Giordania

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GIORDANIA

 Tipologia :  di gruppo, con VIAGGI  AVVENTURE NEL MONDO

Periodo : dicembre – gennaio 2014

 Durata : 12 giorni

  

ITINERARIO

 AMMAN – JERASH – MADABA – KARAK – DANA WADI MUSA – PETRA – WADI RUM – MAR MORTO – MADABA

 

VISTO per entrare in Giordania si fa all’arrivo in aeroporto (costa 20 JD). Essendo acquistabile solo in valuta Giordana e non essendoci ATM prima del controllo passaporti, al Money Exchange conviene cambiare giusto gli Euro necessari perché il cambio è svantaggioso (a dicembre 2013 per un Euro in aeroporto hanno dato 0,85 JD contro 0,95 del cambio normale e 0,968 del cambio effettuato prelevando all’ATM).

Se in aeroporto qualcuno vi suggerisce di cambiare di più spergiurando che in città è impossibile, che è tutto chiuso, che è venerdì (festivo) ecc NON dategli retta. Gli ATM per prelevare ci sono, gli uffici cambio pure e sono aperti anche il giorno festivo.

 

ALLOGGI

 

FARAH HOTEL, AMMAN, le guide e le recensioni lo sopravvalutano parecchio

MARIAM HOTEL, MADABA, www.mariamhotel.com funzionale e accogliente

DANA HOTEL, DANA www.danavillage.piczo.com gestito dalla “Sons of Dana and Qadisiyyeh Tourism Co-operative” nella sua spartanità ha fascino, le camere sono ordinate e riscaldate con una stufa a gas, alcune hanno il bagno

AL ANBAT III, WADI MUSA (PETRA), mi aspettavo di meglio

 

RISTORANTI

 

HARET JDOUDNA, MADABA : oltre al contesto particolare di essere strutturato nel cortile interno di due antiche case, per il cibo merita la citazione su tutte le guide come migliore ristorante di Madaba e di tutta la Giordania. Semplicemente favoloso e abbordabile

RED CAVE, WADI MUSA (PETRA) : bel locale, servizio veloce, ottima cucina

PETRA KITCHEN, WADI MUSA (PETRA) : un’alternativa simpatica al solito ristorante

Corso di cucina di tre ore insieme a sconosciuti compagni di padelle per cenare poi con quanto preparato con le vostre stesse man; entrate nel locale per prenotare, il profumo sgombrerà ogni incertezza su questa scelta

 

AMMAN

Un pulmino privato carica noi 18 elementi del gruppo ed i nostri bagagli e ci conduce al FARAH HOTEL che non vi consiglio perché ad Amman ci sono certamente alberghi economici migliori.

Anche l’espressione perplessa dell’autista del pulmino la dice lunga.

Le stanze sono gelide, le coperte non scaldano, il wc in stanza non funziona. I wc in comune (uno a ogni piano) sono raccapriccianti. Sono in stanza con Elena di Verona che si addormenta subito.

 

AMMAN – JERASH – MADABA

Io invece non ho chiuso occhio, ma per sole tre ore di potenziale riposo che avevamo pazienza, recupererò. La colazione offerta dall’albergo: pane arabo, hummus confezionato, falafel, uova sode, marmellatine confezionate, burro tè, Nescafè.

Sono troppo stordita per ricordarmi che ho portato un Panettone.

ISSA è il nome della guida che ci accompagnerà per i prossimi quattro giorni. E’ un uomo di mezz’età, preciso e profumato, consapevole del proprio compito: farci conoscere ed amare il suo paese. Ci avviamo a piedi, facendo una prima sosta al Money Changer per cambiare un po’ di valuta. Il TEATRO ROMANO (ingresso 1 JD) è situato proprio nel centro della città ed ancora intatto. Orgogliosi di questo primo testimone del passaggio dei nostri antichi connazionali ripariamo all’interno del MUSEO  DEL FOLCLORE E DELLE TRADIZIONI POPOLARI che è all’interno della struttura del Teatro. Fuori fa un gran freddo. E’ un piccolo Museo ma ben tenuto ed espone ordinatamente pezzi interessanti: abiti tradizionali delle varie regioni, monili, mosaici. Curioso il paio di zeppe di legno intarsiate con madreperla ed un bel tavolo che non è tra i pezzi del museo bensì un accessorio di servizio pregevolmente intarsiato e degno di nota.

Sulla collina della cittadella visitiamo il TEMPIO DI ERCOLE con le sue enormi colonne poi ci spostiamo per vedere un Teatro più piccolo ed il MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE (ingresso 2 JD) anch’esso piccolo ma curato e ricco di reperti archeologici che risalgono alla preistoria. Qui sono esposti molti utensili risalenti all’Età del Ferro e del Bronzo, stupefacenti sarcofagi “verticali” (Anthropoid Coffins) e le statuette di Ain Ghazal, realizzate 9000 anni fa eppure incredibilmente moderne.

Pranziamo in un take-away di shawarma con kebab e “panzerotti” locali ripieni di vario tipo.

L’ora di bus per recarci a JERASH è un toccasana. Con Issa che parla al microfono come sottofondo, crollo in un sonno profondo e ristoratore.

 

JERASH è una città romana tra le meglio conservate nel Mediterraneo. L’ingresso costa 8 JD.

Già frastornati dalle minuziose spiegazioni di Issa mi defilo dal gruppo con Renato che ho conosciuto alle isole Surin l’inverno scorso. Con le fotocopie della guida alla mano superiamo l’ARCO DI ADRIANO ed iniziamo la visita dall’IPPODROMO, oltrepassiamo la PORTA SUD, ovvero l’ingresso principale della città, ed arriviamo all’immensa stupenda PIAZZA OVALE racchiusa da un doppio colonnato e dal pavimento che disegna una spirale. Potremmo restare qui ad ammirarla per ore da quant’è suggestiva. Prima di avventurarci sull’arteria principale della città, detto CARDO, lungo quasi un chilometro, beviamo un ottimo caffè dal retrogusto di liquirizia al Ristorante. E’ sicuramente un peccato non godere delle spiegazioni di Issa ma Renato è davvero insofferente al suo inglese che lo inebetisce ed è solo con l’ausilio di Elena, una simpaticissima ragazza di Varese, che riesco a tenerlo a bada. Dal Cardo, interamente delimitato da colonne, si diramano strade e scalinate che portano a Templi, Chiese, TEATRI, al MACELLUM (mercato alimentare), alla Cattedrale.

