – MONZE – CHIAWA – LOWER ZAMBESI NATIONAL PARK – LUSAKA – LUANGWA BRIDGE – KATETE – CHIPATA – SOUTH LUANGWA NATIONAL PARK – LUSAKA – KAFUE NATIONAL PARK – SIANSOWA, LAKE KARIBA – VICTORIA FALLS – MOSI-OA-TUNYA NATIONAL PARK

Sabato 30 luglio, Roma Fiumicino-Cairo-Johannesburg

Dopo aver sorvolato l’Africa letteralmente da cima a fondo, il volo Egyptair atterra sul suolo sudafricano. La coda per il controllo passaporti è lunga ma ci sbrighiamo in mezz’ora perché ci sono diversi sportelli; prima di accedervi si passa davanti ad un rilevatore della temperatura corporea. Con un volo British Airways da Johannesburg partiamo per Livigstone.

Domenica 31 luglio, Livingstone

In fase di atterraggio chi è seduto sul lato sinistro dell’aereo può vedere le Cascate Vittoria. L’annuncio del Comandante è strepitoso: “stiamo atterrando a … ” “ a ???!!” al microfono sentiamo chiaramente la voce di un suggeritore che gli dice “Livingstone…”

Il Comandante riprende “ah, sì.. a LIVINGSTONE !” – risata generale.

L’aeroporto è piccolino e molto ordinato. A fianco c’è un nuovo edificio in costruzione. Siccome abbiamo già deciso di vedere le Cascate Vittoria sia dal lato zambiano che da quello dello Zimbabwe facciamo il visto con la doppia entrata (il visto doppio costa 80$, quello singolo costa 50$, quindi conviene perché si risparmiano 20$). Suggerisco di controllare bene la data di uscita che l’impiegato scrive sul timbro. Ritiriamo nuovamente i bagagli, ci sono tutti. In aeroporto gli sportelli del cambio sono chiusi, come tutto il resto, perché è domenica. All’uscita troviamo il nostro autista sorridente ad aspettarci. E’ un giovane e massiccio sudafricano e sembra simpatico. Il nostro mezzo di trasporto è un grosso camion Overlander 4×4; il piano superiore ha diverse file di posti a sedere e un piccolo tavolo in mezzo a due divanetti trasversali, i due lati lunghi sono riparati da tendoni con cerniere: Nell’ampio vano inferiore c’è posto per stivare tutti i bagagli.

Partiamo diretti al campeggio distante una ventina di minuti di sobbalzi. Attraversiamo Livingstone percorrendo Mosi Oa Tunya Road dove si susseguono Lodge, Ostelli, negozi e ristoranti in puro stile africano. Il nostro campeggio è affacciato sullo Zambesi ed è veramente carino. Considerando il lungo viaggio in aereo abbiamo prenotato le tende già montate che hanno i letti. L’area campeggio è curata, c’è un bel prato verde, i punti per il barbecue e per fare il fuoco, i bagni sono discreti. Andiamo a bere una birra al bar affacciato sul fiume. Sono quasi le quattro e la motonave Makumbi, ormeggiata proprio di fronte, sta allestendo il bar per la Sunset Cruise che pensiamo di fare anche noi a fine vacanza. La temperatura è discreta ma appena cala il sole fa freddo. Ceniamo al ristorante del campeggio: il piatto del giorno è un intero polletto con patate, cavolfiori e piselli. Durante la cena viene deciso di alloggiare ancora qui per le ultime due notti a Livingstone e sempre nelle tende con i letti.

Lunedì 1 agosto, Livingstone – Monze

Alle sette carichiamo i bagagli sul camion. Controlliamo l’equipaggiamento per cucinare: fornello a tre fuochi con bombola del gas, box frigo, piatti, tazze, posate, mestoli vari, due bollitori, due catini grandi, pentole di varie misure, due taglieri, vari coltelli, un apriscatole. Andiamo a fare colazione al bar del campeggio. Stiamo per avventarci sul buffet quando, verificato che costa quasi 10$ a testa!, battiamo in ritirata adducendo la scusa che andiamo di fretta e ci accontentiamo di una sola bevanda calda (caffè e tè) per neanche un dollaro.

In città è ancora tutto chiuso perché è il Farmers Day ma l’attesa è breve. Appena apre l’ufficio del Money Change cambiamo dei soldi in moneta locale (Kwacha) perché è l’unica accettata nei supermercati. Per tutto il resto servono i Dollari. Lo SHOPRITE è un bellissimo supermercato, apre alle 9.00. Per l’operazione spesa ho organizzato tre squadre che sono pronte ai blocchi di partenza in stile giochi senza frontiere:

  • la squadra acqua-vino-utensili e varie è formata da Andrea, Nicola, Ugo e Pino

  • la squadra pranzo-cena e spuntini da Grazia e Cristina

  • la squadra colazione da Franca, Anna e Caterina

Enzo rimane sul camion per controllare i bagagli. Io e Marta abbiamo il compito di supervisori e dotate di calcolatrice passiamo da una squadra all’altra monitorando le scelte e i costi. Ben presto diventiamo l’incubo degli inservienti perché non troviamo alcune cose di cui ovviamente non conosciamo la traduzione in inglese, perciò dobbiamo fare il gioco dei mimi. Dopo un’ora e mezza ci ritroviamo tutti alle casse con cinque carrelli stracolmi di roba mentre i commessi sono impegnati a reperire grosse scatole per consentirci di portare via tutto in maniera funzionale. Il conto ammonta a quasi 2 milioni e mezzo di Kwacha, l’equivalente di 530$, lo scontrino è lunghissimo. Usciamo dallo Shoprite con i carrelli e ci dirigiamo verso il camion che è dall’altra parte della strada. Una guardia ci blocca temendo il furto dei carrelli. Gli spiego che il camion è troppo ingombrante per entrare agevolmente nel parcheggio perciò stiamo facendo il contrario. Manda con noi due colleghi per verificare le operazioni di scarico e che i carrelli tornino indietro! I bagni situati dietro lo Shoprite sono sorprendentemente lindissimi.

L’autista prevede di raggiungere Monze in quattro ore con una sosta per il pranzo. Sul camion ci spartiamo un gustoso plumcake e tra un balzo e l’altro si fa presto l’ora di pranzo. Ci fermiamo lungo la strada in un posto dove c’è un bar e i bagni (sempre pulitissimi e dotati di carta igienica). I panini tondi acquistati alla bakery dello Shoprite sono buonissimi. Li mangiamo con affettati e sottilette. Ripartiamo e attraversiamo paesi formati da pochi edifici colorati messi in croce, ogni tanto notiamo degli ampi spiazzi dove vengono raccolti mucchi di sacchi bianchi che ancora non sappiamo cosa contengono, scopriremo in seguito che è farina di mais. E’ frequente vedere la boscaglia bruciata, un’operazione generalizzata, probabilmente incontrollata, per fare le fascine di carbone (charcoal) costantemente in vendita sul ciglio della strada. Ne compriamo una anche noi per fare il fuoco per cucinare. La strada che va da Livingstone fino a Zimba è stata rifatta recentemente, quindi è perfetta. Successivamente il manto stradale è comunque buono. Arriviamo a MONZE intorno alle cinque. Il campeggio è dotato di area barbecue e campfire, i bagni sono in condizioni perfette. I proventi del camping vanno alla clinica locale e al Malambo Women’s Centre che visiteremo. Tra una risata e l’altra, bevendo una birra al bar, si fanno le sei e mezza ed il freddo si sta già facendo sentire, d’altronde siamo anche a 1100 mt di altitudine. Montiamo le tende e accendiamo il fuoco. I fiammiferi sono fuori uso causa umidità, meno male che Cristina ha l’accendino! “In cucina “ c’è un fantastico clima di collaborazione. Per cena abbiamo carne e wurstel alla brace, melanzane grigliate e Shiraz sudafricano. Due chiacchiere intorno al fuoco e poi a nanna.

Martedì 2 agosto, Monze – Mazabuka – Chirundu*Pontoon – Chiawa (Lower Zambesi NP

La nottata è stata freddissima, tanto che gli interni delle tende si sono infradiciati per la condensa. Quanti gradi c’erano? Circa 5, rispetto ai 25 gradi che ci sono a metà giornata è un bello sbalzo. Jan ci accompagna al MALAMBO CENTRE, dove “si trovano in vendita manufatti artistici lavorati a maglia e cuciti da una cooperativa tessile gestita da donne rimaste vedove a causa dell’AIDS” (Lonely Planet Zambia e Malawi, 1° ediz italiana, ndr). Dal campeggio si raggiunge a piedi in dieci minuti. I deliziosi manufatti sono per bambini piccoli: libri e dadi di stoffa con gli animali ricamati, maschere di animali in stoffa, scarpine, trapunte; poi ci sono anche grembiuli, presine, asciughini. Compriamo diverse cose e impariamo il saluto TONGA (lo scrivo come si pronuncia) MABUKA WUTI’! per augurare il buongiorno e nel mentre si stringe la mano, poi si stringe il pollice e nuovamente la mano, la stretta è quindi in tre tempi. Il saluto è una formalità molto importante in Zambia e sempre ci si chiede reciprocamente “come stai”. Ogni duecento km cambiano le tribù e di conseguenza la lingua.

