Cuba

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CUBA

Periodo : giugno 2001

Durata : 16 giorni

Tipologia : fai da te

   

ITINERARIO

SANTIAGO DE CUBA – BARACOA – TRINIDAD – VIŇALES – CAYO JUTIAS – MARIA LA GORDA – L’AVANA

 

29/07/2001 ROMA – SANTIAGO DE CUBA

“State attente! Non bevete e non fumate!”

… le ultime parole famose di mia mamma!

Io e Caterina siamo pronte! Il volo della compagnia CUBANA DE AVIACION non ancora, siamo sull’aereo da quasi due ore ferme all’aeroporto di Fiumicino perché manca il carburante… “Cominciamobbene!!”

A bordo c’è un gran bordello, nel vero senso della parola! Alcuni italiani stanno facendo casino assediando una ragazza cubana con smancerie e ridicoli salamelecchi, non è necessario proiettare alcun film, lo spettacolo è dal vivo.

Osserviamo e commentiamo con altri ragazzi e un po’ ci vergogniamo del marchio che devono essersi guadagnati a Cuba gli italiani.

 

L’HOTEL CASA GRANDA di SANTIAGO DE CUBA è un sogno!

Soprattutto confrontato con le case tutte intorno.

Ci infiliamo nell’albergo, ad ogni piano che saliamo la vista è sconvolgente, quando infine entriamo nella nostra camera e apriamo la finestra, che da proprio sulla piazza, prima restiamo senza fiato e poi cominciamo a urlare dalla gioia. Indirizzo web www.hotelcasagranda.com

Usciamo subito. Fuori fa un caldo micidiale e l’umidità è pazzesca.

Veniamo subito avvicinate da un P.R. della CASA ARTEX, un posto dove si balla dalle 10.30 di sera e da Yuri, un ragazzino che parla italiano e che ci si appiccica per farci da guida. OK, via alla scoperta di Santiago de Cuba!

Ci avviamo con Yuri su e giù per le stradine che sembrano quelle di S. Francisco, infatti una si chiama proprio così, vincendo la primaria istintiva diffidenza a seguirlo nella parte vecchia di Santiago: case diroccate con facciate decadenti ma meravigliose. Dentro solo le mura, spesso neanche fino al soffitto e pochi elementi d’arredamento. Una costante è rappresentata dalle sedie a dondolo e dalla televisione. A quest’ora la gente sta fuori, per lo più sulla porta di casa, chiacchiera e saluta i passanti. In una strada c’è la musica a tutto volume e delle bambine stanno imparando a ballare con le loro mamme.

Sostiamo alla TAVERNA DEL RON, dove sopra c’è il museo ed assaggiamo il nostro primo mojito: especial  J!

Prenotiamo un tavolo nel Paladar di Maria che sia chiama LA JULIANA e andiamo a fare ancora due passi. Quando torniamo da Maria sono arrivati altri clienti ma siccome noi avevamo prenotato… li fanno alzare da tavola e li invitano ad attendere il prossimo turno nel patio sulle immancabili sedie e dondolo. Mai vista una cosa simile! Che si fa? Lasciamo Yuri senza cena?

Lo invitiamo a mangiare con noi e non se lo fa dire due volte. Yuri ordina aragosta e ce ne offre un pezzetto ma, vi dirò, mi piace meno del nostro pesce perché è troppo dura. A fine cena ci prende un sonno mortale, da quando siamo partite e col fuso abbiamo all’attivo solo quattr’ore di sonno così senza pensarci troppo rinunciamo ad andare a ballare per andare subito a letto.

 

30/07/2001 SANTIAGO DE CUBA

La vista dal roof dell’albergo, dove facciamo colazione, è spettacolare. Facciamo qualche foto poi partiamo per esplorare Calle Heredia, l’arteria principale della città. Siamo estasiate. La città è ancora dormiente, qualche macchina d’epoca è parcheggiata qua e là, ogni tanto passa un camioncino.

In un negozio ci sono libri, dischi, foto di tutti i gruppi musicali ritratti mentre suonano attaccate alle pareti, il tranquillo vecchino che ci lavora si lascia fotografare. L’atmosfera è un encanto.

Proseguiamo lungo la via, costantemente accompagnate da Yuri, che appostatosi vicino all’albergo non è intenzionato a mollarci. Spera in un’altra aragosta? Beh, è il suo lavoro… E’ molto paziente mentre noi ci infiliamo in tutti i portoni e ci fermiamo per ogni cosa che attira la nostra curiosità. La bambina che ride, il ragazzo che ripara gli accendini, i due vecchi in casa sulla sedia a dondolo, la gente affacciata ai balconi.

Ogni tanto regaliamo qualcosa per rubare meglio una foto: una sigaretta, una saponetta e comunque chiediamo sempre. La “barberia” è fantastica: una decina di barbieri in fila che fanno barba e capelli. La finestra del salone è aperta e il barbiere più vicino ci chiede se vogliamo che ci faccia la barba alle gambe o alle ascelle… Ridiamo tutti!

Lo studio dentistico è una cosa incredibile. Idem come sopra c’è un salone ma al posto dei barbieri ci sono i dentisti e il tutto in bella mostra a finestre spalancate. Un ragazzino che urla mostruosamente.

Yuri comincia a dirottarci sulle strade secondarie dove vediamo la gente in coda per prendere zucchero, riso e non so cos’altro con la tessera. La coda più lunga è quella della distribuzione del pane. La città ora pullula di gente: donne con i bigodini in testa, bambini, vecchi, tutti in movimento.

Yuri ci guida fino alla CASERMA MONCADA, dove è stato tenuto prigioniero Castro e dove dentro ora ci sono una scuola ed un museo. Ma a noi non interessa visitarlo così torniamo indietro. Fa un caldo esagerato.

Compriamo l’acqua in un supermercato dove c’è un condizionatore grande come una parete che fa un fracasso pazzesco. All’ingresso un poliziotto ispeziona le borsette delle donne. Qui si paga in pesos e all’uscita un altro poliziotto controlla lo scontrino e la merce.

Il caldo sta cominciando a diventare intollerabile perciò decidiamo di andare a farci fare le treccine ai capelli per non stare in circolazione sotto al sole e sganciarci un po’ da Yuri.

Magdalena è la peluquera. Lei si autodefinisce muy gorda, sata y putìca. La sua casa sta sulla scalinata della città vecchia e se la passa bene: stereo, videogame, ventilatore di lusso. Ha tre figlie e un bimbo. Una delle figlie ci fa le treccine, l’altra balla e ci insegna el movimento! Ridiamo e chiacchieriamo di uomini ovviamente. Apprendiamo così com’è la donna cubana: maliziosa, sensuale e furba!

Yuri è fuori che aspetta da quattro ore ma vogliamo schiodarcelo. Magicamente sparisce non appena ci avviciniamo alla Plaza de Cespedes dove c’è una baraonda bestiale. Plaza de Cespedes è invasa da militari in divisa verde, tra cui spicca una donna: il Ministro dei Trasporti! Militari in divisa grigia ed il pueblo si sorridono, si stringono la mano, è un momento sociale importante: ma quale? Io e Caterina ci fiondiamo sul roof dell’albergo per vedere dall’alto l’avvenimento e osserviamo la fiumana di gente lungo Calle San Pedro che, scopriamo, sta andando in processione al cimitero monumentale Santa Ifigenia per rendere omaggio a Frank Paìs, eroe della Rivoluzione.

Ci guardiamo negli occhi un istante poi ci precipitiamo in camera per mollare tutto, scendiamo in piazza e ci mescoliamo con i compañeros per andare al cimitero. E’ bellissimo!

Loro sono tutti contenti e molto presi da quello che stanno facendo, con grande sentimento. Facciamo amicizia con un ragazzo che si chiama Santiago e che non capiamo assolutamente quando parla perché mangia tutte le parole, beh, come tutti i cubani mas o menos. I cubani sono tremendi, cioè proprio senza ritegno: buttano baci, fischiano, ti chiamano, ti fanno complimenti, ma è proprio il loro modo di fare e a qualsiasi età. Invece lui è molto garbato perciò ci sentiamo a nostro agio.

Procediamo in mezzo alla folla, dai balconi alcune donne buttano petali di fiori, salutiamo la gente sulle porte che guarda. Fa un caldo atroce e cominciamo ad accusare la sete. Lentamente ci stiamo spostando verso una zona periferica e più povera di Santiago. Non c’è neppure l’ombra di un baretto dove comprare l’acqua e non si arriva mai!

Ad un certo punto vedo un capannello di gente davanti una baracca con delle bottiglie in mano: SI BEVE! Santiago è pronto a pagare per no, che siamo uscite senza soldi, in pesos cubani. Purtroppo mentre siamo in coda arriva la tragica notizia: è finito tutto, non c’è più da bere!