Saliamo, scendiamo, fotografiamo, commentiamo, cazziamo Renato che spara bischerate, proseguiamo. Proviamo ad immaginare come doveva essere Jerash all’epoca del suo massimo splendore. Vorremmo disporre della macchina del tempo.

Raggiungiamo MADABA dopo due ore e mezza di strada. Su indicazione ed organizzazione di Issa ceniamo al ristorante EL CARDO che ha approntato solo per noi un menù a buffet della tipica cucina giordana: hummus, olive, zuppa di ceci, yogurt, verdure fresche, pollo con riso, biscotti al sesamo per dessert. E per terminare tè, il primo di una lunga serie. Siamo disposti su tre tavoli. Le mie conoscenze del gruppo si allargano a Katia e Gianluca, Lorenzo e Matteo.

 

MADABA – KARAK – DANA

Sono rigenerata dalla dormita al MARIAM HOTEL, un Hotel decisamente più accogliente, dove condivido la camera con Claudia e Daria, due fortissime ragazze di Genova.

Al 5° piano c’è la sala ristorante con vetrata panoramica dove ci aspetta una ricca colazione.

A piedi raggiungiamo la Chiesa greco-ortodossa di SAN GIORGIO al cui interno è possibile ammirare il mosaico della MAPPA DELLA TERRA SANTA, benché in parte rovinato.

E’ una mappa di rilevanza importantissima, vi si vede Gerusalemme, la Palestina, il Giordano, il Mar Morto, arriva addirittura all’Egitto. Issa si prodiga nella descrizione dei particolari.

Oggi cambiamo mezzo di trasporto, abbiamo un pullman GT ed un poliziotto turistico a bordo.

Breve sosta in un grande negozio di mosaicisti e spesa per il pranzo (pane arabo, grissini al sesamo, mele, arance, banane, yogurt). Dal MONTE NEBO (ingresso 1 JD), con scarsissima visibilità, immaginiamo la Terra Promessa che vide Mosè dopo 40 anni di cammino attraverso il deserto.

La Chiesa-memoriale di Mosè è chiusa per restauri, alcuni mosaici sono esposti nel piccolo Museo.

I bellissimi tornanti della STRADA DEI RE attraversano canyon e valli deserte.

A metà strada tra Madaba e Karak sostiamo in cima al costone del Canyon del WADI MUJIB per ammirare il panorama e pranzare con il nostro pane, grissini, frutta e yogurt che non è yogurt, è kefir. Issa ce ne ha fatto comprare ben tre sacchetti decantandolo ma il primo a storcere la bocca disgustato è lui! Speriamo funzioni come lassativo naturale, ne abbiamo tutti bisogno.

Quassù ci sono anche i bagni ma infatti non ne approfitta nessuno.

A KARAK svetta uno dei numerosi castelli crociati presenti in Giordania. Estremo baluardo per la difesa del territorio il Castello di KARAK è imponente, ne visitiamo le rovine attraverso un dedalo di passaggi. I veri trekkers del gruppo, indomiti arrampicatori, salgono sul mastio mammalucco.

Carramba che sorpresa! A Karak incontro il Ciappi in giro con il suo gruppo.

Probabilmente ci si ribeccherà stasera a DANA dove siamo diretti anche noi.

Il grosso bus GT avanza a velocità moderata affrontando le curve in salita che portano fino a DANA, un borgo abbarbicato su un promontorio che da lontano appare come un presepe.

Una fondazione locale sta restaurando i ruderi delle antiche abitazioni ottomane con l’obiettivo di ridare vita al paese abbandonato dagli abitanti che allettati dalle case nuove e dotate di comfort si sono trasferiti a Qadisiyyeh. Gli unici edifici restaurati sono i quattro hotel, abbastanza simili a vederli dall’esterno, il resto del villaggio per ora è da rimettere in piedi.

Il DANA HOTEL raggruppa alcune abitazioni restaurate costruite con grosse pietre color ocra, gli interni delle diverse stanze sono essenziali, con letti semplici ma comodi e dotati di coperte.

Non tutte le camere hanno il bagno in camera, ma c’è l’acqua calda.

In Giordania c’è un problema legato allo scarico dei wc, ormai abbiamo capito che è una costante. In pratica si deve depositare la carta igienica nell’apposito cestino anziché nello scarico.

Comunque per noi il problema grosso non si pone perché siamo più o meno tutti ancora murati, più che per il “cambiamento d’aria” per il pane e riso con cui ci stiamo costantemente alimentando.

Questa notte dormirò in quadrupla con le simpaticissime Elena, Elisabetta e Mariella di Roma, ovvero le prime compagne di viaggio che ho conosciuto a Roma alla partenza. Tutti gli altri invece, compresa Daniela – la capogruppo – sono partiti da Milano.

Ci sono delle zanzare ma sembrano innocue, forse sono rimbambite dal freddo.

Il Dana Hotel ha una terrazza verandata divisa in due locali, una stanza per mangiare con tavoli lunghi e stretti ed un enorme salotto con posti a sedere lungo il perimetro, vivacizzato da tappeti, cuscini, tavolini da tè. La cena è a buffet, il menù è ormai consolidato, riso, pomodori, patate e cipolle, pollo, pane arabo. A fine pasto ci trasferiamo nella sala dove ci sono altri gruppi di Avventure, ma non scatta alcuna interazione. I beduini suonano uno strumento a corde panciuto e cantano al ritmo di un tamburo. Improvvisiamo un balletto per dar loro soddisfazione.

Spunta il Ciappi dal niente, con slancio ci salutiamo abbracciandoci e baciandoci. Argh! mi viene in mente che le manifestazioni di affetto tra uomo e donna non sono ben viste in questo paese. Poi non so perché ci si mette a ragionare di freddo, maglie tecniche, traspirabilità e tenuta anti-puzzo. Io gli faccio vedere e annusare la mia che indosso da ben tre giorni, lui la sua chiedendomi se puzza avvicinandomi l’ascella al naso. “Ovvia, ora che ci siamo anche annusati tanto vale farci una pisciatina addosso come i cani!” e mima il gesto alzando una gamba. Ci sconquassiamo dal ridere come due bischeri, la guida del suo gruppo ci osserva incuriosito sorridendo.

 

DANA – WADI MUSA

Primo giorno di trek nel WADI DANA, un grande canyon che ci ammalia appena ci affacciamo.

I colori delle rocce ricordano quelli dei gelati alla crema variegati all’amarena e al caffè.

Nei passaggi più difficili c’è da arrampicarsi. I miei compagni di viaggio sembrano stambecchi.