Per raggiungere il Lower Zambesi ci attende un lungo tratto di strada buona fino a Chirundu e poi lo sterrato fino al campeggio, ma la compagnia è allegra. A MAZABUKA ci fermiamo allo Shoprite per comprare i buonissimi panini freschi. Incontriamo una Suora italiana che vuole portarci alla Missione La Città della Gioia a prendere il prezzemolo ma se cominciamo ad andare a destra e sinistra non si va più via, ringraziamo promettendo di passare a trovarla al ritorno se il tempo ce lo permetterà. I bagni di fronte al distributore di benzina sono a pagamento (1000 Kwacha). Sono molti i villaggi che incrociamo lungo la strada, le capanne sono fatte col fango ed hanno il tetto di paglia, ovunque sono presenti grossi baobab. La strada che scende da CHIRUNDU fino al fiume è veramente tosta tra buche, dossi e tornanti e ci fa shakerare ben bene. L’arrivo al Pontoon è un vero primo traguardo. Il Pontoon è una piattaforma per l’attraversamento del fiume operativa dalle 6.00 alle 18.00. Passato il paese di CHIAWA c’è il campeggio. Restiamo letteralmente a bocca aperta quando ci affacciamo dalla terrazza con una vista panoramica mozzafiato sullo Zambesi. Di fronte a noi si estende lo Zimbabwe e più precisamente il Mana Pools National Park. Il camping ha diversi chalets ed una bella area campeggio con l’erba costantemente annaffiata. I bagni sono decisamente simpatici: la struttura è fatta di legno e cannicciato con un’area docce ed un’altra con le toilettes; ogni doccia e gabinetto ha un antibagno, non esistono porte ma spessi cordoni che agganciati all’altra parete delimitano l’area indicando se sono occupati. L’acqua delle docce è caldo/tiepida secondo quanta legna viene bruciata per alimentare la caldaia. Con la massima sinergia iniziano le operazioni culinarie. Il risotto Knorr portato dall’Italia, arricchito con le verdure locali, è ottimo come le nostre super patate al cartoccio cucinate sotto la brace. Intorno al fuoco sono tanti gli aneddoti di viaggio che ci raccontiamo. La serata culmina con la prima prova della VECCHIA FATTORIA, in previsione di una nostra performance nel villaggio che visiteremo domani.

La nostra fattoria è così composta:

Cristina, mucca

Franca, maiale

Grazia, pulcino

Andrea, topo

Caterina, gatto

Nicola, cane

Pino, pesce

Marta, asino

Charlie, pecora

Anna, papera

Enzo, cavallo

Ugo, gallo (lo fa così bene che ci fa ammazzare dalle risate)

Un gruppo poco distante si sta certamente chiedendo se il freddo ci ha dato alla testa.

Mercoledì 3 agosto, Lower Zambesi National Park

Per chi lo vuole fare il programma di oggi prevede un giro in canoa sul fiume e la visita al villaggio. Colazione e ritrovo del “gruppo canoa” alle 8.30 al molo. Partiamo con una barca, risaliamo il fiume per un bel tratto e scendiamo su una lingua di sabbia dove sono parcheggiate le canoe. Dixon, la guida, ci fa un briefing sui quattro maggiori pericoli a cui possiamo andare incontro: 1° il sole, 2° le piante, 3° gli ippopotami, 4° i coccodrilli. In pratica mettersi la protezione solare, non infilarsi tra le piante, stare alla larga da ippopotami e coccodrilli. Mai andare stando davanti a lui, perché gli toglieremmo la visuale sui potenziali pericoli, seguire il suo percorso, seguirlo se fa segno di andare in una certa direzione. Lui parla ed io traduco sparando qualche bischerata. I primi ad insabbiarsi siamo io ed Ugo e la guida deve subito tornare indietro per disincagliarci. Ripartiamo, sembra facile! ma non lo è affatto, ci vuole un po’ per affiatarsi e prendere il ritmo. Andrea e Nicola vanno bene, anche Grazia, eh certo lei è abbinata a Dixon! Caterina e Marta sembrano al luna park, o girano su se stesse o partono come razzi fiondandosi esattamente dove non devono andare, incastrandosi puntualmente tra le frasche alla faccia dei vari pericoli. La coppia Enzo e Cristina fa proprio un gran casino. Se uno pagaia da una parte l’altro manovra esattamente al contrario annullando le intenzioni dell’altro, salvo quando sono proprio fermi perché Enzo si distrae impegnato a fare riprese con la videocamera con la Cristina che lo implora di smettere! Tutto questo sotto gli occhi del povero Dixon che è talmente basito che non riesce neppure a reagire mentre io mi sgolo perché si concentrino. “ELEFANTI A DESTRA, DOCCIA A SINISTRA!esclama Grazia dopo essersi presa una lavata dalla canoa vicina. L’emozionante e piacevole esperienza della canoa dura 4 ore e ci consente di godere il panorama e gli animali.

Dopo pranzo andiamo a visitare il villaggio con la stessa guida della gita in canoa. Dopo mezz’ora di cammino la prima sosta è presso un’abitazione dove una bimba piccola, in collo alla madre, piange disperatamente perché siamo spaventosamente bianchi. Sopraggiungono altri bambini che ci seguono fino al primo piccolo villaggio dove alcune donne ci accolgono danzando al ritmo di un tamburo. Siamo circondati, tutti ci guardano e sono contenti quando gli diamo la mano. Mi sembra che sia proprio giunta l’ora di ricambiare le attenzioni. Signori e Signore, per la prima volta in Zambia ed in anteprima mondiale assoluta, ecco a voi il gruppo Zambia Grandi Fiumi in “La Vecchia Fattoria”! Ci disponiamo ordinatamente in fila osservati dagli astanti che si chiedono cosa stiamo imbastendo. Grazia si mette davanti a noi come un Direttore d’Orchestra e attacca “Nella vecchia fattoria” – e noi “ ia ia oh!” – “Quante bestie ha zio Tobia” – rispondiamo col ritornello e a turno ognuno fa il verso del proprio animale. Passato il primo attimo di sconcerto i grandi, più che i piccini, sorridono e battono le mani e le donne ululano in segno di approvazione. Gli animali che riscuotono maggior successo sono senza dubbio il maiale e il gallo. Al termine dell’esibizione siamo tutti soddisfatti, noi e loro, e il Capo Villaggio che proprio non se lo sarebbe mai aspettato viene a stringermi la mano e guardandoci tutti esclama “WELCOME TO ZAMBIA!” Salutiamo lasciando al Capo Villaggio qualche pennarello per i bambini. Proseguiamo per andare a visitare la scuola dove studiano 300 bambini. Le femmine hanno la divisa verde e i maschi blu. Sulle prime la Preside è un po’ restia poi ci lascia entrare e col suo permesso distribuisco le figurine dell’Esselunga che ho raccolto prima di partire. I bambini le prendono compostamente. Fuori dall’aula altri bambini si sono messi in cerchio. Il maestro li invita a cantare e ballare in coppia a turno. Anche io ed Enzo ci buttiamo nel cerchio e ballando li facciamo ridere molto. Adesso è di nuovo il nostro momento “spettacolare”. Di fronte a questo vasto pubblico La Vecchia Fattoria è un tripudio e la nostra Compagnia è ormai lanciata nel firmamento delle rappresentazioni zambiane. Ad ogni verso di animale il maestro si spancia dalle risate, i bambini cantano il ritornello, anche la Preside soddisfatta la canticchia in inglese per testimoniarci che abbiamo le stesse canzoni, poi ci abbraccia e annuisce ridendo. Lasciamo la scuola in mezzo ad un’ovazione di IA IA OH e molti bimbi ci prendono per mano per accompagnarci lungo un pezzo di strada.

Sono le quattro e mezza, l’orario perfetto per una birretta vista fiume (una bottiglia di birra costa 7.000 Kwacha, ndr) e per un po’ di relax in piscina. Per cena le nostre Chef Grazia e Franca propongono spaghetti al pomodoro e frittata con le patate! Mentre siamo seduti intorno al fuoco a chiacchierare, consegno ad ognuno un “pensierino” che ho portato dall’Italia sapendo che prima o poi tornerà utile: una paletta schiaccia-mosche! La serata si conclude a contemplare le stelle.

Giovedì 4 agosto, Lower Zambesi National Park

Alle 8.30 siamo pronti per la gita in barca sul fiume. Ricevo un sms da mia sorella Chiara: “Ciao zia, sono Giulia, mi hanno sgamato con l’ecografia. Sono una tipa agitata perché non sto mai ferma, ma sto alla grande. Ci vediamo per la befana!” La mia emozione è incontenibile e scoppio a piangere. Il barista chiede a Grazia cos’è successo preoccupato. “Tranquillo, si è commossa per una bella notizia, a gennaio diventa zia!” Risaliamo il fiume in direzione del Lower Zambesi NP costeggiando buona parte del Mana Pools. Vediamo subito degli elefanti poi molti coccodrilli, aquile, waterbuck, impala e una caterva di ippopotami appisolati in branco sulle sponde alte e sabbiose del fiume. Pur essendo relativamente lontani, non appena ci avviciniamo si inquietano e uno dietro l’altro si buttano in acqua dove evidentemente si sentono più sicuri. La giornata trascorre serena scandita dai numerosi avvistamenti. Approdiamo su una penisola esente da coccodrilli per il pranzo è incluso nell’escursione. Nel pomeriggio rientriamo appagati. Birretta di rito e poi via a preparare la cena. Questa sera Grazia e Franca hanno il “turno di riposo”. L’equipe di riserva prepara una minestra d’orzo (con le buste Knorr) ed un buffet di tonno, mais, carote, pomodori e uova sode. Prevedendo una nuova nottata all’insegna del gelo ho infilato una boccia da 5 lt contenente acqua calda all’interno dei nostri sacchi a pelo, peccato che quando entro in tenda non me ne ricordi e pianti una pedata precisa sulla boccia facendola esplodere allagando i due sacchi a pelo e mezza tenda. Ugo vorrebbe piangere dallo sconforto, è stanco morto e non possiamo andare a dormire. Asciughiamo la tenda alla meno peggio con gli asciugamani poi asciughiamo con phon i sacchi a pelo al bar principale (già chiuso e deserto ma soprattutto lontano da tutti gli alloggi). A me la scena scorre continuamente davanti agli occhi e più ci penso più mi viene da ridere ma me ne guardo bene per non irritare Ugo che, a mezzanotte passata, ciondola dal sonno e domani abbiamo un lungo trasferimento.