Dopo un altro pezzo di strada avvistiamo un carretto che fa il ghiaccio; lo grattano e ci versano sopra un liquido rosso, poi mettono la “granita” dentro a un cartone.

Io saluto un ragazzo che mi pare di avere già visto e che prontamente ci offre la fresca delizia facendo le scarpe a Santiago che ci resta quasi male.

Non ho la più pallida idea di cosa sia questo “troiaio” (espressione fiorentina che meglio non potrebbe descriverlo), potenzialmente idoneo a mandarci dritte al gabinetto, ma è una delle cose più buone e rigeneranti che abbia mai trangugiato. Sarà stata la sete?

Finalmente riusciamo ad arrivare al cimitero. Altoparlanti gridano slogan della Revoluciòn. Sui muri sono scritte a grandi lettere le parole di Fidèl, del Che, di Martì ecc. Davanti alla tomba di Paìs la coda rallenta. Fidèl Castro ha donato una grande corona che viene sostenuta da quattro militari. Più tardi alla televisione cubana rivediamo questa scena.

Per il ritorno prendiamo un bici-taxi, una specie di risciò. Ce ne sono molti a Cuba ma non sono autorizzati per cui bisogna sperare di non venire beccati dalla polizia. L’amico pedala forte e suda da morire. Sulle salite lo incitiamo e lui ride. Scendiamo nei pressi della piazza dell’Hotel per non essere visti dalla polizia ma non abbiamo dollari di piccolo taglio. Gli chiediamo di aspettare.

I cubani si fidano. Potremmo sparire e lui non potrebbe certo denunciarci alla polizia. Torniamo con i soldi e un po’ di aspirina che gradisce molto dicendoci che ha tanto dolore alle ginocchia.

E perché non berci un bel mojito sotto la loggia dell’albergo che dà sulla piazza?

Questo è un luogo di ritrovo, per i frequentatori dell’albergo, per altri turisti e per qualche cubano che tenta l’adescamento del turista.

Incontriamo un gruppo di ragazzi: due olandesi, un’americana e due cubani aitanti, Jesus e Angelo. Jesus dice di vivere a Bruxelles dove fa il maestro di salsa e di palestra e dice di essere stato già due volte a Rimini al Festival del Fitness. Angelo dice di aver lavorato per la Francorosso. Figuriamoci se è vero! I cubani sono fenomenali nell’inventarsi l’occupazione, le capacità, ecc. Dopo poco arriva Oscar, un altro cubano che dice di non avere un’occupazione ma di aver lavorato nel turismo a Varadero e ama Vasco Rossi. Tutti e tre parlano italiano. Sulla terrazza c’è un gruppo di musicisti che suona ed io ho già voglia di ballare. Ci diamo tutti appuntamento per le nove per andare a cena alla GALLEGA e poi a ballare alla CASA DE LA TRADITION.

Alla Gallega mangiamo un pollo divino chiacchierando e ridendo mentre tre ragazzini suonano la chitarra. La Casa De La Tradition està serrada perciò ripieghiamo sulla CASA ARTEX. Il locale è molto carino con un patio e balconi su due lati dove si può salire, bere e ballare. L’entrata comprende una bevuta. E’ pieno di gente. I cubani hanno l’abitudine di portarsi una bottiglia di rhum e scolarsela. Un gruppo di musicisti canta e suona musica tradizionale. Tra un Cuba Libre e l’altro facciamo le tre.

Mentre Jesus mi da il tormento tentando di convincermi a non perdermi l’occasione tiriamo il passo verso l’albergo quando incontriamo un gruppo di ragazzi cubani con la chitarra fra cui troneggia un ragazzo enorme in salopette di jeans, tanto massiccio quanto romantico e soave quando canta. Mentre la bottiglia del RON fa continuamente il giro, ci dedica stupende canzoni d’amore una dietro l’altra. Per la verità tutte le canzoni parlano di donne stronze che li fanno soffrire. I nostri tampinatori sono un po’ spiazzati, abbiamo occhi e orecchie solo per il ragazzone e le sue canzoni d’amore solo dedicate senza secondi fini. Vorremmo restare tutta la notte, e questi non accennano minimamente ad una possibile fine del concerto, ma decidiamo di ritirarci, e i tre “fenomeni” che restano a bocca asciutta ci danno appuntamento per domani per andare in spiaggia.

 

31/07/2001 SANTIAGO DE CUBA

Piove a dirotto! Non è certo la giornata ideale per andare alla spiaggia di SIBONEY. Allora che si fa? Beh, intanto potremmo andare dall’altra parte della piazza al MUSEO DIEGO VELASQUEZ per vedere la casa più antica di Santiago. Chiediamo una guida: una simpatica signora che parla un po’ italiano (2 parole di numero!) La casa è molto interessante sia per gli ambienti dai meravigliosi soffitti che per gli arredamenti.

Verso le dieci ci prendiamo un cappuccino sotto la loggia dell’albergo (nel cappuccino ci mettono una spruzzata di cannella) poi vediamo una ragazzina vestita come una bambola che sta andando sul roof per farsi le foto. Si tratta di una quindicenne. A quest’età infatti le ragazze diventano signorine ed “entrano in società”. I vestiti sono come quelli da sposa, spesso rosa o azzurri. Loro vengono truccate e sembrano le principesse delle favole. Questa ragazza ha le scarpe trasparenti come Cenerentola ed è veramente bella. Corriamo sul roof per farle qualche foto.

Tornate giù, certe che i ragazzi di ieri non molleranno l’osso, chiediamo al ricevimento se esiste un’uscita secondaria in caso di bisogno. Notiamo poi una ragazza appoggiata al bancone che sorride e curiosa ci chiede il perché. Si chiama Diana Luisa, dice di aver lavorato quattro anni a Milano al consolato (altra fantasia?). Le raccontiamo dell’appuntamento per la spiaggia e che vogliamo sentirci libere. Manco a dirlo arriva Jesus, col suo passo da rappettaro, l’occhiale tattico, tutto “lo so che mi vuoi sotto sotto, perché io sono un gran figo”, ci fa un sorriso da un orecchio all’altro ma si smorza muy rapido quando io, che sto imparando a spararle grosse dai cubani, esclamo “Incredibile! ho incontrato questa amica cubana che conosco da due anni! Ma guarda che caso! Sicché vogliamo stare un po’ con lei e poi tanto il tempo è brutto”. Diventa serissimo, della serie “ok grazie della sòla”, capisce perfettamente che è una balla madornale, probabilmente conosce pure la ragazza. Ahhahhha! Adiòooos !

Diana Luisa prontamente si propone come guida per la città o qualunque posto desideriamo. Della serie te ne scolli uno e te ne ritrovi un’altra… ma qui è così..

Diana Luisa ci porta in un posto incredibile, un immenso stanzone dove lavora il suo ragazzo: un negozio di riparazione di televisori. Ce ne sono alcuni spettacolari. Ci facciamo un paio di foto con gli operai che naturalmente ci corteggiano spudoratamente ma sempre in modo molto simpatico. I cubani sono molto educati e anche quando ti chiedono se gli paghi una bevuta lo fanno con molta eleganza. Però se all’inizio sei spaesato e pensi “che cos’è un dollaro per me, loro ne guadagnano dieci al mese, dirgli di no mi fa sentire da schifo” dopo un po’ non ti va più, anche perche ok loro non hanno niente però non ce la puoi fare con tutti e questi che sono più svegli sono quelli che se la passano meglio, lo vedi anche da come sono vestiti. Compriamo un po’ d’acqua e chiediamo a Diana se vuole qualcosa. Chiede una birra e nota bene, la porta al fidanzato, non se la beve lei. Poi ci dice che vuole mostrarci una zona molto bella. Per andarci prendiamo un autocarro. Naturalmente il posto è insignificante ma per noi è chiaro che Diana ha un interesse: mostrarci la zona dove i cugini affittano case! Approfitto della sosta per farmi offrire un caffè e tagliarmi la gonna perché è troppo lunga e mi fa caldo.

Andiamo al CASTILLO DEL MORRO. La Fortezza è imponente e il panorama magnifico però Caterina ha necessità di tornare in albergo.

Il nostro albergo ha un sistema moderno di serratura per la camera: la carta magnetica. Appena arriviamo si fionda su in camera mentre io, per lasciarle un po’ di privacy aspetto giù con Diana. Ma… MERDA….. la chiave si è smagnetizzata! Ritorna giù con l’ascensore, che è lentissimo, e sconvolta implora “dammi la tua chiave! dammi la tua chiave! la mia non funziona!” Riparte con la mia chiave mentre il tipo del ricevimento tenta l’imbrocco! Pochi minuti e Caterina è di nuovo giù: “non funziona neanche questa!” sempre col tipo alle calcagna, ma non capisce che è un momento catartico??!!! – almeno è provvisto di una nuova tessera in sostituzione di quella smagnetizzata.