Mi avvalgo del gentile e spontaneo aiuto di molti. Arrivati dove previsto, la guida ci offre un tè accendendo velocemente un fuoco. Lo aromatizza con della salvia.

Rientriamo al villaggio scorticandoci attraversando un sentiero disseminato di rovi di more.

Pranziamo sul tetto del Dana Hotel con il nostro primo lunch box contenente pane arabo, un salsicciotto locale, un uovo sodo, un pomodoro, un piccolo cetriolo, crackers, dolcetti confezionati, un succo all’aroma di mango, un mandarino.

Lasciamo Dana. Col bus percorriamo la STRADA DEI RE, una serpe di asfalto che sinuosa attraversa aride valli punteggiate qua e là dalle tende dei nomadi e dai loro branchi di capre al pascolo. Sostiamo alcuni minuti lungo la strada per fotografare da lontano il CASTELLO DI SHOBAK poi ci fermiamo nel SIQ-AL-BARID, la gola nota col nome di PICCOLA PETRA.

Improvvisamente ci si trova catapultati in un altro tempo, il fascino di questo luogo è palpabile.

Issa ci spiega che i Nabatei, nel loro peregrinare nomade, scelsero Piccola Petra come base sicura tra le montagne scavando nelle caverne antri adibiti a templi ed alloggi per i viandanti, abbellendone le facciate scolpendo la roccia e creando sistemi idraulici.

Notevoli sono le colonne dai capitelli nabatei, unici nel loro genere, mai visti ed immaginati da noi romano-discendenti. Io per lo meno conoscevo solo lo stico dorico, ionico e corinzio.

Numerose scalinate intagliate nella roccia partono e portano ai vani scavati nelle pareti più alte delle montagne. Infondo al Siq, una lunga scalinata sale ad un punto panoramico.

Per me è troppo ripida, faccio dietro-front. Nel girovagare per il Siq vengo intercettata dal poliziotto che necessariamente viaggia con noi sul bus. Facciamo due chiacchiere, mi chiede se ho famiglia, si interessa del costo della vita in Italia dove vorrebbe venire presto, magari quando viene mi chiama. Meglio di no, senza offesa. Ride sportivamente per il rimbalzo.

La città di WADI MUSA (Valle di Mosè), ovvero la base di partenza per le visite al sito di PETRA, ci accoglie impersonale. Il bus ci lascia sulla strada principale, è troppo grosso per infilarsi nella strada dove c’è l’albergo AL ANBAT III, l’ultimo nato della catena e che pertanto dovrebbe essere il migliore. Già l’ingresso, con i divani stile anni 60 dalla tappezzeria color verde vescica, ci dice tutto. Le camere hanno un arredamento old standard, il frigobar è raccapricciante (sudicio), l’acqua esce a malapena dal lavandino ed è appena tiepida. Solo dopo aver fatto la doccia praticamente fredda ed esserci lamentati viene regolato qualcosa che rende calda l’acqua. Casomai controllate subito. Il riscaldamento c’è e il letto ha un materasso comodo. Ci si può stare.

Per le tre notti qui previste dormo nuovamente con le dolci ed esuberanti Claudia e Daria.

Di fronte all’Hotel c’è il Bagno Turco Salomé Turkish Bath che prenotiamo subito per domani sera.

Alle 20.30 ci ritroviamo per andare tutti insieme al RED CAVE, un bel ristorante situato vicino all’Hotel Movenpick e all’ingresso di Petra, che offre un menù variegato e buono. Il baba ghanuj fatto con le melanzane e l’hummus sono speciali, ottime anche le polpette di carne.

Poco più in là c’è il PETRA KITCHEN, un posto dove per 35 JD ti insegnano a cucinare e al termine del corso (di tre ore) resti e ceni con quello che hai preparato.

Con Renato e Lorenzo fisso per domani sera. Quando mi dicono che la portata principale sarà l’agnello mi sento male. Non mi piace! Nessun problema signora, per lei prenderemo il pollo.

Non potrò andare al Bagno Turco perché dobbiamo presentarci alle 18.15.

Lasciamo un acconto di 20 JD ciascuno.

Gli altri invece domani sera andranno al PETRA BY NIGHT, uno spettacolo a lume di candela che si tiene solo tre giorni alla settimana (costo 12 JD).

 

WADI MUSA – PETRA

Dopo una colazione a buffet discreta, alle 7.00 siamo già tutti pronti per recarci con la navetta all’ingresso di PETRA. Il biglietto valido per due giorni costa 55 JD (quello per un solo giorno costa 50 JD). E’ possibile ritirare una mappa descritta varie lingue ma con la guida è più facile orientarsi. Siccome per domani mettono pioggia c’è un cambio di programma, anziché visitare il sito “classico” e fare domani il trek nel Wadi, faremo il contrario. Peccato che ho le scarpe da ginnastica anziché gli scarponi!

Ci addentriamo nel WADI SHA’AB QAYS camminando estasiati per la bellezza delle pareti multicolore. Non mancano le difficoltà, strettoie, discese e punti dove puntellarsi o aggrapparsi a qualcuno, da ultimo, salendo un’infinità di gradoni intagliati nell’arenaria dove alcune donne vendono souvenir per pochi dinari, raggiungiamo un punto panoramico, dove sostiamo per pranzare al sacco.

Oggi è il compleanno di Elena, per festeggiare ha portato un sacchetto con i torroncini che distribuisce. Unitamente a Betta, Elena, Mariella, Claudia e Daria le regaliamo un paio di orecchini presi in un banchino lungo la gradinata, tanti auguri!

Scendendo si arriva all’altopiano del Monastero. La discesa è il mio tormento, mi sento insicura ma mi basta avere il braccio di qualcuno per acquistare coraggio. Lorenzo si presta fino al grande piazzale. La seducente facciata del MONASTERO assomiglia a quella del famoso Tesoro ma è assolutamente molto più imponente e maestosa.

Sul lato opposto al Monastero c’è una grotta dove è stata creata una sala relax con cuscini e tappeti. Al bar adiacente è possibile acquistare tè alla menta/timo/salvia, caffè aromatizzato al cardamomo e degli snack. C’è anche un negozio di souvenir.

Dopo aver bevuto un tè bello caldo riparto da sola, se ce la fanno tutti ce la farò anch’io, ma la paura è una brutta bestia e la sfiga peggio. Do una terribile storta col piede destro su uno scalino sconnesso e provando un dolore pazzesco mi ritrovo in terra.