Venerdì 5 agosto: Lusaka – Luangwa Bridge

Partiamo alle otto. Conosciamo già la strada e come sempre accade il ritorno sembra più breve. Ripassiamo il Pontoon e tornati sulla statale ci dirigiamo verso Lusaka dove oltre a fare la spesa dobbiamo assolutamente cambiare la bombola del gas. Ci imbottigliamo nel traffico di Cairo Road dirigendoci verso nord. L’autista ci porta all’Arcades Shopping Centre dove c’è la Spar, l’altra principale catena di supermercati, così la proviamo e facciamo il confronto. Già dopo poco ci rendiamo conto che sì il supermercato è bellissimo ma caro ammazzato. Fuori dal supermercato invece c’è un reparto di sola carne molto valido, i prezzi sono in linea e la qualità è buona. Da tenere presente. Mentre aspettiamo l’autista, che è andato a prendere la bombola del gas di ricambio, prepariamo i panini e li mangiamo nel parcheggio del supermercato. Riprendiamo la strada verso LUANGWA BRIDGE, semplicemente una tappa intermedia dove c’è un campeggio. Montiamo le tende e ceniamo con una grigliata di carne e verdure. Per la prima volta non fa freddo.

Il campo è molto polveroso perché non c’è erba, però siamo all’asciutto. I bagni sono in pietra viva, molto rustici ma simpatici e funzionali, l’acqua delle docce è calda (l’alimentazione è la solita, a legna).

Sabato 6 agosto, Luangwa Bridge – Katete (Tikondane Community Centre)

Siccome l’autista deve sistemare un problema meccanico del camion, ci incamminiamo verso il paese di Luangwa che dista 4 km. Ci raccatterà là quando avrà finito. Dopo pochi metri abbiamo già uno stuolo di bambini che ci segue e ad ogni metro se ne aggiungono altri. Un paio di ragazze trasportano frutta sulla testa ed una lunga canna. Ce la facciamo dare per portarla al loro posto suscitando molta ilarità. Intratteniamo i bambini cantando, tutti ne abbiamo uno in collo e ne teniamo almeno due per mano. Sostiamo ad ogni villaggio per salutare e stringerci la mano, a volte parlando ognuno nella propria lingua senza capirci ma comunicando. Arriviamo in paese. Ci sono degli ubriachi leggermente molesti. Lungo la via principale sono esposti cesti di paglia, pesce essiccato, frutta, stoffe, bibite. Si presenta un uomo che ammiccando alla bimba che ho in collo aggrappata, mi dice “Madame, this is my doughter”. Porgendogli la piccola mi rendo conto imbarazzata che deve aver temuto che potessi avere intenzione di portargliela via. Sentiamo strombazzare un clacson, è il nostro camion. Ci fermiamo a Petauke per comprare il pane e dare un’occhiata a un campeggio per quando ci fermeremo al ritorno. Chiediamo il permesso di sostare col camion all’interno del giardino del Lodge per pranzare e approfittare dei bagni vicino al ristorante. Ce lo accordano. Siamo un po’ in ritardo sulla tabella di marcia.

A pagina 116 della Lonely Planet ZAMBIA e MALAWI, 1° edizione italiana, nel riquadro intitolato “ESPERIENZE CULTURALI NEI DINTORNI DI KATETE” sono descritte le opportunità che il Tikondane Community Centre offre ai visitatori e a pag. 54 c’è un’intervista alla sua fondatrice Elke Kroeger-Radcliff. Noi ci siamo stati e ciò che abbiamo vissuto è un’esperienza indimenticabile. Arriviamo al TIKONDANE COMMUNITY CENTRE alle quattro. Elke, una bella signora tedesca di 69 anni con i capelli bianchi corti, alta e determinata ci accoglie festosamente. Al suo fianco ha un fedele cane femmina che si chiama MCANGO, vuol dire leone. Ci vengono assegnate le stanze nella guesthouse, edificio principale dove ci sono la lavanderia, la cucina e il ristorante. Ci sono sia camere matrimoniali che singole. Non essendoci stanze per tutti io e Ugo occupiamo una camera in una dependance in costruzione poco distante. Nel bagno non c’è acqua corrente, né per lavarsi né per lo scarico del water, però davanti a “casa” abbiamo la pompa dell’acqua, di quelle fabbricate in India, e ci sono i secchi.

Per motivi logistici la visita al villaggio di KACHIPU deve essere effettuata in due gruppi separati e un primo gruppo deve partire subito. Il primo gruppo sale sull’oxcart, una carro trainato da una coppia di buoi, partendo tra le risate di tutti. Noi che siamo rimasti invece andiamo con Elke a visitare l’ospedale. Ci copriamo perché sta calando il freddo della sera. Noi donne indossiamo una “chitenje”, specie di gonna pareo, per rispettare il costume locale di non mostrare le forme, troppo visibili attraverso i pantaloni. L’hanno indossata anche le nostre compagne partite col carro. Durante la passeggiata verso l’ospedale Elke ci racconta la storia della sua vita, talmente straordinaria che secondo me dovrebbe scrivere un’autobiografia! Se volete conoscere la sua storia dovrete venire in Zambia e farvela raccontare da questa donna eccezionale! Il ST. FRANCIS HOSPITAL è molto grande. All’esterno appare come un magnifico vecchio stabile in mattoni rossi. All’interno ci sono numerosi padiglioni, giardini e cortili. Ogni padiglione corrisponde ad un reparto: oculistica, pediatria, ginecologia, neonatologia, chirurgia, infettivologia, ortopedia. Le patologie più gravi sono l’AIDS, la MALARIA, la TBC. Visitiamo i reparti, l’aspetto è ordinato ma non è certo moderno. Le persone allettate sono sofferenti e rassegnate. Nel reparto neonatale donne molto giovani sono in attesa di partorire; le ragazze che hanno partorito bambini prematuri sono concentrate in una stanza molto calda dove i piccoli, lunghi 20 cm, sono chiusi dentro a delle scatole di plexiglass riscaldate da una normale lampada. Ci fanno molto effetto. Nel reparto di ortopedia, dove è possibile tenere gli arti in trazione, ci sono coloro che hanno subito incidenti stradali. Parliamo con una donna dal viso mezzo sfigurato che ha fatto un incidente col taxi collettivo. La visita dura in tutto un paio d’ore.

Al ritorno è buio pesto, Mcango facendo avanti e indietro controlla che ci siamo sempre tutti. Ceniamo al Tiko con pollo, nshima (polenta bianca di mais), zucca e fagiolini, tutto molto buono.

Domenica 7 agosto, Katete (Tikondane Community Centre)

Alle sei e mezza qualcuno bussa alla porta della camera: ci hanno portato i secchi di acqua calda per lavarci (è bollente e sa di affumicato, sicuramente è stata scaldata a legna). Prima di andare a fare colazione assieme agli altri io e Ugo rendiamo visita alla famiglia che abita vicino alla dependance.

Siamo stati invitati da Lucy, una ragazzina di 13 anni, che ci presenta i genitori, il fratello, la nonna. MULI BWANJI (Ciao come stai?) BWINO MULI BWAJI (Bene e tu?)

Ci fanno accomodare: io devo stare per terra sulla stuoia con le gambe tese e i piedi accavallati. Ugo può stare sullo sgabello (mi ci ero messa io ma mi hanno fatto subito alzare perché sono una donna). Ci fanno molte domande e sono sorpresi quando affermiamo che anche noi abbiamo gli orti e gli animali da cortile. Da loro li hanno solo le persone povere. Desta particolare scalpore ed incredulità l’allevamento dei maiali per mangiarli. Per loro è solo lo spazzino del cortile, non lo mangerebbero mai! Dobbiamo salutarli, la colazione ci aspetta: caffè, tè, latte, pane fresco tostato nel forno, marmellate fatte in casa e un fantastico burro di noccioline sempre home made. Alle ragazze della cucina offriamo un dolce che abbiamo comprato al supermercato: vanno in visibilio!