Alla nostra amica regaliamo una maglietta, un rossetto e un bagnoschiuma, doni molto graditi, poi prima di congedarsi Diana ci accompagna alla COCINITA (ndr, non ho trovato riferimenti che esista ancora, fatemelo sapere!) una simpatica bettola frequentata da cubani dove mangiamo insalata, riso e fagioli e beviamo mojito, l’acqua non ce l’hanno. Dopo pranzo ce ne andiamo nuovamente a zonzo anche se oramai Santiago non ha più segreti per noi.

Pss pss, smack smack, i cubani ci seguono. Ma basta! Rifugiamoci nel Museo del Ron! Avendo visitato proprio una raffineria e assistito alla lavorazione della canna da zucchero (leggi il diario del viaggio in Madagascar) il museo non mi sembra un granché. L’assaggio del Ron invecchiato 10 anni però si! E’ profumatissimo e squisito, solo decisamente fuori orario. Alle quattro del pomeriggio siamo già brille.

Torniamo all’albergo, ronfiamo un paio d’ore poi andiamo a cena in un paladar dove l’aragosta in umido fa proprio schifo, il budino invece è ottimo.

Decidiamo di andare da Artex sul nostro solito balcone. Un ragazzo molto carino e molto corretto mi invita a ballare e ci ballo, tra una sorsata di rhum e un’altra, tutta la sera. E’ bravissimo. Ok, sono tutti bravi qui, però hanno tutti un modo differente di ballare. Questo mi piace molto. Mi sa guidare bene, è profumato e non è invadente.

Con disprezzo osserva il comportamento di un ragazzo italiano, che viene a Cuba abitualmente e testualmente afferma “si tromba le nostre chicas e poi fa il gradasso”. Mi piace da morire ballare con questo ragazzo e andrei avanti tutta la notte. Poi la razionalità prende il sopravvento: domani abbiamo il pullman alle 7.30 per Baracoa e dobbiamo essere lì un’ora prima. Perciò torniamo in albergo per fare i bagagli e dormire qualche ora.

 

01/08/2001 BARACOA

Alla Stazione dei pullman VIAZUL www.viazul.com di Santiago non c’è nemmeno un baracchino per prendere qualcosa da mangiare o da bere. Chiediamo a un signore che risponde : “espera, que quieres?”  Qualsiasi cosa. “Ok, espera ”. Dopo dieci minuti torna con tre panini al formaggio. Probabilmente se li è fatti fare a casa sua. Facciamo caricare i bagagli poi alle 7.30 puntualissimo il pullman parte: destino BARACOA.

L’aria condizionata è a palla. Il tragitto meraviglioso. La strada che conduce a Baracoa passa per Guantanamo (dove c’è la base americana) e si chiama La Ferola. E’ stata costruita da Castro dopo la Rivoluzione per cui è recente ed è per questo che lungo la strada, sui muri delle case o per terra ci sono scritte, disegnate con i sassi, a lui dedicate in segno di gratitudine.

Facciamo una sosta sulle montagne per comprare banane e cocorucho, dolce tipico di Baracoa e dintorni, fatto con cocco, miele e cioccolato, avvolto in foglie di banano. Prezzo? Boh, gli diamo due spiccioli e anche un paio di saponette, estremamente gradite.

L’arrivo a Baracoa è traumatico: fa un caldo infernale e come dappertutto, c’è l’assalto al turista per aggiudicarselo per trasporto, casa particular, paladar e altro… Saliamo su un bicitaxi notando l’indecisione del “pilota” e dei suoi colleghi. Ok sali, no aspetta, ok andiamo.. Allora!?

Un poliziotto ci fa segno di scendere e gli chiede i documenti. Il ragazzo che ci ha agguantato all’aeroporto però non si schioda e ci fa strada fino al Castillo. Lo liquido categoricamente. Via, basta con le ventose. Chiediamo subito informazioni per andare a VILLA MAGUANA www.villamaguana.com .

Non si può andare: manca l’acqua! Ci andiamo lo stesso! No! non si può. Ndr: secondo me ci hanno fregato, non desistete, è un posto fantastico. Decidiamo allora di andare all’HOTEL PORTO SANTO www.hotelportosanto.com che almeno è immerso nel verde e con la piscina e dall’altra parte della baia.

Ci sistemiamo in un bungalow e corriamo a farci il bagno nel mare della piccola baia privata dell’albergo. E’ incredibile: proprio qui è arrivato Cristoforo Colombo! (nei Carabi sono molti gli stati e le spiagge che si contendono l’approdo….). Prendiamo informazioni per andare alla spiaggia di Maguana l’indomani e ce ne andiamo in città per girarla un po’ a piedi e cenare.

Baracoa sembra una baraccopoli, in realtà è forse la città più bella che ho visto. Le sue case sono coloniali e prevalentemente in legno, spesso colorate, tutte con i porticati, c’è pochissimo traffico. Punto di partenza la Chiesa nella piazza dov’è custodita la Croce di Cristoforo Colombo.

Siccome i turisti ne staccavano sempre qualche piccolo pezzetto la croce è ormai di dimensioni ridotte, così l’hanno messa sotto teca. La chiesa è bella solo di fuori ma dentro mi colpisce una cosa: nelle nostre chiese normalmente c’è l’organo, in questa c’è una BATTERIA!!

In tutta Cuba le porte delle case sono sempre aperte. A me piace sbirciare, notare l’arredamento e la gente che sovente è sulla sedia a dondolo in prossimità dell’entrata. Una nonnina ci vede e noi la salutiamo cordialmente. Ci invita ad entrare e ad accomodarci sul divano. Mentre la nuora ci prepara il caffè lei ci racconta tutte le sue malattie: cuore, osteoporosi, fratture, operazioni da fare, la pelle cascante… ha 82 anni, suo marito 93 ed è un po’ intontito. Riprendiamo a girare, tutti sorridono e rispondono ai nostri saluti.

Un’altra signora ci chiede di scattarle una foto col figlio perché non ne ha, poi ci dà l’indirizzo per spedirgliela. La sua mamma è una vecchietta arzilla ma malandata. Quando tiriamo fuori l’aspirina ci cosparge di baci.

Dal fornaio vorremmo comprare un panino perché il profumo è veramente invitante ma ci vuole la tessera. La signora si guarda intorno poi ci fa segno di entrare nel laboratorio. Per due panini ci chiedono pochi pesos cubani. Non li abbiamo, gli diamo un quarto di dollaro e manca poco impazzisce.

Ci addentriamo in una zona periferica ed evidentemente più povera. Anche qui lasciamo aspirina e sapone a chi ci sembra ne abbia più bisogno. Stiamo fra l’altro cercando il ristorante di Walter (un indirizzo indicato sulla guida) ma non riusciamo a trovare la strada. Un bambino bellissimo si sta nascondendo dietro a un palo: cerco di fotografarlo ma è timido. Caterina cerca di invogliarlo mostrandogli una penna.  Una signora dall’aspetto antipatico si mette nel mezzo e così facendo elimina del tutto la possibilità che il bimbo si faccia fotografare.

Ci fa delle domande ma capiamo poco: ancora non abbiamo messo l’orecchio sulla frequenza cubana, la pronuncia è differente, molto biascicata, e le parole troncate senza la finale. Ci mostra un blocco di multe e ci spiega di essere una ispettrice. Ma di che?? Fa le multe a chi non si comporta bene e ci fa capire che anche prendere una penna non è un comportamento che va bene. E’ pazzesco!

Insiste per sapere dove siamo alloggiate e cosa stiamo cercando. Walter! Walter è morto, ha preso un colpo dietro la testa. Ve lo dico io dove dovete andare. Questa è capace di passare a controllare a vedere se siamo dove ci ha detto lei. Ci informa che ha scritto molte multe oggi e mostra la sua penna.. abbiamo capito, tu fai le multe a chi sgarra però vuoi la penna…

Girelliamo ancora un po’ finché arriviamo davanti al ristorante segnalatoci dall’ispettrice, sarà di un parente di sicuro. A parte il fatto che comunque non ne abbiamo visti altri ci piace. Si chiama EL COLONIAL ed è molto bello.

Porticato, struttura in legno, due ante in legno e vetro molato dividono il salone dal patio. I mobili sono antichi, immancabili i soprammobili kitch (i fiori che si illuminano e cambiano colore sono stupendi).