Vengo prontamente soccorsa da alcuni compagni del gruppo, sono spaventata e non riesco a ragionare; soprattutto non capisco una acca del piano A e piano B di Issa che sembra più teso di me, blatera che devo andare all’ospedale, che non potrebbe andare non si sa dove ma che per me lo farà eccezionalmente con piacere, mi sta confondendo. L’unica cosa razionale intanto da fare è scendere con l’ausilio di un mulo (costo 10 JD). Il mulo di chiama Shakira, è bravo, ma il ragazzo che lo guida è proprio indisponente ed incurante del mio malessere e sconforto, soprattutto della mia paura. Nonostante le mie preghiere di fare andare piano l’animale, sordo e stronzo accelera sugli scalini in discesa facendomi gridare di terrore. Ha anche l’ardire di lamentarsi perché gli faccio venire mal di testa! Col cuore a mille affronto questa prova da infarto confortata da Cristian che comprende la mia trepidazione e mi tiene per mano rassicurandomi. Arrivati in fondo scendo dal mulo e saluto l’antipatico individuo. Per proseguire cambierò taxi!

Qui c’è il resto del gruppo costernato per l’accaduto. Viene portato del ghiaccio da applicare sulla zampogna che poi fasciamo con una benda che ho nello zaino (importante: portare sempre il pronto soccorso appresso, a che serve lasciarlo in albergo?). Salgo su un altro quadrupede, un docilissimo asinello guidato da un ragazzo che abita nelle caverne circostanti. L’asino si chiama Michael Jackson, il ragazzo che lo guida si chiama Vahad, assomiglia a Johnny Depp nei Pirati dei Caraibi, è fiero di abitare nella natura ed è molto gentile. Claudia si affianca a noi e lentamente ci avviamo fino all’imbocco del Siq. Daniela mi esorta a guardarmi attorno ma francamente non riesco a restare impressionata da quel che vedo intorno a me. PETRA, la capitale dei Nabatei, capolavoro di maestria, dall’ubicazione gelosamente custodita dai beduini, non possono affascinarmi come avevo tanto sognato.

Vahad conduce l’asino all’affaccio sul grande TEATRO interamente scavato nel fianco della montagna, almeno questo lo devo vedere dice. Nel constatare che molte persone mi salutano e fotografano commenta che devo essere molto famosa.. ma no! sono i miei compagni di viaggio!

Sono contenta di vedere anche il TESORO ma, ancora frastornata, non riesco ad apprezzarne la bellezza. Vahad non ha il permesso di proseguire oltre la piazza del Tesoro ma ci tiene a portarmi in fondo al Siq. In realtà è stregato da Claudia, perciò spiega la situazione ai guardiani che lo autorizzano a continuare. Il SIQ proteggeva PETRA dai visitatori indesiderati, percorrerlo nella giusta direzione, quella che ti fa apparire il Tesoro dev’essere un’emozione unica.

Alla fine del Siq Vahad si premura di trovarci un mezzo che ci conduca a Wadi Musa.

Altro giro altra cavalcatura, è la volta del cavallo. Benché più alto del mulo mi fa meno paura perché è più stabile. Claudia contratta strenuamente il trasferimento pur non capendo entrambe fino a dove, il ragazzo nomina più volte un bus. Tutti gli altri sono spariti ma la cosa più logica è ritrovarci prima o poi in albergo perciò andiamo. Il ragazzo che guida il cavallo non è completamente a posto. Bercia continuamente all’indirizzo di un suo amico che fa altrettanto al di là del fiume, parla e discute da solo e ogni tanto rantola qualcosa riguardo al bus. Anche l’aspetto è inquietante, sembra un interprete del film Il nome della Rosa. Giusto per non farci mancar niente!

Quando si ferma ci rendiamo conto di essere ancora distanti dal paese perciò con un paio di dinari aggiuntivi ci facciamo portare davanti al Movenpick dove ci sono i taxi e alcuni bus. Forse è questo che intendeva quando blaterava.

Claudia avvista la navetta dell’Al Anbat e corre a bloccarlo perché ci dia un passaggio fino all’albergo. L’autista acconsente ma sta aspettando un gruppo ed è poco propenso ad attenderci quando gli chiediamo di darci il tempo di andare un attimo in bagno al Movenpick. E allora ciao! E’ una necessità impellente! Tra la tazzona di tè, il freddo, la tensione e lo sballonzolío sui quadrupedi non posso rimandare di un minuto. Con molta calma e pazienza, aggrappandomi a Claudia e facendo piccoli passi, entriamo in Hotel e vado in bagno. Tornate al piazzale la navetta è sparita. Non ci resta che prendere un taxi per 4 JD. Giunte in albergo mando un messaggio a Daniela e finalmente ci rilassiamo in attesa del rientro del gruppo.

Via via che arrivano gli amici passano a vedere come sto. Teresa è una fisioterapista, nella sfiga almeno ho questa fortuna. Valutato che non c’è frattura, mi fa mettere altro ghiaccio sulla caviglia che, bella gonfia, ringrazia.

L’annunciata pioggia è davvero in arrivo e per questo motivo mi dicono che i programmi di stasera sono annullati, sia il Petra By Night che il corso di cucina al Petra Kitchen. Ma come? Chi l’ha detto? Pare che quelli del Petra Kitchen abbiano telefonato a Issa informandolo che non c’è più carne da cucinare. Cos’è questa storia assurda? E come mai hanno telefonato a lui dato, abbiamo prenotato per conto nostro? Non mi torna per niente! Consegno la ricevuta della prenotazione e dell’acconto versato a Claudia invitandola ad andare al mio posto.

Secondo me Issa ci ha messo lo zampino per garantirsi una provvigione.

Qualcuno va al Petra By Night comunque, tutti gli altri vanno all’Hammam dell’Al Anbat I.

Essendo clienti dell’Al Anbat III l’hammam costa 10 JD anziché 15 (in ogni caso meno rispetto al Salomé che ne costa 24). Verso le dieci, sotto una pioggia battente, Elena bussa alla porta ed entra per uno sweet moment: ha una scatola di dolcetti al pistacchio presi in pasticceria.

Arrivano anche gli altri e la camera si tramuta in un salotto.

Ridiamo a crepapelle quando Elena fa girare il sacchetto con i torroncini avanzati e Renato se lo piazza tra le gambe invitando tutte le ragazze a scegliere bene.