Alle nove l’autista ci porta col camion alla ST JOHN’S CATHOLIC CHURCH dove oggi si celebra una funzione particolare per l’ingresso del nuovo Parroco. La Messa si svolge all’aperto, in un vasto cortile dove la gente siede sulle panche o per terra, l’altare è sotto una tettoia di lamiera e sono presenti cinque Sacerdoti. La funzione si apre con l’ingresso di un gruppo di bambine vestite uguali, di giallo, seguite da due gruppi di donne che indossano chitenje uguali, della Catholic Women Organisation, in testa hanno fazzoletti azzurri o rossi. I tre gruppi cantano e ballano al ritmo della musica cantata dal coro e suonata da quattro chitarre, un tamburo e altri strumenti di cui non conosco il nome (il suono prodotto è tipo quello delle maracas). Le chitarre sono pazzesche, molto rudimentali e vuote dietro. Il quadro d’insieme è suggestivo. Siamo gli unici bianchi e ci è stato riservato il posto d’onore a fianco dell’altare. La Messa è tutta cantata e ballata. Ad un certo punto mi alzo e vado in mezzo alle donne che danzano cercando di imitare la coreografia. Riscuoto l’approvazione generale con un’ovazione, risate e ululati. Doris, una simpatica donna che lavora al Tikondane, è molto fiera di noi. Durante la funzione, non so perché, mi chiede se ho bisogno di andare al gabinetto, forse perché è molto lunga (tre ore!). Neanche a farlo apposta mi scappa.. e chi potrebbe avere dubbi in proposito??! Anche a Caterina, bene andiamo! I bagni sono sul retro del cortile, piccoli edifici di cemento dal fetore esponenziale nel cui buco galleggia di tutto. Espletate le funzioni fisiologiche ci laviamo le mani ad una fontana e torniamo alla Messa. Inizia l’ennesimo ballo, in testa al gruppo danzante ci si piazza il nuovo Sacerdote, giovane bello e simpatico! Un grande comunicatore, la folla acclama. Viene il momento dello scambio del segno della pace, sono molte le donne che vengono a stringerci la mano e ad abbracciarci. Per quanto riguarda le offerte, oltre al classico cestino fatto circolare dai chierichetti, le persone facendo la fila ballando consegnano direttamente nelle mani del nuovo Sacerdote denaro, verdura, tessuti. Ad ogni offerta ricevuta il Sacerdote ringrazia il donatore baciandolo, abbracciandolo e benedicendolo. Ci mettiamo in fila, ballando come gli altri, per consegnare un contributo del nostro gruppo. Quasi al termine della cerimonia un militare va al microfono e imbastisce un vero e proprio comizio, a settembre ci saranno le elezioni. La cosa va per le lunghe, decidiamo di defilarci senza la benedizione ma con la comprensione dei cinque preti che ci sorridono e salutano con la mano.

Ci incamminiamo sotto al sole cocente. Fortunatamente dopo mezzo km passa un camion con la sala vuota che ci carica su tutti e alla velocità della luce ci da uno strappo fino all’incrocio con la strada principale. Da qui mancano ancora tre km, riprendiamo il cammino ridendo e scherzando, Enzo ed Andrea aiutano un vecchio a rimettere a posto la catena della sua bici che si è sganciata. Arriviamo al Tiko con una fame da lupi (sono le due!) e ci avventiamo sul cibo pronto (pollo, zucca, patate, erbetta verde saltata). Dopo pranzo visitiamo il Tikondane Centre con Musa dalle “grandi mani”, il simpatico attendente di Elke. Ci sono la fattoria, la scuola, un piccolo ambulatorio, la casa dove fanno le marmellate, il forno, il locale con la tv.

E’ il nostro turno per la visita al villaggio di Kachipu col carro trainato dai buoi. Oltre a Musa con noi c’è anche Simon, un ragazzo tedesco che resterà al Tiko un anno per fare volontariato. Per gli altri il programma sarà come il nostro di ieri (visita ospedale e cena al Tiko). Al villaggio veniamo accolti da Benson, un uomo molto mite. Dapprima veniamo condotti a fare un giro del villaggio. I bambini fanno a gara a prenderci per mano e a farsi fotografare. Salutiamo diverse persone davanti alle proprie capanne. Poi, davanti a una casa ci fanno accomodare su delle sedie e i bambini ci intrattengono con dei canti. Stanno seduti per terra di fronte a noi, saranno più o meno cinquanta, la capo corista è Crystal, la figlia maggiore di Benson. Le canzoni sono in inglese e nella loro lingua. Al termine, la consuetudine vuole che ogni bambino riceva una caramella, infatti Elke ce ne ha fornito un sacchetto. I bimbi vengono tenuti in fila a stento, qualcuno più furbo passa avanti o due volte, le bambine più grandi chiedono la caramella anche per i fratellini che portano infagottati sulla schiena anche se non saranno certo loro a mangiarla. Finita la distribuzione, alcuni bimbi si caricano le sedie sul dorso e ci accompagnano alla capanna dove si tiene la danza tradizionale delle donne (Chinamwali). Nel comprensorio ci sono più di 40 villaggi ma solo in due si svolgono ancora questi rituali a cui normalmente gli uomini non possono assistere (Musa infatti resta fuori) ma agli uomini bianchi viene concesso. L’interno della capanna è angusto e gremito. Ci fanno accomodare in cerchio sulle sedie trasportate. Una donna inizia a cantare suonando un tamburo. L’illuminazione è data solo da un paio di candele. Il ritmo del tamburo, unito ai canti e agli ululati, è costante. Peccato non comprendere ciò che cantano ma Elke ce l’ha spiegato: le donne tramandano alle più giovani come apprendere le arti amatorie necessarie per soddisfare il futuro marito, come andarvi d’accordo, come sopportare la suocera… Due ragazze giovani si posizionano al centro davanti a noi e le donne più anziane le incitano e le correggono nei movimenti. Una è a petto nudo, l’altra indossa il reggiseno, in basso indossano il chitenje e un altro telo intorno alla vita. A quanto pare è la parte sotto da nascondere alla vista. Ballano dimenando le anche, prima in piedi prendendo il ritmo, i pugni serrati all’altezza delle scapole, poi si accovacciano e in ginocchio, sempre a tempo del tamburo, muovono il bacino e assestano qualche colpo. La medesima danza viene ripetuta da due donne più adulte e poi singolarmente da un paio di veterane. Ok, abbiamo capito anche noi. Una donna viene ad invitarmi a ballare: figuriamoci se mi tiro indietro! Scattano gli ululati che aumentano quando Anna e Franca, a loro volta, si lanciano nella danza. Sono molto orgogliosa di loro e le donne della capanna sono sorprese, forse le ospiti precedenti si sono fatte pregare. Per le danzatrici Elke ci ha fornito di noccioline che loro divorano immediatamente. Riappropriatisi delle sedie, i bambini ci conducono a casa di Benson dove è stato allestito un banchetto nella “sala da pranzo”. Benson e la sua affabile moglie ci porgono una brocca d’acqua tiepida e un catino per consentirci di lavarci le mani. Seduti intorno al tavolo coperto da un telo ascoltiamo la preghiera di Benson che recita un ringraziamento al Signore per la nostra visita e ci augura una buona prosecuzione del viaggio. Il telo di cotone viene tolto: la tavola è imbandita con numerose pentole colme di cibo. Per noi hanno preparato nshima, zucca cotta, patate bollite con verdure, riso aromatizzato con rosmarino, fagioli, insalata di pomodori e cavolo cappuccio, melanzane impanate e fritte, un sugo per condire le pietanze. Tutto è eccellente ed abbondante. La loro ospitalità è commovente. Mentre ceniamo felici ci raccontiamo esilaranti aneddoti di viaggio traducendoli ai padroni di casa che ridono divertiti seduti per terra in un angolo.

Come serata saremmo già a posto così ma c’è da assistere anche all’esibizione degli uomini (Ghost Dance). Ancora una volta i bambini portano le sedie e ci fanno strada fino ad uno spiazzo vicino ad un grande albero. La luna è alta e luminosa. I tamburi cominciano a suonare, alcune ragazze simulano le prede mentre i ragazzi, travestiti da animali, ballano e piroettano sollevando una gran quantità di polvere. Siamo seduti in fila, ognuno di noi ha in collo un bimbo infreddolito che abbracciandoci si addormenta al tepore dei nostri pile. Ugo ne ha in braccio uno veramente sporco che “puzza di discarica”, se lo tiene stretto ribattezzandolo affettuosamente “immondizzino”. La danza al chiaro di luna è suggestiva ma vuoi il freddo, vuoi la stanchezza di un’intera giornata senza soste, comincia a calarci la palpebra. Passa Musa a ricordarci che quando siamo stanchi e vogliamo ritornare al Tiko basta dirglielo. SIAMO STANCHI! rispondiamo immediatamente all’unisono. Consegniamo i bambini addormentati che si svegliano spaesati ai fratelli più grandi. Ringraziamo i danzatori. Elke dice che queste esibizioni non vengono fatte per i turisti, sono cerimoniali che fanno per loro stessi. Effettivamente andandocene notiamo che non interrompono il rituale, li sentiamo continuare. Riportiamo le sedie a Benson che ci saluta con calorosi abbracci. Sull’oxcart ci stringiamo per scaldarci. Abbiamo trascorso una giornata davvero intensa e ricca di emozioni.

Lunedì 8 agosto, Chipata – South Luangwa National Park

Sapendo di venire al Tikondane abbiamo portato molte cose da regalare (vestiario, giochi e oggetti vari) che consegniamo ad Elke. Ne è entusiasta e ci conferma che è importante non abituare le persone a vederci come distributori di cose o denaro. Sarà lei a farlo nel contesto più adatto, presto arriverà il Natale – quando nessuno passerà da queste parti e saranno tristi – ma lei potrà preparare per loro i nostri regali per festeggiarlo. Se pensate di fare questa esperienza ricordatevi di portare tutto quello che potete. Elke ci fa vedere gli animali di stoffa prodotti dalle donne del Centro ed io compro una giraffina per Giulia, la mia nipotina in arrivo. Dopo colazione lasciamo il Tikondane e tutte le fantastiche persone che ci lavorano. Ho il nodo alla gola.