Fintanto che preparano la cena ce ne stiamo a dondolare su un paio di splendide sedie d’epoca. Come dappertutto si comincia con insalata di avocado, fagiolini, cetriolo, pomodoro e una specie di peperoncino dolce. Caterina prende il cerdo (maiale) e io la tartaruga (buonissima). Da bere MAYABE, la seconda birra cubana dopo la CRISTAL.

Ci serve un ragazzino molto giovane, ha dei lineamenti bellissimi, raramente sorride. Si chiama Felipe. Ci chiede cosa facciamo dopo, rispondiamo che andiamo a dormire perché siamo stanche però possiamo uscire domani. Mi sa che non ci crede. Ma a quest’ora si sarà un taxi? Nessun problema: un fischio, due passaparola e dopo quattro minuti arriva un amico che tiene el coche.

 

02/08/2001 BARACOA – PLAYA MAGUANA

Facciamo colazione, notevole la marmellata, di che sarà? e alle 9.30 siamo pronte per andare con Tony a Villa Maguana. Come in tutti gli hotels c’è sempre un angolo con bacheca che illustra le escursioni. Ma Tony ci da la sòla perché è con un’altra cliente non si sa dove. “Potete aspettare…” sì, ciaooo

Quanto prende un taxi per andare a Villa Maguana e tornare all’hotel? Mas o menos 21 USD. Tony ne costava 7 a testa per 5 ore. Col taxi invece possiamo starci tutto il giorno. Prima però dobbiamo fare un salto in città per prenotare il pullman per Santiago e possibilmente anche quello per Trinidad che parte in coincidenza. No, quello non si può prenotare! speriamo bene…

VIA DI CORSA A MAGUANAAAA!!!!

ARIEL HERNANDEZ ACOSTA, il taxista, ci mette una cassetta di canzoni di Paul Anka. Credo che una qualsiasi nostra cassetta lo farebbe impazzire.

La baia subito a sinistra di quella privata di Villa Maguana è superba. Il mare è da urlo. C’è poca gente ed è veramente uno spettacolo.

Ci crogioliamo al sole e sguazziamo nell’acqua turchese. Ci sono alcune abitazioni in prossimità della spiaggia. Ogni tanto un maialino domestico e simpatico passeggia vicino a noi. Una signora con un machete più grande di lei stacca dei frutti dall’albero, li spacca e tira fuori una specie di mandorla dolce che ci offre. Ci sorridiamo. Un ragazzino, forse il figlio, ci chiede se vogliamo bere il succo del cocco. “Ok, però” ci avvertono “se arriva la polizia non ci conosciamo”. Non possono parlare con i turisti!!

Come possiamo ricambiare? Una penna per il bambino ce l’abbiamo!

Con occhi che parlano gli faccio vedere la penna, poi mi avvicino all’albero, ce l’appoggio, e me ne torno sulla spiaggia. Dopo pochi secondi la penna è sparita.

Per noi è una realtà incomprensibile, per loro difficile, la signora dice “una pagliacciata!” quando torna per ringraziarci.

Alle cinque facciamo ritorno all’hotel. Un tuffo in piscina, dove dentro ci sono i paguri e pure un granchio, un mojito con platanos fritos per aperitivo e poi via a Baracoa di nuovo al Colonial. Stasera oltre a Felipe ci sono Oki e Ronaldo.

Cena a base di pesce e poi attesa infinita che se ne vadano i clienti del ristorante per andare a ballare. Oki e Felipe ci portano al Paraiso, una mega discoteca nel punto più alto di Baracoa dove si balla sia musica disco che reggae e salsa, ma niente di che…

 

03/08/2011 BARACOA – TRINIDAD

Sveglia – bagno in piscina- colazione al limite dell’orario (Caterina regala un rossetto alla cameriera che ci accetta lo stesso e ci fa imboscare i panini per il viaggio) -zaini- partenza per Baracoa. Prima di andare alla stazione Viazul andiamo alla Casa della Cioccolata dove quella calda in tazza è una specialità. Ultimo saluto agli amici che alla stazione dei pullman telefonano alla stazione Viazul di Santiago per prenotare la tratta Santiago-Trinidad ma non c’è verso, non si può fare. Gracias y Adiòs!

Fino a Santiago tutto bene. Appena arriviamo alla stazione ci diamo i compiti: Caterina ai bagagli, io alla biglietteria per la coincidenza per Trinidad.

Sono tra i primi in coda ma il tipo che vende i biglietti non c’è! Dove sarà?

Finalmente arriva ma con un annuncio: per Trinidad e per Avana non ci sono più posti a meno che non ci sia la prenotazione! Questa scena mi ricorda LISTA D’ATTESA di Juan Carlos Tabio, un esilarante film cubano che vi consiglio di guardare. Inutile replicare che la prenotazione non ce l’hanno fatta fare.

Resto calma in fila, al mio turno con la più grande faccia di bronzo e i dollari in mano dico “DUE BIGLIETTI PER TRINIDAD, HO PRENOTATO DA BARACOA”.

L’impiegato mi chiede il cognome, ovviamente non c’è…, guarda due righe bianche poi mormora OK, prende i soldi e fa i biglietti. Ok andiamo!

Non mi posso mettere a urlare perché darei nell’occhio. Caterina, ignara, sta aspettando con i bagagli. Vai, vai, carichiamo i bagagli, è fatta!! Aver preso la coincidenza ci mette di buon umore – lo siamo sempre state – ma sai quando senti che tutto filerà per il meglio! Viazul da Santiago parte per Trinidad alle 19.30 con arrivo alle 7.00 del mattino dopo. Come al solito sul bus un freddo cane per l’aria condizionata perciò io mi infilo nel sacco a pelo e buonanotte.

 

04/08/2001 SABATO – TRINIDAD

A Trinidad ci immettiamo sulla Calle, è mattina presto per cui regna un’atmosfera tranquilla e i colori pastello delle case contribuiscono all’immagine fiabesca. Imbocchiamo Calle Maceo e raggiungiamo la Plaza Mayor, lindissima.

Di fronte la Chiesa, a lato il Museo Romantico, nel mezzo il giardino, ai lati altri musei. Veniamo subito avvicinate da un ragazzo che lavora in uno di questi musei e ci chiede se abbiamo bisogno di una casa particular, claro que sì !

Dei cubani bisogna fidarsi, hanno un interesse ma in fondo fanno anche il tuo e soprattutto non ti succede niente. Il turista per loro è fonte di extra budget e poi rischiano veramente la galera. Il ragazzo ci conduce da Maria Elèna, che sta al 51 di Calle Encherri (se esiste ancora scrivetemi!) cioè praticamente in piazza! La nostra camera è carina, al piano superiore, la finestra dà sui tetti e c’è il bagno privato. Chiediamo subito di fare colazione: buonissima e abbondante con macedonia, frittata e uovo fritto, latte, caffè, pane, mantequilla, il fantastico succo denso di Guayaba. Maria Elèna è molto gentile. Nella sua casa lavorano due ragazze: Alicia (un mito) e Luisa. Non vogliamo perdere tempo per cui partiamo subito alla scoperta di TRINIDAAAAAAAAD!

TRINIDAD è una città meravigliosa, bella esteticamente, perché restaurata, perché coloniale, perché tenuamente colorata, perché ricca di particolari, perché tranquilla, perché la sua gente è socievole, perché è un sogno! Senza una meta precisa, pronte ad inebriarci di tutto, cominciamo a vagare su e giù per le strade. Le porte delle case sono tutte aperte, come pure le scuri delle grandi portefinestre protette dalle tipiche meravigliose inferriate che ti permettono di vedere gli interni coloniali, gli arredamenti che vanno dal pregiato d’epoca al kitch e la gente che vi abita, spesso sulla sedia a dondolo ad aspettare che si faccia sera e la sera che si faccia notte, a volte in compagnia di un cane, attenta a chi passa e pronta a raccogliere lo sguardo, il sorriso, il desiderio di comunicare e ricambiare.

Conosciamo un medico veterinario che dopo averci chiesto chi erano i sette re di Roma per vedere se li sapevamo meglio noi o lui – ed ovviamente li sapeva meglio lui- ci cita la vita di Giulio Cesare e poi ci invita ad entrare nella sua enorme decadente magnifica casa signorile e ci regala un fiore e una banana del suo albero. Che tutto ti vada bene! L’augurio che spesso la gente di Trinidad ti fa dopo che hai cordialmente scambiato due parole.

E’ una città “campagnola”, infatti anche nella piazza principale la gente passa a cavallo. Anche qui è impossibile sottrarsi all’attenzione degli uomini cubani, che fischiano, mandano baci ecc.

 

A Caterina si è sfasciato un sandalo. Nessun problema, basta chiedere: c’è Ricardo el zapatero! Ricardo non ha un negozio, lavora in casa. Durante l’attesa ci guardiamo con la sua famiglia la telenovela alla TV.