Per ovvie ragioni il Petra by Night è stato scarso. Gli “hammam-midi” sono stati bene, le donne riferiscono vigorose “scrubbate”, gli uomini sorvolano sui dettagli. I cuochi Renato, Lorenzo e Claudia, ai quali si è aggiunto Federico, si sono divertiti cucinando una quantità esagerata di roba, triturando inizialmente quintali di prezzemolo e cipolla ed insaporendo le pietanze con badilate di spezie. Claudia, che ha preso il mio posto anche nel cucinare pollo al posto dell’agnello, è stata chiamata tutta la sera “the chicken person”. A proposito: ma non era finita la carne?!!

Ai partecipanti del corso è stato fornito anche un piccolo ricettario in inglese.

 

La ricetta del Baba Ganuj:

1 kg di melanzane

1 peperoncino verde

2 spicchi d’aglio

1 cucchiaio di menta

2 cucchiai di succo di limone

1 pomodoro grande

1 cipolla media

1 cucchiaio di sale

2 cucchiai olio d’oliva

Arrostire in forno le melanzane dentro una pirofila, per un’ora a temperatura media, fino a quando la pelle è bruciata e comincia a spaccarsi.

Quando le melanzane sono raffreddate abbastanza da poter essere maneggiate, rompetele aprendole e togliete la polpa con un cucchiaio.

Con una forchetta riducete la polpa in poltiglia, come un purè.

Aggiungete l’olio d’oliva ed il succo di limone.

Fate a pezzetti molto piccoli il pomodoro e tritate la cipolla.

Aggiungetegli la purea e mescolate.

Pestate l’aglio col sale e mescolatelo con olio.

Aggiungete il liquido ai vegetali e mescolate tutto quanto per bene aggiungendo anche la menta.

Servire guarnendo il vassoio con pomodoro o prezzemolo.

 

WADI MUSA – PETRA

Sento Claudia e Daria alzarsi presto e prepararsi silenziose per andar via.

Verso le 7.30 viene a prendermi Renato, è rimasto per fare colazione insieme.

La mia caviglia sembra un pallone. Buongiorno!

Piano piano scendo al piano di sotto. Mohammed, il solerte tipo dell’albergo è preoccupato per il mio piede, e suggerisce nuovamente di andare all’ospedale, ma io sono tranquilla. Magari mi faccio una chiarata. Spiego cosa serve, le uova ci sono, una frusta c’è, una ciotola anche. Servirebbe del cotone, Renato può andare a comprarlo in farmacia. Mohammed gli chiede garbatamente “E’ tua madre?” “No, è mia nonna!” Un massacro di risate. Il povero Mohammed non sa cosa dire per riprendersi dalla gaffe! Ciononostante e benché il mio piedino da Cenerentola sia una mongolfiera esercita una strana attrazione su Mohammed che si propone per venirmelo a massaggiare più tardi. Anche no, grazie.

Dopo aver “ingessato” il piede con la chiarata d’uovo Renato mi lascia il suo libro da leggere e va a Petra. Mohammed si affaccia poco dopo con un tè e delle arance. Accarezza il mio piede rinnovando l’offerta del massaggio. Ma che incubo!

Renato mi ha prestato LA REGINA SCALZA di Ildefonso Falcones. Quando col buio rientra il gruppo mi rendo conto di aver letto le prime 188 pagine tutte d’un fiato!

Teresa si prende cura della mia caviglia applicando le kinesio taping verde speranza.

Mi preparo anch’io per il cenone di Capodanno che Daniela ha prenotato all’Al Anbat I.

La navetta sfreccia a tutto fuoco per le strade di Wadi Musa.

In attesa di coloro che sono andati anche stasera a rilassarsi all’Hammam, ci accomodiamo in un salottino facendo girare un narghilè.

Per passare il tempo chiedo ad ognuno di consigliare agli altri un libro, senza argomento particolare, quello che gli è piaciuto di più e che nessuno dovrebbe perdersi di leggere.

Da questa semplice indagine coinvolgente viene fuori una lista interessante che trascrivo:

La parabola del seminatore, Octavia Butler

Ninna Nanna, Chuck Palahniuk

L’ibisco viola, Adichie Chimanda

Il signore della paura, Franco Cardini

La bastarda di Istanbul, Elif Safak

Il palazzo delle pulci, Elif Safak

La donna abitata, belli Gioconda

Cuccetta per signora, Nair Anita

Follia, Patrick McGrath

Le follie di Brooklin, Paul Auster

Accabadora, Michela Murgia

Shantaram, Gregory David Roberts

Tra noi e la libertà, Slavomir Rawicz

Io suggerisco Cecità, di José Saramago, uno dei libri più belli che abbia letto, una storia pazzesca, tragica eppure con punte di sottilissima ironia, ed una morale profonda.

Non per nulla l’ha scritto un Premio Nobel.

L’enorme e desolato salone del cenone di Capodanno, benché ravvivato da palloncini colorati, è tristissimo. La tavola è apparecchiata senza tovaglia, però ci sono dei lumini. Il buffet è abbastanza ricco ma non trascendentale, come qualità al Red Cave abbiamo mangiato meglio. In compenso ci sono molte verdure fresche di cui sentiamo il bisogno ma se non ti affretti a mettere le pietanze nel piatto resti senza. non ci resta che riempire lo stomaco prendendola con filosofia e approfittare dell’abbondanza di arance, banane, mele e mandarini per farne incetta per il proseguo del viaggio.

Beviamo una strana birra locale leggera, non sufficientemente alcolica per sopportare la musica martellante che imperversa nella sala attigua dove ballonzola un attempato gruppetto.

Appena terminato di mangiare decidiamo di tornare al nostro albergo con la navetta ed aspettare nella hall la mezzanotte. Ognuno tira fuori il proprio bottino di frutta spudoratamente razziata che disponiamo sul tavolo della hall dandogli colore e componendo la scritta JORDAN TREK 2014.

Con alcune bevande appositamente acquistate per l’occasione ci prepariamo al brindisi scandendo il conto alla rovescia con l’aiuto della tv accesa all’uopo. Buon Anno!!

Baci abbracci e auguri e per iniziare bene l’anno ci ammazziamo dalle risate assistendo alla sfilata di Renato, che improvvisatosi top model, si esibisce percorrendo in su e in giù un’immaginaria passerella sfoggiando collezioni autunno inverno e primavera, modelli Petra ed Amman. Grida di giubilo e apprezzamento di tutti gli astanti.

Elena tira fuori le carte ed invita tutti a partecipare ad un gioco, abbinato ai versi di animale, che richiede memoria e prontezza. Dopo una buona mezz’ora di muggiti e starnazzii ci auguriamo la buona notte.