Arriviamo a CHIPATA, un posto di frontiera per/da il Mozambico. Lo Shoprite è piccolino ma c’è tutto. Nel negozio accanto al supermercato compriamo le coperte di pile (costano circa 3$) da mettere dentro al sacco a pelo per difenderci dal freddo notturno. Da Chipata al South Luangwa NP la strada diventa ardua da affrontare. Sono in corso i lavori per l’asfaltatura quindi la strada è tutta spaccata. Deviazioni, buche, dossi, c’è di tutto e tutto sullo sterrato. Sobbalziamo per alcune ore fino a quando arriviamo al campeggio. Posizioniamo le tende di fronte al fiume, Ugo monta la nostra esattamente ad un passo dal sentiero dove passano gli ippopotami. Ma non mi sono raccomandata di montare le tende lontano da evidenti percorsi degli animali? “Così siamo sicuri di vederli!” risponde. Ci godiamo un tramonto strepitoso, il sole enorme e rosso si eclissa all’orizzonte riflettendosi nel fiume e tingendo il cielo di arancio. Come sempre la sera del giorno in cui facciamo la spesa è dedicata alla grigliata di carne che accompagniamo col vino rosso che scorre che è una bellezza da quando siamo passati dalle prime costose bottiglie al cartone da 5 lt. Ci stiamo trattando bene e a fine pasto non manca mai un goccetto di Amarula o di rhum.

Martedì 9 agosto, South Luangwa National Park

Sveglia all’alba, colazione e partenza per il game drive distribuiti su tre jeep. Al MFUWE MAIN GATE del SOUTH LUANGWA NATIONAL PARK bisogna pagare lo ZAWA ENTRY FEE giornaliero che ammonta a 25$ a persona. La ranger addetta alla riscossione dei soldi e rilascio della ricevuta è lentissima, ci vogliono tre quarti d’ora. Per non ritrovarci a perdere lo stesso tempo anche domani paghiamo l’ingresso per due giorni. Fa ancora freddo ma siamo ben coperti. Il Parco è bellissimo, vastissimo e con ottima visibilità. Tra i primi animali che vediamo ci sono gli elefanti e gli ippopotami, seguono zebre, qualche facocero, tantissimi impala, uccelli di ogni tipo e poi LEI, la GIRAFFA DI THORNICROFT, una razza che esiste solo in Zambia e solo in questo Parco (si differenzia dalle altre per dimensione, colore e disegni), elegante e curiosa, una modella incantevole e perfetta nel farsi fotografare. La nostra guida si chiama Masumba ed è molto competente. Ci spiega tante cose sulla vegetazione e sugli animali, anche sulle loro cacche. Ogni jeep prende una strada diversa per cui non vediamo le stesse cose. Un gruppo infatti vede la iena ma noi vediamo il bufalo. Con le jeep ci ritroviamo in un punto panoramico affacciato sul fiume per un complimentary coffee or tea. Chiediamo alle guide di allungare un po’ l’escursione per recuperare il tempo perduto per pagare l’ingresso, sono gentili e disponibili. Rientriamo al campo soddisfatti.

Scatta il relax in piscina, poi dopo il solito pranzo a panini ancora riposo e/o bucato fino all’ora del successivo game drive. Prevedendo di tornare indietro col freddo partiamo vestiti leggeri ma pronti a bardarci fino ai denti. Tra i nostri avvistamenti un rarissimo GUFO PESCATORE. Sosta collettiva al tramonto per il complimentary drink (ci hanno chiesto i desiderata prima di partire, una bibita a testa da scegliere tra birra Mosi o Castle, Coca Cola, Fanta, acqua) mentre l’occhio allenato delle guide individua una leonessa sul lato opposto del fiume che cammina sulla spiaggia. Appena cala la luce inizia la caccia ai felini. Il ranger illumina entrambi i lati del bush con un potente faro. Il bottino è di un bel paio di leopardi. Ritornati al campo troviamo la cena pronta. Il nostro autista, immaginandoci stanchi e infreddoliti, ha cucinato i nostri spaghetti e preparato un sugo con pomodoro e cipolla, che bella sorpresa! Lo ringraziamo festosamente rinnovando il gradimento ad ogni boccone. Andiamo a riposare col pensiero che domani mattina ci sveglieremo presto per il walking safari, un’attività nata proprio in questo Parco.

Mercoledì 10 agosto, South Luangwa National Park

Verso le tre di notte io e Ugo veniamo svegliati dal verso di un ippopotamo. Non è la prima volta che lo sentiamo, ma questa volta è veramente vicino. Restiamo immobili a lungo quasi senza respirare. A Ugo sembra di sentire addirittura il fiato dell’animale contro la tenda! Sicuramente l’hippo sta mangiando strappando l’erba a ritmo serrato proprio accanto a noi, spero proprio che non scambi le mie Crocs per un chewing-gum..! Dopo un po’ mi riaddormento, Ugo invece, certo di essere prossimo a morire, non prende più sonno. Suo unico conforto è sentire che nella tenda accanto qualcuno russa senza sosta. Mentre facciamo colazione raccontiamo l’esperienza notturna (e al ritorno dall’escursione Ugo sposterà la tenda lontano dal passaggio..).

Partiamo per il walking safari. La nostra guida si chiama Silvester e con noi c’è anche un ranger armato. Silvester spiega molto bene, di leoni però non c’è neanche l’ombra. Visione fantastica di due TASSI DEL MIELE, rarissimi (soprattutto di giorno). Sono alla ricerca di pesci e tartarughe celati nel fango, in un bosco incantato e profumato dove gli alti e scuri alberi di mogano, chiudendosi in una volta, sembrano i pilastri di una cattedrale. Ci incontriamo con le altre jeep al view point per il consueto caffè, oggi ci sono anche i muffin. Rientrati al campeggio prepariamo da mangiare. Il campeggio è attrezzato con aree protette da tettoie con una lunga tavola e le panche. Più in là ci sono le isole-lavandino per lavare i piatti. Il tempo passa senza che ce ne accorgiamo. Le jeep per il night game drive sono già arrivate. Visto che Franca ha deciso di non partecipare resto con lei al campo così ho finalmente il tempo per farmi una lunga doccia e dedicarmi al bucato. Costeggiando il fiume andiamo poi a piedi alla reception che è circa un km più avanti. Incuriosite dai lodge chiediamo di vederne uno. Ci viene mostrato l’unico libero che è quello più grande con due camere arredate con gusto in stile safari. Vicino agli chalets c’è una zona bar con la piscina e la terrazza affacciata sul fiume. Chiacchierando piacevolmente contemplando il tramonto. Quando salutiamo per rientrare al campeggio veniamo bloccate da un ragazzo che prontamente chiama un autista affinché ci accompagni con la jeep perché è ormai troppo buio e pericoloso per la presenza di ippopotami ed elefanti. Non appena lasciati i lodge incappiamo in un cospicuo branco di giraffe di Thornicroft. Al campeggio io aggiorno il diario mentre Franca appronta la cena.

I nostri esploratori tornano esaltati e l’entusiasmo sale quando realizzano che la cena è già pronta, calda e abbondante: stasera ci sono i tortellini in brodo! Ecco il reportage di Grazia: “Il game drive notturno è molto più interessante di quello di ieri. Vediamo un leone molto vecchio e lo seguiamo fino alla pozza dove va a bere. Poi vediamo un altro leone che mangia e due leopardi, uno dei quali ci precede su di uno stretto ponte. La situazione è davvero unica. Il leopardo per niente spaventato o irritato cammina davanti alla nostra jeep. Tutti sono molto eccitati e fotografano le terga del felino per parecchi minuti. Poi andiamo a vedere un altro leopardo segnalato che sta mangiando un impala sull’albero. Foto a bufali, zebre, all’istrice, elefanti lontani ed anche uno molto, molto vicino, a distanza di pochi metri, che scuote con la testa un albero facendo cadere i semi per terra che poi ovviamente raccoglie con la proboscide e porta alla bocca”.

Giovedì 11 agosto, South Luangwa National Park – Chipata – Luangwa Bridge

Lasciamo il South Luangwa molto presto affrontando di nuovo la strada sterrata fino a Chipata dove facciamo una bella spesa. Essendo partiti presto l’autista ci suggerisce di non fermarci a Petauke per la notte e di tirare avanti fino a Luangwa Bridge evitando poi di pernottare a Lusaka e proseguire diretti fino al Kafue guadagnando un giorno. Impazienti di conoscere Mr. McBride, l’uomo dei leoni, aderiamo all’unanimità alla proposta benché consci delle due lunghe tirate che questa scelta comporta. Arriviamo al campeggio di Luangwa Bridge stanchi morti giusto in tempo per vedere il tramonto sul fiume Luangwa dal bellissimo patio adiacente al bar-reception. Ci sono dei lodge liberi, chi non ha voglia di montare la tenda può concederseli pagando la differenza. Caterina ha 38 di febbre ma anche se non l’avesse preferirebbe dormire in chalet. Io ed Ugo dividiamo una quadrupla con lei e Cristina, loro alloggiano in mansarda e noi di sotto. Pino ha creato “il comfort” vicino all’area dinner facendo un bel fuoco che affumica tutti. Ridiamo tutta la serata con questo tormentone del “comfort”. Per cena gnocchetti sardi al pomodoro.