Pranziamo con una pizza da asporto. Il forno è un bidone nella cui parte inferiore sta la carbonella! Caterina fa la coda per la pizza e io aspetto nella casa accanto dove c’è un musicista di bonghi con la famiglia.

A Trinidad c’è un bellissimo mercato di artigianato in una piazza vicino a Calle Menendez dove si vendono tovaglie ricamate a mano, centrini, coperte, maglie e borsette fatte a uncinetto, oggetti di legno, collane fatte con i semi.

Un consiglio: portatevi cinque bandane rosse e farete dei baratti meravigliosi.

Io baratto un braccialetto preso dal senegalese in Italia con un top a uncinetto e poi per 5 USD compro un grazioso e colorato quadro naif. Il pittore si chiama Diego. Grisel ci prende le misure da Grisel per farci fare due vestitini.

Passiamo davanti al Museo Nacional de la Lucha contra Bandidos e il custode ci fa segno di entrare. Noi però dobbiamo rientrare a casa per cena e per incontrare Pepe, un signore che domani ci può portare a cavallo alle Cascate del Caburni. Il custode è un ragazzo decisamente carino e ci dispiace dover rinunciare a visitare il museo dove lavora. Domani (domenica) e lunedì è chiuso e martedì noi ripartiamo, adesso però proprio non possiamo. Pepe infatti ci sta aspettando. Fissiamo per le 9.30 di domani mattina.

Per cena mangiamo aragosta. Aragosta…. bisogna dirlo sottovoce e se viene un controllo bisogna dire che è pollo ed essere veloci a far sparire tutto. La cena è buonissima. Cucina Alicia che convinciamo a venire a ballare con noi stasera, stroncandole la motivazione che non ha niente da mettersi con un vestitino arancione che le presta Caterina.

Ad un certo punto verso la fine del pasto entra in casa il ragazzo carino del museo che frequenta normalmente la casa di Maria Elèna. E’ venuto a prendersi un caffè. Ma guarda che caso! Ci viene presentato: si chiama Frank ma in cubano si pronuncia Fran. Ci propone una visita privata del museo ricco di foto dei rivoluzionari e ci fa salire sul campanile dal quale possiamo godere di una suggestiva vista notturna e panoramica di Trinidad.

Passiamo a prendere Alicia e ci dirigiamo verso la Terrazza accanto alla Chiesa (il tutto è veramente a un tiro di schioppo) dove un complesso suona musica salsa. Alla Terrazza non c’è un gran movimento ed è stracolma di turisti perciò ce ne andiamo alla Casa de la Musica dove ci sediamo a un tavolo e poi balliamo divertendoci un sacco.

 

05/08/2001 DOMENICA, TRINIDAD

Nella casa particular c’è una atmosfera piacevole perché si crea simpatia, curiosità ed è bello chiacchierare, ridere e scherzare. Però quando Maria Elèna ci chiede cosa vogliamo per cena e le rispondiamo che mangeremo altrove si adombra. Alicia mi lancia un’occhiata di approvazione, nel senso di “brave, fatevi i xxx vostri” e di smacco per la signora. Mi spiegherà poi però che se l’ospite non cena nella casa per lei non c’è niente da mangiare. E’ sconvolgente!

 

Alle 9,30 dopo una mega colazione siamo pronte per la cavalcata fino alle CASCATE DEL CABURNI. Pepe ci conduce in carrozza ai cavalli che stanno in una zona periferica. Il mio cavallo si chiama NEGRO (è marrone), quello di Caterina MORO (è grigio). Siccome sono tranquilli per farli muovere bisogna dirgli CABALLO! Claro no?

Appena fuori da Trinidad la campagna si rivela dolce, verdissima, stupenda. Passiamo in mezzo alle piantagioni di banane vicino alle fincas dei campesinos.

La passeggiata a cavallo dura un’ora e mezza buona ed è veramente rilassante, nonostante la calura. Lasciamo i cavalli sotto a degli alberi, paghiamo l’ingresso e ci dirigiamo a piedi alla cascata guidate da un tipo vestito da rivoluzionario (ha anche il fucile). Siamo in mezzo a una foresta rigogliosa e la cascata è bellissima. Sotto ai vestiti abbiamo i costumi perciò senza perdere tempo ci buttiamo nella freddissima piscina naturale incorniciata dalle grotte. Sotto la cascata la sensazione è quella di un idromassaggio e l’acqua sembra calda!

Ci sediamo sulle rocce per riprenderci un po’ ma ci sono delle minuscole specie di ortiche che ci devastano. Poi arriva una comitiva di ciechi e i caballeros ci invitano a ballare alla Casa de la Musica. Ok, ci si “vede” lì stasera.

Verso le una, le due…non ricordo, ripartiamo. A parte il caldo da urlo che fa e le pinzate di qualche moschito apprezziamo anche la passeggiata di ritorno ed è stupendo quando in mezzo ai campi di banane ci mettiamo a cantare con Pepe Guantanamera J Anche il rientro in città è mitico. Io mi sento molto western sul cavallo col cicchino Popular in bocca.

Tra la nottata a ballare e la mattinata a cavallo siamo un pochino cotte. Ci riposiamo un po’ nella nostra camera. Poi Alicia viene ad avvisarci che c’è Frank fuori che ci aspetta. Se prima era di casa ora che ci siamo noi, straniere, non può più entrare perché la Polizia potrebbe  pensare qualcosa, così è costretto ad aspettare fuori.

Girovaghiamo come al solito per le stradine dove può capitare di vedere di tutto ad esempio un maiale al guinzaglio o legato sul dietro di una bicicletta!

Andiamo alla stazione Viazul per prenotare il bus per L’Avana e poi quello per Viñales del giorno dopo. Ma non c’è un modo per arrivare direttamente a Viñales? chiede Caterina. Si, c’è! Un taxi statale! Perfetto, così guadagneremo un giorno e considerando che a L’Avana avremmo dovuto mangiare e dormire risparmieremo. Fissiamo per martes 7 de agosto a las dos y media.

Abbiamo un pò fame… una pizza? Diciamo che è l’unica alternativa a un pasto più o meno completo in un paladar.

La “pizzeria” è situata nell’ingresso di una casa accanto alla rampa delle scale ed è il solito bidone a legna. Aspettando che sia pronta la pizza (senza infamia e senza lode) vengo abbordata da Roberto, un habanero e jinetero. Non ci si può sbagliare: capello rasta, vestito trend, occhiale tattico, sorriso smagliante e camminata rap. Ci dice che in questo momento all’Avana c’è il Carnevale e ci segue per restare con noi al bar a bere qualcosa. Io e Caterina, ormai avviate sulla strada dell’alcolismo, ma a Cuba è inevitabile, ci facciamo un daiquiri, Roberto una cerveza e Frank un refresco che si lascia offrire dopo enormi insistenze. La maggior parte dei ragazzi non perde l’occasione di farsi offrire qualcosa se addirittura non chiede direttamente, ma Frank è diverso ed è molto imbarazzato. Lo siamo anche noi pensando che due bevute corrispondono al suo stipendio mensile.

Riprendiamo le nostre peregrinazioni guidate da Frank che ci porta alla vecchia chiesa sulla collina dove restiamo incantate dalla vista della città. Roberto si è incollato a noi e mi pare che Frank, molto moralista, faccia fatica a tollerarlo. In effetti ha quell’atteggiamento a ganzino che stona tanto con tutto ciò che ci circonda. Per le strade ci sono giocatori di domino. Torniamo a casa che sono circa le otto.  Davanti alla porta c’è un tipo che abbiamo conosciuto ieri che sta aspettando da due ore. A quanto pare gli avevo dato appuntamento..

– DISCULPAME

– Avevi detto che ci vedevamo alle sei

– SI, LO SO, DISCULPAME

– Dopo vai a ballare?

– NON LO SO, SOY CANSADA

– Se esci dove andrai?

– ALLA CASA DE LA MUSICA, CLARO

– Ok hasta luego…

Non gli lascio modo di andare oltre entrando in casa e salutando tutti, jinetero compreso, a cui strizzo l’occhio con fare CANDELA, come dice lui, il che gli fa pensare che mi abbia agganciata, che dopo lo voglio vedere, etc, etc. Ahhahhaha! Povero CANDELAAAAAA!

Svelte ci prepariamo per andare a mangiare nel Paladar di Isabel in Calle Menendez (se esiste ancora per favore segnalatemelo).