 

WADI MUSA – WADI RUM

Alle 8.30 la colazione è scarsa, i clienti scesi prima hanno spazzolato tutto e non viene riportato nulla. Saliamo sul nostro bus GT che ci porta nel villaggio ai margini del deserto dove le varie agenzie locali smistano i gruppi e organizzano le escursioni e la sopravvivenza nel deserto.

Il gruppo si avvia a piedi mentre io resto con SALEH, il beduino che ci guiderà nei prossimi giorni nel WADI RUM e che, con la jeep, trasporterà i nostri averi.

Al villaggio è possibile comprare acqua, scatolame, frutta e verdura, pane, barrette e quant’altro.

Saleh mi conduce in jeep a casa sua, più precisamente alla sua tenda beduina, dove la bella moglie e i vari figlioletti mi fanno accomodare per terra e mi offrono immediatamente un tè.

La tenda è spoglia, le pareti sono costituite da coperte di lana grezza variopinta e teli di juta e plastica. Al centro, sul pavimento di terra battuta, c’è una grande padella che fa da braciere per la teiera. Sempre delimitato da coperte vedo un vano dove tengono gli utensili da cucina.

I pargoli sono curiosi ma intimoriti, hanno tutti il moccolo al naso. Per sciogliere il ghiaccio offro i datteri che ho saccheggiato stamattina a colazione. Li prendono guardinghi ma senza esitazione. La madre sorride. Col più coraggioso mi metto a giocare battendo le mani. Si diverte moltissimo e mi chiede di ripetere il gioco un’infinità di volte mostrando il proprio valore a fratelli e sorelle.

A poco a poco si fanno timidamente avanti anche gli altri. Hanno le manine gelate. Per forza, sono scalzi e fa freddo. Una delle bimbe secondo me ha la febbre perché ha le mani bollenti.

Mi portano a vedere il recinto con le capre nel campo sul retro dove approfitto per andare in bagno in un bugigattolo di lamiera ondulata al cui interno c’è una latrina di ceramica alla turca incastonata nel terreno evidentemente senza scarico.

Poi mi mostrano un loro passatempo: scarrozzare le bambine più piccole dentro una cassetta di plastica, che hanno saldamente piazzato su quattro ruote, tirandola con una corda.

Quando arriva il gruppo, Saleh ha già organizzato il pranzo in un cortiletto dove consegna a ciascuno un sacchetto di plastica nera contenente pane arabo, una scatoletta di tonno, un cetriolo, un pomodoro, un formaggino, un mandarino, un dolcino, un succo. Ho poca fame, mangio un po’ di pane col tonno e porto tutto il resto alla moglie di Saleh e ai suoi bimbi che felici gli danno l’assalto. Anche gli altri fanno dono degli avanzi, sono molto apprezzati. Prima di ripartire la signora mi regala un braccialetto di cotone intrecciato con i colori della Giordania ed una collana (un filo con una scaglia di roccia) che metto subito al collo. La saluto baciandola.

Il gruppo si avvia nuovamente a piedi. Io e Saleh troviamo un buon posto per montare le tende.

Scarichiamo i bagagli per segnalare che il posto è nostro e torniamo indietro incontro ai trekkers, fermandoci di quando in quando per caricare arbusti da ardere.

Con un’altra jeep arrivano tende e materassini, montiamo il campo poi ci disponiamo per terra intorno al fuoco per cenare con pollo, riso e verdure. Saleh prepara il pane sotto la cenere.

A fine pasto abbonda il tè bollente e Saleh condivide il suo narghilè, chiamato anche shisha, talmente piacevole e conteso da tutti che fa fatica a riappropriarsene.

Il deserto del WADI RUM è davvero bello, oltre ogni aspettativa. Le formazioni rocciose rosso scuro hanno conformazioni ipnotiche. La volta naturale sotto la quale ci ripariamo rimanda il pensiero alla natività. Tranne Cristian e Daniela che dormono fuori ci ritiriamo felici nelle tende. Dopo poco c’è un attimo di sconcerto, anzi di concerto. Qualcuno russa pesantemente e rumorosamente. Non sappiamo chi è, né se condivide la tenda con qualcuno che potrebbe scatacciarlo. Si sente il verso del gatto, vano tentativo senza reazione, qualche battuta, qualche altro miagolio, poi si scatena lo zoo! Barriti, ululati, gracchiate, di tutto! Il gran russatore prosegue imperterrito e del tutto ignaro della cagnara e della risata generale quando commento a voce alta che chissà cosa penserà Saleh sentendo tutto sto chiasso.. forse non ce lo fa più fumare il narghilè se è questo l’effetto… ahhhhhaaahhaahaaaa! Accompagnati dall’interminabile sinfonia cediamo alla stanchezza addormentandoci.

 

WADI RUM, 1° giorno

Colazione con pane arabo, marmellata, miele ed un pesto di ceci e pistacchi. Tiro fuori il panettone e festeggiamo l’anno nuovo anche con Saleh.

Smontate le tende i bagagli vengono lasciati sulle rocce. Qualcuno passerà a ritirarli.

Con le jeep arriviamo ai piedi dell’UMM ASHREEN. Mentre il gruppo è intento a scalarne la parete io aggiorno il diario, poi bevo il tè con i beduini e leggo il libro che quel tesoro di Renato ormai condivide con me, io lo leggo il giorno e lui la sera. La prospettiva da cui vedo io il Wadi Rum è diversa, ne osservo i confini, i colori delle rocce e della sabbia, mi riscaldo ai raggi del sole, assaporo il silenzio, quel silenzio che mi mancherà tanto quando tornerò a casa.

Questa sera cucina per noi Zedane, il boss. E’ un bell’uomo, elegante e garbato, ha una bellissima voce. Prepara il pollo macerato nello yogurt, buonissimo, da accompagnare a riso e pane. Per contorno verdure miste bollite (zucchine, pomodori, melanzane). L’allegro dopocena viene bruscamente interrotto da un urlo inquietante proveniente da un auto che viaggia sparata. L’occhiata che si scambiano Saleh e Zedane ed il loro fulmineo balzo in piedi per correre ad inseguire l’auto e verificare cosa succede conferma la sensazione che in questo luogo, apparentemente tranquillo, possano succedere anche strane cose. Quando tornano riferiscono che si trattava di gente ubriaca. Come fanno a saperlo? Non li hanno raggiunti. Ci crediamo poco ma apprezziamo la buona intenzione di non spaventarci.