Venerdì 12 agosto, Lusaka – Kafue National Park

Partenza alle sette. Oggi davanti in cabina con l’autista ci sono io. A Lusaka ci fermiamo al Manda Hill Shopping Centre, un centro commerciale immenso che all’interno ha un ufficio di cambio e lo Shoprite. Uscendo da Lusaka è difficile trovare un luogo dove sostare per mangiare e la fame incalza. Avvistando il posto giusto, all’ombra di un albero e lontano dai villaggi, i compagni di viaggio ci fanno una segnalazione sventolando un cartello artigianale con scritto YRGNUH (Hungry alla rovescia). L’autista non riesce ovviamente a leggerlo dallo specchietto retrovisore ma riescono ad attirare la sua attenzione e a farlo fermare. Dopo esserci rifocillati proseguiamo verso il KAFUE NP. A Mumbwa parte la deviazione sullo sterrato fino alla sbarra dello ZAWA dove alle 17.30 registrano il nostro ingresso. Per raggiungere il camping seguiamo le indicazioni ma andando avanti, oltre a farsi sempre più buio, la foresta si infittisce. L’autista procede impavido fino a quando non c’è più verso di andare oltre. Qui il cellulare non prende assolutamente, non sappiamo a quale distanza siamo dal campeggio, non possiamo scendere né accamparci perché in questa area ci sono i leoni. Dopo un attimo di smarrimento facciamo retromarcia per raggiungere l’Hippo Lodge che secondo il GPS è più vicino e dove, stando alle mie informazioni, dovrebbe anche esserci un campeggio. Arriviamo all’Hippo Lodge che sono le otto, fa freddo ed è buio pesto. Un uomo giovane e biondo ci guarda come se fossimo alieni. Gli chiediamo di poterci accampare ma il campeggio non è assolutamente disponibile (notiamo che il Lodge è pieno di ricconi). Propone di scortarci fino al campsite di McBride’s passando dalla strada che costeggia il fiume assicurandoci che la distanza è poca. Scopriamo così che l’unica strada facilmente percorribile per raggiungere McBride’s è quella via Hippo Lodge, certamente non seguendo le loro indicazioni che servono solo ad imboscarsi. Salgo sulla jeep del biondo che ha a bordo anche un ranger che fa luce a destra e manca con un potente faro. Senza volere mi fa fare un breve night drive durante il quale mi convinco di aver visto un leopardo su un albero (gli occhi si illuminano di rosso). Giunti al campeggio ringraziamo sentitamente e ci guardiamo intorno.

Il McBride’s Campsite è veramente molto spartano: uno spiazzo spelacchiato, due nuclei bagno col cannicciato per separare lavandino/cesso/doccia (una doccia è addirittura senza pareti). Almeno l’acqua è calda ma solo se metti la legna nella rustica caldaia (un bidone) e lo devi fare da solo perché l’addetto non ci pensa proprio, come pure a rimettere la carta igienica (è bene avere la propria). Andiamo a cercare i proprietari. Chris McBride probabilmente è già andato a dormire, ci riceve la moglie che prontamente ci porta via dalla vista degli ospiti vip invitandoci ad andare a “riposare che è tardi…”, domani si occuperà del nostro soggiorno. L’impressione è la stessa provata all’Hippo Lodge. Bando alle percezioni, è veramente tardi e siamo provati dal viaggio avventuroso, montiamo svelti le tende e chiediamo agli unici campeggiatori presenti (una coppia, probabilmente tedeschi, con una jeep di quelle con la tenda che si monta sopra) di poter utilizzare il fuoco da loro acceso, ancora vivo, per cucinare qualcosa di caldo. Lui ci guarda come se stessimo chiedendo la cosa più stupida ed improbabile del mondo, guardandoci dall’alto in basso. Risponde flemmatico che non è assolutamente il caso perché non gradiscono la confusione e loro stanno andando a dormire. Per farvi capire la nostra reazione, evidenzio che lui è subito venuto a curiosare appena siamo arrivati, ha ovviamente visto a che ora e in che condizioni (stanchi, infreddoliti e affamati), ma con estrema naturalezza ha proferito il suo messaggio, tutto ciò non lo sfiora minimamente. Noi siamo stati garbati, abbiamo domandato per pura cortesia di vicinato, perché il fuoco non è certo una proprietà, se ci avesse detto “non c’è problema, vi chiedo solo la gentilezza di non fare rumore perché stiamo andando a dormire” noi avremmo fatto l’IMPOSSIBILE! per non recare disturbo. Non possiamo accettare il suo atteggiamento egoista e prevenuto, siamo sconcertati per la sua mancanza di tatto e soprattutto incazzati per l’insolenza nel dare per scontato un nostro comportamento molesto. La serata è oltretutto particolarmente gelida. Ecco perché noi, che non utilizzeremo il fuoco e mangeremo un triste panino freddo al freddo, faremo tanto di quel casino da rendere impossibile prendere sonno anche a un morto di sonno! Qualcuno vorrebbe addirittura pisciargli sul radiatore a spregio! All’idea ridiamo a crepapelle stemperando la tensione accumulata nell’ultima parte del viaggio, complice un’indispensabile consolatoria bottiglia di Amarula.

Sabato 13 agosto, Kafue National Park

Ci svegliamo senza orario. Una parte del gruppo è sparita, pare sia andata a fare un giro alla reception. Noi che siamo rimasti tiriamo tutto giù dal camion: gli scatoloni dei viveri, fornello, bombola del gas, tavolo, tende, bagagli, sgabelli, box frigo, legna, carbone, taniche d’acqua e finito di scaricare laviamo le stoviglie perché la polvere le ricopre in quantità industriale. Gli altri rientrano al campo dopo un’ora e mezza informandoci che non immaginavano che la cosa sarebbe andata per le lunghe e che Mrs Charlotte, sicuramente e solo per levarseli di torno, gli ha chiesto moooolto cortesemente se gli andava di vedere una pozza lì vicino col ranger, ma si è tradotto in una camminata di oltre un’ora. Dispiaciuti di non essere stati presenti nel momento del bisogno, si rendono subito disponibili per eventuali altre cose da fare. Andiamo tutti assieme a cercare il famoso Chris dei leoni, un uomo molto semplice, canuto e barbuto, magro e un po’ incurvato, dal simpatico tic di toccarsi il viso dall’alto in basso alla stessa maniera in cui i leoni si grattano il muso con una zampa. Ci accoglie con calore, ha un garbato senso dell’humor, ci mostra i suoi pannelli solari, ci illustra le attività che è possibile fare (night game, morning game, walking safari, boat game). Gli confermiamo subito che vogliamo fare il night drive stasera e il morning drive domani mattina sperando di vedere i felini. Ok no problem! e si “spazzola” il viso.

Rientrati al nostro squallido campo lo rendiamo più allegro scatenandoci nelle operazioni di lavanderia stendendo panni colorati ovunque. I nostri cari vicini si sono spostati più là, quindi il campeggio è tutto nostro. Più che spostati sono stati alloggiati in un Lodge perché secondo noi si sono lamentati. Pranziamo con la grigliata di carne che non abbiamo potuto cucinare ieri sera poi ci rilassiamo al sole fino all’ora dell’appuntamento per il night game drive. Non vedendo il ranger andiamo a cercarlo; guai però ad affacciarsi nell’esclusivo salotto riservato ai loro veri ospiti. Infatti veniamo subito allontanati. Non abbiamo mica le pulci! Alle cinque partiamo con la jeep verde e Patson al volante. Fa ancora caldo ma appena il sole va giù è la solita storia, il freddo diventa subito pungente. A bordo della jeep ci sono delle coperte di lana, ma essendo fatte a mano, in stile centrino, servono a poco perché il freddo passa dai buchi. Patson avvista quasi subito un magnifico leopardo. L’animale ci guarda poi si alza, gira le spalle e sale su una montagnola da dove ha una visuale migliore. Ci guarda di nuovo e poi ci minaccia digrignando i denti. Io, che sono seduta in basso accanto all’autista e lo sto guardando dritto negli occhi col binocolo, faccio un balzo dalla paura. Patson ride divertito e ogni volta che mimo la scena delle ali che mi sono ritrovata ai piedi sghignazza ripetutamente. Restiamo fermi in osservazione a lungo. Il leopardo punta un babbuino in lontananza ma allo stesso tempo controlla anche noi, la nostra intrusione lo disturba. Quando si infrasca più in alto rinunciamo all’appostamento. Proseguendo vediamo i soliti animali e sugli alberi molti occhi di bushbaby (una specie di scimmia). Ceniamo intorno al fuoco con tortellini in brodo e frittatona.

Domenica 14/8, Kafue National Park – Lusaka

Sveglia di buon ora perché abbiamo “fissato” la boat cruise. Scrivo fissato tra virgolette perché in realtà con Chris avevamo fissato il morning drive per andare a vedere i leoni ma sua moglie Charlotte ieri pomeriggio ha irremovibilmente asserito che doveva esserci stato un errore perché il drive era già stato prenotato per altri. Ancora una volta abbiamo l’impressione di essere di seconda categoria, per noi non ci sono né birra né Coca-Cola (anche se le abbiamo viste) né game drive se vengono richiesti dagli altri ospiti, che hanno evidentemente altri privilegi e la priorità. Sulla barca a due piani con le poltrone di vimini e il caffè la crociera sul fiume è molto rilassante, ma ci siamo fatti una levataccia e stiamo patendo freddo perché era previsto di fare qualcos’altro, quindi ci girano e parecchio! Dalla barca vediamo qualche ippopotamo e diversi uccelli, ma di certo non i leoni. Li ha invece visti la famiglia che si è fatta il NOSTRO game drive. Non avendo gradito il trattamento riservatoci e dato che il campeggio è caro per quello che vale, decidiamo indispettiti di “levare le tende”. Partiamo intorno a mezzogiorno dopo aver caricato tutta l’attrezzatura da campo.