Non ci ricordiamo bene la strada ma basta chiedere e descrivere la casa e tutti si danno da fare per aiutarti cambiando addirittura la direzione del proprio percorso per condurti a destinazione. Isabel è una donna dai tratti che sembrano indiani (quelli d’America). A casa sua si cena sul tetto per cui è molto piacevole perchè tira un pò di venticello.

La cucina è ottima, di grande qualità. La tartaruga è proprio fenomenale ed il servizio a cinque stelle: il genero di Isabel ci condisce l’insalatina mista, ci versa la CocaCola nel bicchiere come se fosse un vino di gran pregio e ci intrattiene con le sue considerazioni sull’importanza dell’istruzione, del comportamento, dell’altruismo, della serietà nei rapporti, ecc.. Potrebbe fare il politico. Forse sta cercando di impressionarci e conquistarci intellettualmente. Suo figlio intanto, con grande manualità, modella il pongo e ci fa una serie di animali. E’ bravissimo, avrà dieci anni forse meno. Alla fine della cena l’oratore-cameriere mi chiede se andiamo a ballare… alla Casa de la Musica claro! Praticamente sto dando appuntamento a mezza Trinidad… Peccato che son proprio CANSADA.

A casa, mentre Caterina si prepara, io mi sdraio sul letto un momento…. E’ IL BLACK OUT! Verso le undici e mezza Caterina – che è uscita –  torna e mi toglie gentilmente i vestiti. Pochi secondi di connessione e poi di nuovo il black out.

 

06/08/2001 TRINIDAD- PLAYA ANCON

Che dormita! e che bidone a mezza città che mi stava aspettando a ballare.

Oggi abbiamo deciso di andare al mare alla famosa Playa de Ancòn che tutti dicono essere tanto bella. Abbiamo fissato con Frank che, per i soliti rigidi motivi di orgoglio, voleva seguire il taxi in bicicletta (15km!)

Riusciamo a convincerlo a venire con noi su un ovetto (COCOTAXI) un motorino incastonato in un coso tondo giallo, molto funzionale, economico e fresco!

La playa non è male ma non è tutta sta cosa eccezionale e neppure il mare. Però è tranquilla e si sta bene e per noi è una giornata di riposo.

Ballo anche una salsa con un ragazzo arrivato lì con la famiglia dalla cui macchina esce la musica a tutto volume. Naturalmente poi mi invita per la sera.

Sono stanca di dare sòle perciò gli dico subito di no. Perchè no? chiede. “Perchè non mi piace sentirmi impegnata e preferisco la casualità.” Non gli torna molto però non insiste.

Questa sera abbiamo deciso di cenare a casa ma solo con una mega insalata.

Non sembra ma fra antipasto, generalmente costituito da un’insalata mista di pomodoro (non sempre), avocado, pepino (cetriolo), fagiolini, poi il pasto vero e proprio che può essere carne (maiale, pollo, tartaruga) oppure pescado, camarones o aragosta, più riso e fagioli neri, chicharritas (il platano fritto che sembra di mangiare le patatine) ed il dolce (se ce l’hanno, ma spessissimo no) ci sentiamo sovralimentate.

Con mia grande felicità Alicia vuole uscire nuovamente con noi, solo che Caterina vuole andare alla CUEVA, la discoteca dell’omonimo Hotel, che si trova dentro a una grotta naturale con stalattitti e stalagmiti ma che costa 10 USD a cranio. I nostri amici non possono permetterselo e l’opzione di offriglielo genera una discussione. Alla riusciamo ad organizzarci separatamente. Caterina va con Frank a vedere LAS CUEVAS (riesce a convincerlo ad accettare che lei gli paghi l’ingresso) mentre io ed Alicia andiamo alla Casa de la Musica. Anche se stanno suonando non c’è ancora gente perciò decidiamo di fare un giro. Ci sediamo sullo scalino di una casa di fronte alla Casa della Trova a chiacchierare con una signora che tanto non potrà dormire fino alle quattro per la musica. Alla Casa della Trova la musica è bella ma più melodica, noi invece vogliamo ballare. Alicia mi racconta di essere separata con un figlio grande e che le piace il grande mulatto che l’ha raggiunta l’altra sera a ballare. E’ un uomo per bene, serio, educato e bello (questo è vero). Però suo padre è in fin di vita (ha un tumore alla gola) e non tollererebbe nel modo più assoluto la relazione (figurarsi il matrimonio) di sua figlia (è bianca) con un mulatto. Ha paura di farlo morire di dolore perciò non può esser cosa e anche di nascosto è difficile perchè qui la gente è molto pettegola.

Salutiamo la signora poi ce ne andiamo alla Terrazza di fianco alla Chiesa, dove un gruppo sta suonando e cantando delle belle canzoni. Ai tavoli non c’è posto perciò ci sediamo sulla scalinata. Dopo poco vediamo arrivare Caterina e Frank. Come mai? La Cueva era chiusa?

Ci sono due ragazzi che ballano divinamente con due straniere e poi ballano in quattro scambiandosi le donne in un gioco di figure a tempo perfetto. Poi si aggiunge un terzo ragazzo e ballano in sei questa particolare versione della salsa cubana che si chiama rueda. Il terzo ragazzo aggiuntosi mi piace in particolar modo. E’ quello che va a tempo più di tutti e assomiglia un pò a Speedy Gonzales: magro (ma non secco, fisicamente è proprio bello asciutto) alto (unica differenza col topolino) maglietta e pantaloni al polpaccio gialli, ciabatte (tipo Birkenstock), capelli riccoli lunghi fino alle spalle, baffetti. Gli mancano il sombrero e la coda ed è identico al topolino messicano. Frank nota che ne sono rapita e siccome è un suo amico gli dice che mi piacerebbe molto ballare con lui. Aiuto! non mi sento all’altezza della sua bravura!

Nel frattempo il cantante del gruppo musicale mi sta dedicando tutte le canzoni e in particolare ora DOS GARDENIAS PARA TI. Poi riprende con una salsa e Dubras – alias Speedy Gonzales – viene da me con la mano tesa. Durante il primo ballo ci fermiamo almeno due o tre volte perchè su un giro mi sbaglio sempre. Poi mi insegna il trucco e oplà! ci ballo tutta la sera! Anche quando ci trasferiamo alla Casa de la Musica.

Praticamente la maggior parte della gente che era alla Terrazza si è trasferita alla Casa de la Musica compreso il gruppo che suonava, ma come cliente. Il cantante viene subito a farmi i complimenti e dopo nemmeno due minuti di conversazione mi dice che se sono disponibile sarebbe interessato seriamente a casarse. Matrimonio??!! Per fortuna Dubras mi trascina via per ballare.

Tutti i cubani sanno ballare la salsa e muover la cintura, ma cercano soprattutto altro mentre quelli che amano veramente BALLARE e ne fanno un culto difficilmente ti infastidiscono. Dubras infatti è molto corretto. Comunque anche nei locali c’è la polizia che vigila affinchè non ci siano problemi.

 

07/08/2001 TRINIDAD- VIŇALES

Mattinata passata a: ciondolare per le strade, fare commissioni, ritirare una scarpa da Ricardo el Zapatero, portare l’aspirina a Isabel, mangiare un gelato (Frank si paga il suo 5 pesos cubani, a noi costa 3 USD) (riapro parentesi, questo gelato mi costerà molto più caro fra dodici ore..), visitare il MUSEO ROMANTICO e poi, incredibile, passa un gruppo di turisti di un giro organizzato e in mezzo a loro c’è una mia collega! Urliamo in mezzo alla piazza per la sorpresa mentre tutti si girano e mormorano que pasa?

Baci, abbracci a tutti e via verso nuove avventure.

La taxista si chiama MARIA DEL CARMEN ed abita a Pinar del Rio da dove è appositamente venuta per portarci a Viñales. E’ bionda tinta, tracagnotta e al volante è un diavolo. Con noi viaggeranno altri due ragazzi francesi. Partiamo alle tre sotto una pioggia torrenziale.

Maria ci dice che fa il mestiere di conducente da trent’anni e di non preoccuparci quindi di nulla. Mette un cencino sul contachilometri per non farci vedere la velocità e parte rapida con la musica a tutto volume. E’ molto sicura alla guida, sorpassa gridando a chi le sta nel mezzo e frena con lo stile di un camionista. Mentre guida ad una velocità che secondo noi si aggira tra i 150/180 all’ora canta e balla la salsa.

Ad un certo punto inchioda e fa inversione a U, sull’autostrada!!, perché ha visto un collega provenire dall’altra parte e vuole salutarlo. Già che c’è si mette a ballare con lui in mezzo alla corsia.