 

WADI RUM, 2° giorno

Le giornate si susseguono al ritmo dei trek del gruppo, delle pause pranzo con il lunch box, delle serate intorno al fuoco sorseggiando tè, fumando narghilè, cantando e sparando bischerate. Andiamo sempre a dormire presto, ci alziamo presto e in pochi facciamo la cacca. Sarà il pane arabo che ci impantana?

Io e Saleh comunichiamo alla grande comprendendoci perfettamente, lui parlando in arabo ed io in italiano. Commentiamo gli avvenimenti del giorno e ridiamo mimando il solito delirio notturno del russatore che però, meritevole, ha avuto la delicatezza di piazzare la propria tenda a distanza.

Le giornate scorrono lente, il gruppo cammina, io e Saleh lo teniamo d’occhio a distanza guidandolo nella giusta direzione.

Ogni sera cambiamo luogo per accamparci, sotto archi rocciosi ed un cielo stellato che incanta.

Per fare qualcosa ed avendo già le tende a disposizione ho pensato di montarle per fare una sorpresa ai trekkers. Peccato che tiri un vento molto forte. Un paio di volte mi tocca rincorrere le tende (si fa per dire col mio piede!) perché sono molto leggere ed il vento le porta parecchi metri più in là. L’unica è bloccarle con grossi sassi e mettendo dentro uno zaino. Saleh non ci pensa nemmeno ad aiutarmi, non è certo pagato per montare le tende, si rilassa bevendo il suo tè e fumando il narghilè. Dopo averne montate cinque desisto dall’intento che verrà comunque lodato e apprezzato.

Zidane è con noi anche stasera, versa anche il sugo di agnello sulle mie Crocs, maremma deserta!

Lo perdono solo perché ha portato la Nutella.

 

WADI RUM, 3° giorno

In tenda dormo proprio bene. Dopo la prima notte e l’antipatica condensa formatasi, lascio il tettino scoperto perché non si formi, ma non ho freddo, sono adeguatamente equipaggiata.

Colazione e partenza. Io e Saleh portiamo con la jeep tutti i bagagli nel posto dove ci accamperemo stasera. Una nota sulla delicatezza con cui Saleh (e sicuramente tutti i beduini che lavorano nel deserto) maneggia i bagagli. Dal pickup li scaraventa per terra senza porsi minimamente il problema del contenuto. Tanto per vostra opportuna informazione se per caso avete boccette di vetro o qualsiasi altra cosa, anche un souvenir di terracotta per esempio, che volete resti intero.

Raggiungiamo il gruppo. Giornata intensa con una lunga camminata e l’arrampicata al JABAL UMM AD-DAAMI con Saleh che, inaspettatamente agile, guida il gruppo fino in cima. Mentre sono tutti intenti a scalare la montagna io mi piazzo con un materassino dietro la ruota della jeep, per appoggiarmi e contrastare il vento, e leggo baciata dal sole. Sto proprio bene, il panorama tutt’intorno è magnifico, le montagne sembrano esseri viventi che immobili ti osservano, non il contrario. Il silenzio regna assoluto, solo il vento ed il verso dei passerotti lo interrompono. Questo meraviglioso momento idilliaco termina con l’arrivo di Zedane che ha portato il pranzo. Costretta per buona educazione a fare conversazione lo ascolto e lo osservo. Ostenta pacatamente il suo fascino raccontandomi varie esperienze. Mi invita ad andare con lui, domani, al campo beduino per vedere non so cosa ma declino l’offerta. Notando la mia riluttanza ci tiene a precisare che non devo diffidare di lui, siamo soli anche in questo momento. A trarmi d’impaccio ci pensa il gruppo che scende provvidenziale dalla montagna.

Cosa ci riserva di buono oggi il lunch box? Il solito: tonno in scatola, due pani arabi, cetriolo pomodoro formaggino mandarino, dolce confezionato e un succo all’aroma di fragola! Il lunch box viene sempre confezionato nel triste sacchetto nero di plastica e al suo interno c’è anche un piatto di plastica. La plastica in particolare imperversa ovunque in Giordania, un fenomeno davvero brutto da vedere. Evidentemente non esiste un sistema di smaltimento dei rifiuti e gli abitanti non sono minimamente sensibilizzati a mantenere pulito il territorio. Un vero peccato. Chi può e vuole lanciare un progetto per salvare la Giordania dalla spazzatura? Lancio un appello!

Già che ci siamo denuncio un altro comportamento che ho notato: gli automobilisti hanno l’abitudine di lasciare le macchine in sosta col motore acceso. Non so che carburante usino ma è davvero pestilenziale. Perché inquinare l’aria se se ne può fare a meno?

Torno al diario e ad un momento importante per me che, non potendone più di star ferma, mi avvio a piedi col gruppo. Come concordato, Saleh mi recupera dopo un’oretta con la jeep portandomi al campo. Zidane ha preparato il mensaf, piatto tipico giordano che vorrebbe esser di montone. La nostra versione è con pollo cotto nello yogurt con abbondante prezzemolo. Molto buono accompagnato da riso e verdure. Questa sera cantiamo più convinti ma il repertorio è ancora da migliorare. Il pezzo che riesce meglio è sempre “Nella vecchia fattoria” che Saleh adora quasi quanto La macchina del capo. Si diverte un sacco a mimare tutti i versi mentre prepara tè a manetta e fuma il narghilè che gli rubiamo spesso e volentieri.

 

WADI RUM, 4° giorno

Come gruppo siamo davvero forti, sempre pronti ed operativi all’ora stabilita, collaborativi e simpatici. Una menzione speciale va a Silvano che aiuta sempre tutti a smontare le tende e a caricare i bagagli sulla jeep.

Mi aspetta una nuova giornata, questo viaggiare diversamente, poco faticosamente, con la mente staccata da tutto e da tutti, profondamente in vacanza, piacevolmente coinvolta.

I trekkers oggi si divertiranno salendo su diversi archi naturali, poi saliranno sulle dune rosse.

Prima di partire Saleh gli mostra il percorso su una mappa. E’ bello vederli camminare e saperli conquistare le vette. Saleh recupera i nostri lunch box nei pressi del SIQ MAKHRAS che è super affollato di visitatori. C’è da dire che l’organizzazione di Zedane è molto efficiente.

Saleh ha un occhio di falco, riesce a distinguere il nostro gruppo dagli altri a chilometri di distanza perciò lo intercetta senza difficoltà per il pranzo. Mentre “degustiamo” il solito menù veniamo avvicinati da una coppia di bellissimi cani ai quali diamo un po’ di pane. La femmina ne sotterra una parte creando una dispensa per i momenti di magra.