Quella dei leoni ci è andata proprio di traverso ma la pressione scende quando ingaggiamo una lotta senza riserve contro le mosche tsé tsé che ci attaccano senza tregua per un paio d’ore filate. Chi ce l’ha a portata di mano cerca di sterminarle armato di paletta schiaccia-mosche, Franca combatte con le mutande di Enzo. La situazione degenera in grandi risate e molte vittime. Come per incanto le malefiche mosche scompaiono quando, dopo 4 ore di strada sterrata, arriviamo alla sbarra dello ZAWA. A Mumbwa valutiamo se è il caso di fermarci perché sta facendo buio. Ci sarebbe un Motel ma l’autista spinge per arrivare fino a Lusaka perché nell’intricato bush del Kafue il camion ha riportato dei danni che intende aggiustare. Poiché se la sente di guidare col buio decidiamo di proseguire. Ora la lotta è contro il freddo. Imbacuccati fino ai denti ci stringiamo gli uni agli altri resistendo e sopportando. Alle sette e mezza arriviamo stanchi a Lusaka; nel campeggio incappiamo in un branco di giraffe che tranquille gravitano nell’area verde che ha attorno. Dopo aver verificato la disponibilità degli chalets, decidiamo di NON montare le tende. Anche di cucinare non abbiamo voglia. Ceniamo al bar del campeggio con dei pessimi hamburger. Ugo ed Andrea giocano a biliardo, Caterina e Marta si lanciano nel ballo. La musica è altissima e bella, tanto vale approfittarne per fare due salti, magari va giù l’hamburger.

Lunedì 15 agosto, Lusaka – Siansowa (Lake Kariba)

Il programma di oggi prevede il trasferimento al Lake Kariba con un pulmino noleggiato dall’autista perché il truck deve essere riparato. Fatta colazione iniziano le operazioni di scarico di bagagli, viveri, utensili da cucina, gas e fornelli, tende e materassini. Stiviamo tutto nelle ultime tre file del pulmino arrivato alle nove puntuale. Tra una storia e l’altra e fare benzina partiamo alle undici. A Mazabuka facciamo la spesa e con la sosta pranzo di una mezz’oretta si riparte alle due.

A BATOKA imbocchiamo il bivio per SINAZONGWE, da qui al campeggio mancano 110 km.

Il pulmino corre veloce anche sullo sterrato e senza farci sobbalzare troppo. A Sinazongwe ci fermiamo per strada a comprare banane e pomodori: veniamo letteralmente presi d’assalto. Da ogni finestrino aperto entrano mazzi di carote, agli e cipolle, caschi di banane, cavoli, patate, ciotole con i pomodori e una caciara pazzesca. Arriviamo a SIANSOWA col buio. Il complesso dove c’è il campeggio è recintato perché al suo interno c’è anche un enorme allevamento di coccodrilli. Facciamo una catena passandoci i bagagli dai finestrini del bus. Ci siamo portati una tenda aggiuntiva dove stivare i viveri. Il campeggio affacciato sul rilassante LAKE KARIBA è bellissimo. L’area dove montare le tende è verde grazie alla puntuale irrigazione del prato. Essendo i soli campeggiatori abbiamo tutto lo spazio che vogliamo e possiamo così piazzarci in lungo e in largo e ad adeguata distanza dai nostri russatori. I bagni sono molto carini, puliti e curati. La carta igienica non manca mai. L’angolo bar è ben fornito, c’è la piscina e il campo da pallavolo. Notiamo una cacca di zebra e qua e là ci sono gli impala. Oltre ai vari Lodge c’è la Baobab House che può ospitare sei persone. E’ situata vicino ad un baobab enorme, la sua architettura è spettacolare ed è ben arredata. Tornando al campeggio, con nostro estremo piacere scopriamo che il pezzo forte è la cucina: completamente attrezzata, fuochi elettrici, bollitore, tostapane, prese per ricaricare le batterie, lavandino, piani di lavoro, armadi con le stoviglie, l’illuminazione e un bel tavolo con le sedie. Le nostre cuciniere si scatenano. Il menù di stasera è risotto, carote e pomodori. Ad un certo punto, mentre mangiamo, compaiono di fronte a noi tre zebre! Domani valuteremo cosa si può fare oltre alla visita alla Croco Farm che probabilmente qui va per la maggiore.

Martedì 16 agosto, Lake Kariba

Una parte del gruppo va, con una barca, a fare il walking tour sull’isola privata del campeggio sperando di vedere qualcosa di interessante. A noi altri la visita alla Croco Farm non interessa: si vedono coccodrilli di varie età e come gli viene dato da mangiare, ma non la lavorazione delle pelli. Preferiamo andare a fare due passi nel villaggio. Ci portiamo appresso qualche maglietta e i palloncini modellabili. Veniamo subito circondati da decine di bambini che impazziscono quando vedono i balloon e le forme che Ugo riesce a creare, per semplicità soprattutto giraffe, spade e cani. Per cercare di darne uno a tutti li facciamo mettere in fila, anche alcuni babbi si mettono in coda per poter dare un palloncino al figlio. Dopo un po’ Ugo non ce la fa più (a gonfiarli si spolmona e a noi non ci riesce!) al punto che Caterina imbosca il sacchetto dei palloncini, tanto anche volendo sarebbe impossibile accontentarli tutti, e dice che sono finiti. Andiamo oltre passando dalla scuola, inattiva e mezza sgangherata. Il maestro abita lì vicino, ci viene incontro, si presenta e ci ringrazia per la visita. Gli consegniamo i sacchetti con le magliette. I bambini continuano a chiedere i balloon. Solo quando sono certi che non ne saltano fuori altri, i più prepotenti cercano di prenderli ai più piccoli e deboli. Un bimbo, che ha un palloncino bucato ma è comunque contento di averlo, viene derubato del suo prezioso balloon e piange disperato. Dobbiamo intervenire ed esigere con fermezza che gli venga restituito. Riavuto il palloncino, con il viso ancora segnato dai lacrimoni, mi prende per mano e non mi lascia più per tutta la strada di ritorno fino all’ingresso del campeggio. La visita di un villaggio è ogni volta un’esperienza che regala emozioni e ricordi.

Quando gli altri rientrano al campeggio ci dicono che l’isola esplorata è impervia, con grossi sassi e vegetazione fitta, hanno visto pochi animali, quindi come escursione non vale la pena. Ci prepariamo i panini con tonno, pomodoro e cipolle grigliate. Trascorriamo poi il resto del pomeriggio nel campeggio in pieno relax. Una buffa capretta ci fa compagnia e ogni tanto tenta di prenderci a cornate. C’è anche un simpatico Bambi che saltella attorno. Cena con tris di pasta, al pomodoro, aglio olio e peperoncino, pesto e patate. Per le nostre brave cuoche hip hip hurrà!

Mercoledì 17 agosto, Lake Kariba – Livingstone

La notte è fredda ma non delle peggiori. Al risveglio constatiamo che è arrivato il nostro camion. Smontiamo il campo e lasciamo il Lake Kariba alle otto e mezza. Rispetto all’andata si sente la differenza! con il pulmino non ci eravamo resi conto di quante buche ci sono e di quanta polvere ci siamo risparmiati, ma al nostro truck ci siamo ormai affezionati. Ci fermiamo di nuovo dalle donne delle carote per comprarne un paio di mazzi. Oggi sulla strada c’è anche il macellaio con alcuni pezzi di capra appesi ad un palo, c’è pure la testa ancora da scuoiare. A mezzogiorno arriviamo a Batoka dove c’è il bivio. A CHOMA l’autista fa benzina. Per la cronaca i prezzi sono UNLEADED 8647, DIESEL 7858 (cambio 4900 Kwacha = 1 USD). Sostiamo al Choma Museum per pranzare con i soliti panini all’interno del suo piacevole giardino recintato. Chi vuole può visitare il piccolo Museo (un paio di stanze con foto d’epoca delle tribù locali, qualche suppellettile, pannelli con storia e spiegazioni). All’interno del museo c’è il bagno (a pagamento), un negozio di artigianato dove qualcuno acquista la sua prima giraffa di legno e un bar dove caffè e cappuccino sono buoni, anche i muffin e la torta al ginger. Ripartiamo con calma rilassati al pensiero che a Livingstone avremo due intere giornate per godercela. Per telefono prenotiamo le tende anche per stanotte. Al campeggio ceniamo con minestra di orzo, pasta e fagioli, frittata con cipolle.