L’indirizzo che ci ha dato Maria Elèna è occupato perciò ci dirottano dal cugino che ci fa vedere la stanza. Siamo molto al di sotto dei livelli che abbiamo visto fin’ora e nella stanza fa un caldo torrido. Considerando che siamo molto lontani dal centro decidiamo che non ci interessa. Il signore che ci ha accompagnato a piedi è un pò incavolato e in inglese ci dice scortesemente che allora non troveremo da dormire perchè Viñales è al completo!

Incavolate anche noi per i modi davvero insoliti, diciamo a Maria di ripartire. A quel punto però si incavola anche lei perchè ci racconta che Maria Elèna l’ha insultata accusandola di dirottare i turisti in altre case e non in quelle che indica lei. Ma lei non c’entra niente e se gli indirizzi non piacciono, non può certo costringere i turisti a starci. Che delirio!

Per il momento Viñales non ci fa una buona impressione. Le case sono normali e piuttosto modeste. I francesi stanno seguendo letteralmente gli indirizzi dalla guida ma qui le sistemazioni sono tutte identiche, stesso basso standard e stesso prezzo. Alla fine ci sistemiamo in una casa qualunque, siamo stanche ed io devo correre in bagno.

Ogni casa ha un nome: la nostra si chiama VILLA ESMERALDA (è il nome della signora). La casa è la meno pulita in cui abbiamo alloggiato fin’ora. C’è un bel salotto coloniale e poi la solita parata di oggetti kitch appesi alla parete: il tappeto con raffigurato Gesù, la foto 40×50 della figlia nel giorno dei suoi 15 anni, delle presine, vari oggetti di plastica.

Montiamo la nostra zanzariera e andiamo a letto senza cenare: siamo stravolte.

Fa un caldo pazzesco ma non sopportiamo l’aria condizionata troppo diretta ed ventilatori che fanno rumore. Inoltre io sto male, maledetto gelato!

 

08/08/2001 VIŇALES

Siamo bloccate dalle mie condizioni fisiche, Caterina mi assiste perchè mi sento collassare e non sono in grado né di alzarmi né di mangiare, bevo solo un pò di camomilla. Nel bagno, durante la notte, è mancata l’acqua e manca anche per alcune ore del giorno, l’ideale con la diarrea. Nella camera ci sono le formiche, le porte sono di cartone, alla parete c’è un quadro kitch con delle tigri in un prato. Non sto delirando. Nel pomeriggio cerco di alzarmi ma è impossibile, sono disidratata. Arrivate a sera finalmente riacquisto un pò di forze e riesco a mangiare una zuppa di riso e un pezzettino di pollo. Spero proprio di stare meglio domani, non ce la faccio più a stare in questo posto deprimente e a costringerci Caterina. Sul tardi riesco ad uscire a fare due passi in paese. Abbiamo portato la guida per telefonare agli alberghi dell’Avana. Dopo questo tugurio vogliamo esser sicure di chiudere in bellezza.

Siamo contente quando troviamo posto per le ultime due notti su tre che staremo all’Avana all’HOTEL FLORIDA, è uno dei più belli. Per la notte del 12 invece ci sistemeremo a casa di un amico che lavora a Cuba e che ci aspetta.

 

09/08/2001 VIŇALES- CAYO JUTIAS

Oggi per fortuna mi sento bene perciò facciamo i bagagli veloci.

Da una cabina telefonica chiamiamo l’HOTEL LOS JAZMINES che per stanotte ha posto. Poi prenotiamo un tour per Cayo Jutias presso la RUMBOS con un pulmino che parte da Viñales alle 9.30 Su questo Cayo si arriva in auto perchè è collegato da un pontile. La strada attraversa una regione magnifica.

Giunti sul cayo, si attraversano alcuni chilometri in mezzo alle mangrovie e si arriva in una baia dove la spiaggia è bellissima e selvaggia: non c’è proprio nessuno, la sabbia sembra talco, l’acqua è limpida e caldissima. E’ importante portarsi un repellente contro gli insetti perchè ne è pieno ed attaccano ferocemente. L’unica soluzione è stare perennemente nell’acqua e non è un grosso sacrificio, è stupenda.

Verso le quattro, interamente cosparse di repellente, pranziamo al chiosco della Rumbos (il pranzo è compreso nel pacchetto) e verso le cinque ripartiamo mentre arriva un temporale bestiale, come tutti i giorni a quest’ora del resto, ci si potrebbe regolare l’orologio. Anche i temporali sono spettacolari.

Ci facciamo lasciare direttamente all’Hotel che si trova 3-4 km fuori dal paese.

La nostra prenotazione non è registrata ed è inutile discutere e tanto meno innervosirsi (non amano questo atteggiamento). Chiedo gentilmente di trovarci una sistemazione per la notte. Va bene, c’è posto ma solo per questa notte. Ok, domani è un altro giorno, dice Rossella O’Hara, ci penseremo domani.

Prendiamo possesso del bungalow e ci godiamo la vista della Valle di Viñales: ecco cos’ha di tanto bello questo posto, solo che lo puoi ammirare solo da qui!

Sotto ai nostri occhi si aprono distese di campi verdi che in altra stagione (invernale) sono coltivati a tabacco, due o tre capanne, un enorme mogote (montagna risalente all’epoca giurassica ricoperta di vegetazione, geologicamente diversa dal terreno sul quale appoggia e con grotte all’interno) e qualche mucca qua e là. Sembra veramente una cartolina!

Non abbiamo fame perciò ci facciamo un mojito sulla terrazza a bordo piscina dove ci raggiungono due ragazzi spagnoli: RAMON e MARIA JOSE’. Lui ha tutto l’aspetto dell’artista, però è un avvocato penalista, lei fa la produttrice cinematografica. Chiacchieriamo un pò sorseggiando un altro mojito poi andiamo a dormire.

 

10/08/2001 VINALES- MARIA LA GORDA

La colazione qui non è un granchè. Siamo abituate a quelle caserecce di cui rimpiangiamo soprattutto i succhi. Chiediamo se c’è posto anche per questa notte in albergo ma non c’è. Nella hall c’è un baracchino della RUMBOS.

A questo punto chiediamo all’amico se ci trova da pernottare un paio di notti o a Cayo Levisa o a MARIA LA GORDA. In qualche modo ci arriveremo. Potremmo coinvolgere gli spagnoli che hanno la macchina… vedo Ramon e glielo propongo. Prima di partire per la passeggiata guidata nella valle ci raccomandiamo caldamente con l’amico della Rumbos.

La passeggiata attraverso i campi è veramente bella e interessante, magari in un orario diverso sarebbe più apprezzabile. Entriamo dentro al capannone dove mettono ad essiccare le foglie di tabacco e naturalmente per chi è interessato è possibile comprare i puros direttamente dal produttore. A me ne regala uno che accendo subito per tenere lontano i mosquitos.

Vediamo alcune tipiche piante endemiche tra cui l’albero del turista, perchè si spella come noi quando prendiamo il sole e l’albero della Guayaba che ha un frutto rosso con i semi con cui si fanno uno dei succhi più buoni in assoluto per la colazione. Poi entriamo sotto al mogote per vedere la caverna (naturalmente danno valore a quello che hanno, se vedessero le nostre Grotte di Frasassi o di Castellana impallidirebbero).

Tornate in albergo apprendiamo con immensa gioia che il nostro amico ha trovato posto a MARIA LA GORDA per due notti e vengono anche gli spagnoli!

Ci rilassiamo nella piscina dell’Hotel in attesa di Ramon e Maria che sono andati a fare un giro. Verso le cinque e mezzo carichiamo i bagagli e partiamo. Per ringraziarli del passaggio paghiamo noi la  benzina.

La strada per arrivare è veramente brutta perchè ci sono molte ed enormi buche ma Ramon è un buon pilota. Piove a dirotto e quando smette vediamo l’arcobaleno intero. I chilometri da percorrere sono circa 140. Negli ultimi 20 la strada è delimitata da una folta vegetazione: grandi alberi quasi si incurvano quasi a formare un tunnel. A causa del forte temporale c’è un tronco in mezzo alla strada. Scendiamo dalla macchina per toglierlo di mezzo. Tempo 10 secondi e veniamo divorati dalle zanzare!

L’arrivo a MARIA LA GORDA è proprio un traguardo. L’atmosfera dell’HOTEL MARIA LA GORDA www.hotelmarialagorda-cuba.com è tranquilla.

C’è un bar, un minimarket, i bungalow, il centro diving, il ristorante ed un’immensa spiaggia disseminata di palme con le amache.

Sono le 21.30 per cui ci precipitiamo al ristorante prima che chiuda. Un duo, con chitarra e maracas, canta canzoni tradizionali. La cena è a buffet ma non è un granchè. Facciamo conoscenza con due madrileni, Jesus e Pedro.