Nonostante il dolore decido di muovermi anche oggi, non posso resistere al pensiero delle dune rosse. Col costante amorevole supporto di Claudia e delle amiche romane, e dei bastoncini, vado quasi alla grande! E poi con noi c’è la cognolina che ha pensato bene di seguirci (allontanando il maschio). Elena le ha dato un nome fantastico: Duna! più azzeccato davvero non si può.

Duna è bella e dolcissima, attenta a non perdere nessuno fa avanti e indietro come se fossimo il suo gregge. So che sto sforzando la caviglia ma ne vale la pena. Le alte DUNE ROSSE, che cambiano colore dal rosa al rosso, sono davvero splendide.

Dopo aver affrontato piano piano la salita scendo con altrettanta cautela sempre con le Charlie’s Angels a fianco. In fondo alla duna trovo inaspettatamente un Saleh sorridente che mima lentamente i miei movimenti con i bastoncini. Ma allora mi vuole bene!

Al campo sono già tutti intenti a montare le tende. Come di consueto il fuoco viene subito acceso al riparo di una volta rocciosa e vengono piazzati tappeti e materassini per sederci a cena e per il riposo notturno dei sempre più numerosi temerari che dormono alla belle étoile.

Duna è molto educata e non invadente. Se ne sta defilata e serena ai margini del campo.

E’ la nostra ultima notte nel deserto e le stelle sembrano brillanti e ammiccanti più di sempre.

Zedane cucina per noi anche stasera. Pollo alla griglia, riso e verdure.

Ormai ci siamo abituati alla cenere che resta appiccicata al pane messo a scaldare sulle braci come pure a pasteggiare col tè bollente. Essendo la serata conclusiva cerchiamo di dare il nostro meglio coinvolgendo anche Saleh e Zedane. Il top moment della serata è la torta a sorpresa che Zedane si è procurato per Daria che oggi compie gli anni. Tra le acclamazioni allo spegnimento delle candeline e l’Happy Birthday di rito questa notte assume un volto, quello felice di Daria che proprio non si aspettava di festeggiare con tanta atmosfera e partecipazione.

Anche Duna è contenta, i resti del pollo sono sicuramente una buona variante al suo pasto abituale.

Non mi sono mai sentita in pericolo la notte ma con Duna che fa la guardia mi addormento provando una bella sensazione.

 

WADI RUM – MAR MORTO – MADABA

Il deserto è avvolto dalla nebbia. Un’immagine surreale.

Duna ci da il buongiorno festosa. Giochiamo un po’ e quando si aggrappa con le zampe al mio piede, come se non volesse lasciarmi andare, suscita l’ilarità generale.

Ultima colazione col tè che ci ustiona, pane incenerito e i rimasugli di marmellata.

Ultima caricata dei bagagli sulla jeep e ultima camminata verso l’uscita del Wadi Rum.

Partecipo anch’io, sempre lentamente, sempre con le amiche vicine e Duna che mi dispiace tanto lasciare. Il gruppo ci ha distaccate da un pezzo, proviamo ad orientarci tra le poche strade e gli angoli che si somigliano tutti. Solo Elena poteva avere lo scrupolo di venirci a riscontrare non vedendoci. Grazie amica. I bagagli sono stati tutti già caricati in un minibus. Abbiamo giusto il tempo di andare in bagno un attimo e di salutare Saleh e Zedane.

Essere di nuovo sull’asfalto, benché unica striscia in mezzo alla vasta landa desertica, ci riporta in una realtà che non ci appartiene più. Cullati dal dondolio del pulmino e confortati dall’insolito tepore del riscaldamento crolliamo in un sopore generale.

Raggiungiamo il MAR MORTO passando da Aqaba, una città molto costruita che appare anonima. Le baie turchine che vediamo dal bus invece sono invitanti. Facciamo una breve sosta in un paese per pranzare al volo con un buon kebab halaby (carne macinata e speziata cotta alla griglia) e compriamo della frutta su un barroccio in mezzo la strada. Le mele sono particolarmente buone. Interessanti i datteri freschi.

L’AMMAM BEACH Tourism Resort è l’unico stabilimento balneare pubblico. C’è comunque da pagare un ingresso di 20 JD, un vero furto, e mi risulta che in questa cifra sarebbe compreso il pranzo. Forse è per questo motivo che noi paghiamo 15 JD, senza pranzo.

Già a vedere l’ingresso mi sembra una ciofeca. Lo stabilimento è ampio, con una piscina, un negozio di souvenir, dei bagni impraticabili inondati d’acqua, docce inesistenti (mi riferiscono che c’è solo un tubo che versa acqua fresca). Qualche scalino e c’è la spiaggia affacciata sul Mar Morto con alcune sedie di plastica per sedersi. Per farsi cospargere di fango si pagano ulteriori 3 JD e gli omaccioni addetti non sono affatto invitanti. La maggior parte del gruppo fa l’esperienza dell’incredibile galleggiamento nell’acqua super salata facendo attenzione a non bagnarsi gli occhi. Secondo Renato l’acqua sembra unta. Io ho ancora le bende alla caviglia perciò desisto.

MADABA è la nostra destinazione finale essendo l’aeroporto è equidistante da Madaba o Amman.

I negozi chiudono alle sei perciò chi vuole acquistare i narghilè si precipita a cercarli.

Io salgo in camera per un’agognata e prolungata doccia.

Alle 19.30, come nuovi, ci ritroviamo tutti nella hall dell’albergo per andare a cena.

Tutte le guide segnalano l’HARET JOUDNA quale miglior ristorante di Madaba, addirittura della Giordania. Non possiamo perdere l’occasione, già avevamo espresso questo desiderio all’andata. Daniela ed il resto del gruppo preferisce seguire il suggerimento dell’albergatore per risparmiare. Con Betta Elena Mariella Claudia e Renato (beato tra le donne) ci distacchiamo.

Già annusando il profumo nell’aria ci rallegriamo per l’ottima scelta. I tavoli sono apparecchiati  nel cortile interno di due antiche case dai muri di mattoni color ocra. I balconi affacciati sul cortile, i fiori, le piante, la musica e le canzoni dal timbro gitano ci avvolgono di magica atmosfera.

Sembra di essere sul palco di un teatro, con una scenografia accuratamente studiata per stupire.

Intorno al cortile ci sono alcune sale da tè, un bar ed un negozio.

A tavola diamo libero sfogo alle nostre papille gustative in un apoteosi sensoriale.

Pur col rammarico di esserci separati dagli altri ci congratuliamo per la scelta, non potevamo concludere in modo migliore. Il costo? 15 JD a testa!

 

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