Giovedì 18 agosto, Livingstone (Cascate Vittoria)

Colazione, preparazione dei panini per il pranzo e via alle CASCATE VITTORIA! Arrivati alle cascate (ingresso 20$) ci diamo appuntamento con l’autista nel parcheggio dove ci sono i negozietti di artigianato per le cinque. Il primo affaccio sulle cascate ci lascia senza parole. Due enormi arcobaleni, di cui uno particolarmente intenso, colorano le cascate e il loro famoso “fumo che tuona”. Il gruppo si disperde, ognuno va in perlustrazione per conto proprio. A monte della cascata vengo improvvisamente attaccata da un babbuino che strattona con forza la borsa di cotone dove ho dentro i panini; resisto nella lotta, poi interviene Ugo allontanandolo con un calcio. Dopo il ponte verde di ferro c’è una parete dove le bollicine salgono tonde e scintillanti creando un effetto magico con la rifrazione della luce come se dalla gola del canyon scoppiassero i fuochi d’artificio. Resto a lungo incantata davanti a questo insolito spettacolo in compagnia di Caterina. Più avanti c’è un punto panoramico straordinario, dove il canyon si divide in due e spicca uno sperone roccioso intinto nei colori dell’arcobaleno, un quadro perfetto. Nessuna foto riesce a rendere tanta meraviglia della natura! Per chi ha bisogno di fare una sosta c’è un baracchino che vende bibite e souvenir, vicino ci sono i bagni. Mangiamo i panini e a mezzogiorno andiamo a vedere le cascate dal lato dello ZIMBABWE. Volendo ci sono i taxi, noi ci facciamo quei due o tre km a piedi fino al ponte attraversato anche dai binari della ferrovia e dal quale è possibile lanciarsi col bunji-jumping. Dall’altra parte del ponte c’è un altro km fino al border dove va fatta dogana per uscire dallo Zambia ed entrare nello Zimbabwe. Nell’ufficio della dogana viene apposto un timbro di uscita sul passaporto. Per entrare nello Zimbabwe, dove gli impiegati sono indolenti e meno gentili e sorridenti rispetto a quelli dello Zambia, ognuno deve riempire un modulo con i propri dati, dichiarare quanto denaro ha appresso, quanti giorni resta ecc. Ci vuole una mezz’ora, perché un impiegato scrive, un altro registra, l’altro stampa e attacca il visto (di quelli adesivi a tutta pagina del passaporto). Il visto costa 30$. L’ingresso alle cascate è qualche centinaio di metri dopo sulla destra, si presenta più curato ed “internazionale” rispetto all’altro che è solo un baracchino. Il biglietto costa 30$. Qui c’è la ruota metallica per entrare, il gabbiotto con la cassa, un patio circolare con pannelli esplicativi della storia, flora, fauna, morfologia, geologia ecc delle cascate e un negozio di souvenir carissimo. Sul lato opposto della strada, di fronte all’ingresso alle cascate, c’è un mercatino di artigianato dove contrattando si spuntano ottimi prezzi. Meglio andare lì. Ora si apre la famosa sfida: le cascate sono più belle dal lato dello Zimbabwe o dal lato dello Zambia? Nello Zimbabwe la portata delle cascate è maggiore, il rombo è più fragoroso, c’è molta più acqua che scende e che sale vaporizzata. In certi punti è talmente turbolenta che ti bagna completamente, potrebbe essere utile avere un ombrello bello grande. Andando a sinistra c’è il belvedere sulle cascate. Di fronte, nel punto più ampio del fiume, si vedono le Devil’s Pool. Sul lato destro c’è il Danger Point che, senza riparo alcuno, si affaccia sullo sperone che abbiamo ammirato dal lato opposto. Gli arcobaleni abbondano. Sono contenta di averle vista da entrambe gli Stati, personalmente ho preferito il lato zambiano.

Per uscire dallo Zimbabwe bisogna farsi timbrare il passaporto. Nel tratto che porta al border dello Zambia alcuni ragazzi ci seguono per venderci ippopotami ed altri oggetti di legno per pochi dollari.

Rientrare in Zambia è semplice se hai già il doppio visto come noi. L’autista arriva puntuale al parcheggio, osserva divertito il nostro shopping al mercatino. Spesa finale allo Shoprite dove, oltre a birre e patatine per l’aperitivo, acquistiamo la carne e le salsicce per la nostra ultima grigliata. Compriamo anche il “comfort” per fare la brace. Al campeggio facciamo l’aperitivo sul balcone affacciato sullo Zambesi commentando la magnifica giornata e ricapitolando il programma di domani. Sotto un cielo stellato gustiamo la grigliata e le patate al cartoccio brindando con tanto vino rosso. E’ un piacere trascorrere le vacanze con un gruppo godereccio.

Venerdì 19 agosto, Livingstone (Mosi-Oa-Tunya National Park – Makumbi Sunset Cruise)

Il MOT (Mosy-Oa-Tunya NP) apre alle sei, ma lo scout arriva più tardi, quindi partiamo per un primo giro da soli. Nicola sta, in cabina con l’autista, affacciato dalla torretta in piedi col binocolo pronto a raccogliere le nostre indicazioni e a comunicargliele. Ci sono moltissimi impala, faraone, gnu e kudu. In questo parco non ci sono felini di alcun tipo, ma ci sono sei rinoceronti, gli elefanti, giraffe e zebre. Lo scenario dove scorre il fiume è stupendo, l’interno della savana è secco. Alle 7.30 torniamo all’ingresso a prendere lo scout ma un quarto d’ora dopo non è ancora arrivato. D’altronde sono tempi africani, con tutta probabilità viene al lavoro a piedi. Il guardiano del parco, sentendosi in difetto, decide di venire con noi sostituendosi allo scout. Vediamo più animali noi di lui, ma lui sa esattamente dove sono quelli più importanti. Ci chiede qual è l’animale più importante per noi da vedere: il RINOCERONTE rispondiamo all’unisono! Ok, risponde, allora andiamo a cercarlo.. I rinoceronti del MOT sono bianchi, un paio stanziali e gli altri bighelloni. Sono comunque tutti rintracciabili grazie al trasmettitore impiantato nel corno. I rinoceronti bianchi si differenziano dai neri dalla mole e dal peso, sono infatti molto più grossi, hanno due corni sul naso anziché uno solo, il muso più allungato, il carattere socievole anziché aggressivo. Usciamo dalla savana per immetterci per un brevissimo tratto sulla statale che va verso nord in direzione Botswana e Namibia e alcune giraffe attraversano la strada. Ci addentriamo nuovamente nel bush dall’altro lato. Dopo pochi km c’è una postazione dei guardaparco e due di loro salgono sul camion con i fucili. Scendiamo un paio di km più in là. La vegetazione non consente di andare oltre col camion perciò “in via del tutto eccezionale” ci fanno avvicinare al Rhyno a piedi. Appena lo avvistano impongono il silenzio e ci raccomandano di stare compatti in fila indiana. Il Rhyno è stupendo, intento a brucare l’erba ci guarda distrattamente a soli 10 metri di distanza. Con questa visione ravvicinata abbiamo fatto l’en plein! e siamo davvero soddisfatti. Ci lasciano osservare l’animale per cinque minuti circa, poi dobbiamo ripiegare. Accanto al nostro truck c’è una jeep parcheggiata con sopra due stranieri, ho la sensazione che anche a loro sarà “eccezionalmente” concesso di avvicinare il Rhyno a piedi… Ripassiamo dalla statale dove evidentemente stanno di casa le giraffe. Sono molto più alte e grosse delle Thornicroft e il colore del manto in confronto sembra sbiadito. Foto di gruppo sulle rive dello Zambesi. Rientrati al campeggio chi vuole resta a rilassarsi o a preparare il bagaglio per domani e chi ha piacere di tornare al mercato delle cascate riparte col camion. Alle quattro iniziano le operazioni di imbarco per la crociera sullo Zambesi. La Sunset Cruise dura due ore e a bordo sono servite bibite, alcolici, vari snack e a testa un hamburger. Per concludere in bellezza è l’escursione ideale. Enzo ci filma rilassati e ridanciani e Grazia si esibisce in una personalissima versione della Vecchia Fattoria riveduta e corretta con i nostri profili e i vari tormentoni del viaggio. E’ troppo divertente e le chiediamo il bis. Ricevo una busta con una cartolina firmata da tutti e un pensierino: il patch dello Zambia da attaccare sullo zaino! Anch’io ho dei regali per alcuni di loro. Il primo è per Andrea, il nostro paziente e precisissimo cassiere che si aggiudica la mia maglietta di Avventure nel Mondo col sudore originale! A Franca e Grazia consegno una ciotola di legno decorata, si strameritano un riconoscimento speciale per la dedizione, l’organizzazione e la competenza profusa in cucina. Infine al nostro Ranger Nik va un portachiavi di legno raffigurante un coccodrillo per averci mostrato e descritto il comportamento di vari animali, soprattutto degli uccelli, che senza il suo occhio esperto non avremmo notato e apprezzato.

L’assalto agli hamburger e la contemplazione del tramonto sul fiume placido concludono la crociera. Scendiamo barcollando, un po’ brilli..

Sabato 20 agosto, Livingstone (Johannesburg – Cairo – Roma)

Lungo la strada per l’aeroporto vedo una famiglia malconcia sotto un albero: Chiedo all’autista del minibus di fermarsi. Abbiamo ancora qualcosa da lasciare: uno zainetto con scarpe e magliette. La felicità dipinta sui loro volti ci ricompensa senza limiti. THANKS MAMI dice la signora; il ragazzo al suo fianco ancora non si capacita che sia già Natale e che tanta fortuna sia capitata proprio a loro. “Gli avete cambiato la vita” dichiara compiaciuto l’autista. C’è da riflettere.

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