Dopo un pò di chiacchere fuori dal ristorante ci trasferiamo al bar e cominciamo con un giro di mojito. Jesus è un dj ed ha con sé un contenitore pieno zeppo di cd  da cui con si separa mai (forse giusto quando fa le immersioni), per cui per la musica c’è solo l’imbarazzo della scelta. Cominciamo a ballare creando un casino sempre più crescente. Verso l’una o forse più di notte, madidi di sudore, lanciamo l’idea di farci il bagno nel mare.L’acqua è tiepida e incredibilmente trasparente. Nonostante la luna sia solo a metà riesco a vedermi distintamente la punta dei piedi. Ci facciamo un lunghissimo e meraviglioso bagno.

 

11/08/2001 MARIA LA GORDA

Ci svegliamo alle nove e mezza.

Maria La Gorda può ospitare un numero limitato di persone per cui, anche al completo, è un luogo tranquillissimo oltre ad essere incantevole. L’acqua è fantastica e già a pochi metri dalla riva ci sono tantissimi pesci colorati. Ieri sera abbiamo turbato questa atmosfera soprattuto per chi va a letto presto in previsione di alzarsi presto per le immersioni.

Trasorriamo la giornata in completo relax, Maria su un lettino, Ramon fa un giro in canoa, io e Caterina facciamo una lunga passeggiata sulla spiaggia fino ad un punto dove c’è una baia stupenda dove non ci sono rocce e ricci prima di entrare. Ce la godiamo un paio d’ore.

Caterina ha fissato per un’immersione pomeridiana insieme a Maria.

A Maria la Gorda ci sono i chechènes” (lo scrivo come si pronuncia), dei piccolissimi moscerini, bastardissimamente ancora più voraci delle zanzare che sono piccolissimi e passano anche attraverso la zanzariera. Sono spacciata!

Il tempo questo pomeriggio è molto nuvoloso. Che peccato per l’immersione di Caterina. Comunque quando torna mi dice che il fondale è bellissimo e che le attrezzature, gli erogatori in particolare, sono tutti nuovi. Andiamo al bar a bere un mojito con gli altri. Conosciamo così un gruppo di francesi a cui chiediamo di dividere il taxi di domani per Pinar. Maria e Ramon forse restano. La serata di ieri resterà irripetibile, alle dieci tutti a letto. Maledetti chechènes!

 

12/08/2001 MARIA LA GORDA – L’AVANA

Vedo i segni dell’incursione notturna di chechènes: sono devastata, sembra che ho il morbillo. C’è un ambulatorio medico qui perciò vado a trovare la dottoressa. Dice che le italiane sono assai gustose per i chechènes e quindi preferite ad altre turiste! Che fortuna!

Putroppo non ci sono rimedi. Ci vorrebbe del cortisone (l’antistaminico non va bene con il sole) però lei di cortisone non ne ha e mi fa vedere che non ha proprio niente. Le chiedo se ha piacere che le lasci qualche medicinale, claro!

Mi tengo lo stretto indispensabile e le lascio aspirina, antibiotici ed antidiarroico che apprezza in particolar modo. Poi vado a far colazione.

Un’altra intera mattinata a mollo nella baia lontano da tutti con maschera e boccaglio per vedere meglio i pesci. Sono tantissimi!

Verso le due rientriamo al bungalow perchè dobbiamo lasciarlo libero. Gli spagnoli ci confermano che restano, i francesi si sono accordati per dividere il taxi con altri connazionali: grazie tante, davvero gentili! Dobbiamo partire in tutti i modi, contratto con l’unico taxi libero e dopo l’ultimo mojito con gli amici, baci e abbracci e via!

Stiamo viaggiando su una LADA (una specie di 124), gialla e in discrete condizioni. Dopo circa 10 km mi viene un dubbio: il taxista ha caricato il mio quadro? Era appoggiato al muro accanto ai bagagli. Gli faccio fermare la macchina perchè voglio controllare nel bagagliaio.

NON C’E’!! Ho la disperazione dipinta sul viso mentre dico “vabbè, lo troveranno Maria e Ramon” ma Caterina dice al taxista che dobbiamo tornare indietro, mentre io cerco di farlo sentire in colpa perchè non l’ha visto.

A lui non importa niente e ci dice che questa inversione di marcia gli costa in gasolina. Concordiamo per tre dollari extra.

Il quadro è ancora lì esattamente dove l’avevo lasciato. Non si nota molto perchè è avvolto nella carta marrone da pacchi. Lo recupero con amore e sollievo. Quattro ragazzi italiani ci chiedono un passaggio per un paese che è di strada distante una decina di km. Sono fortunati, se non dimenticavo il quadro… Facciamo cenno al taxista di prendergli qualcosa per scalarlo dal nostro conto, quando si arriva alla fine di un viaggio ci si ingegna per recuperare quattrini! Quando scendono vedo che gli danno quattro dollari. Durante il tragitto fino a Pinar ogni tanto l’autista affianca un altro taxi, sempre andando, per chiedere al collega se è interessato a portarci all’Avana. Tutti fanno segno di no. Giunti a Pinar chiede ai colleghi fermi e ne trova uno disposto. Il taxi è un’autentica macchina degli anni ’50 ma non capisco quale. Dentro fa un caldo atroce, soprattutto ai piedi, cosa devastante per le mie gambe completamente divorate dai chechènes e quindi pruriginose.

Il taxista ha gli occhi strabici ma è molto serio e professionale. Ai bordi delll’autostrada, ogni tanto, ci sono persone che vendono formaggi e aglio.

Vediamo il punto di partenza di una gara motociclistica clandestina e o due km più avanti vediamo un nutrito gruppo di persone che li aspetta al traguardo. Queste gare generano molte scommesse e quindi molti soldi.

Finalmente arriviamo a L’AVANA. Il taxista ci smonta poco lontano da Plaza de la Revoluciòn e non sente da nessun orecchio la nostra richiesta di portarci fino alla casa. Forse non può proprio. Prendiamo un altro taxi che ci porta in Calle Lealtad entre S. José y S. Rafael, Centro Habana dove vive il mio amico di Firenze che però non c’è perché è andato a lavorare a Cayo Largo.

La signora che ci ospita ci offre la possibilità di vivere in una casa habanera non da turisti. Piacevole è andare insieme a lei a fare la spesa al mercato e triste passare più volte dal supermercato completamente vuoto chiedendo reiteratamente se è arrivato il burro. Come se a distanza di un’ora improvvisamente potesse materializzarsi!

Nelle case del Centro Habana spesso, ai piani più alti, non arriva l’acqua. Siccome noi stiamo in basso assistiamo al via vai dei parenti che vengono a lavarsi prima di cena. La tazza del cesso è ricoperta da una fodera gonfiabile di plastica azzurra (tipo una ciambella da mare). Comodo! Nel pomeriggio guardiamo la TV con la famiglia. I cubani vanno matti per le serie poliziesche.

 

13/08/2001 L’AVANA

Vengo svegliata da uno scarafaggio che mi sta passeggiando sullo sterno…. Buongiorno! Siamo proprio contente di esserci regalate le due notti successive all’HOTEL FLORIDA www.hotelfloridacuba.com un meraviglioso Hotel nella Habana Vieja, a dir poco da urlo!

Visitiamo la città vecchia addentrandoci e perdendoci nelle strade, osservando la decandenza di tanti palazzi. La Cattredrale e la sua magica piazza ci incantano. Il Capitolio fa impressione, è la copia esatta del Campidoglio di Washington. Ci intrufoliamo nel Teatro Nacional dove giovani ballerine stanno facendo le prove. La visita della fabbrica di sigari Partagas è davvero interessante. Ci mostrano gli stock di foglie di tabacco, le donne esperte nel scegliere ed ammucchiare le foglie secondo la qualità, perché ogni strato del sigaro è diverso, le migliori vanno all’esterno. Nella sala dove lavorano le arrotolatrici c’è una persona che legge un libro ad alta voce. Passeggiamo lungo il Malecon, punto di incontro di molti giovani. Non può mancare una sosta alla mitica Bodeguita del Medio per bere il miglior Mojito della città e al leggendario Floridita per il miglior Daiquiri sulle orme di Hemingway.

Andiamo anche al mare a Playa de l’Este, vivendo la spiaggia come gli habaneri. Non so se è perché siamo al termine del viaggio o perché L’Avana ci sembra così diversa da tutto quello che abbiamo vissuto, non ho più voglia di scrivere. A L’Avana dovrò tornarci, per visitarla per bene e per descriverla come merita. A prescindere vorrei tornare a Cuba, per recarmi nelle altre località che non abbiamo visto. Ho però il grande timore che, col trascorrere degli anni, sia cambiata e di non ritrovare l’atmosfera unica che mi ha sedotta in questo viaggio…  Hasta siempre!

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