Australia Occidentale e Red Centre

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AUSTRALIA

 Periodo : agosto 2008

 Durata : un mese

 Tipologia : fai da te

  

 

ITINERARIO WESTERN AUSTRALIA, RED CENTRE, NORTHERN TERRITORY, con scalo ad HONG KONG

LANTAU (Hong Kong) – PERTH – FREEMANTLE – ULURU (Ayers Rock), KATA TJUTA (Monti Olgas), KINGS CANYON (Watarrka), ALICE SPRINGS – BROOME – CAPE LEVEQUE – MONKEY MYA – KALBARRI – CERVANTES – WAVE ROCK – KOWLOON (Hong Kong)

 

Note sui prezzi indicati

HK$ sono Dollari di Hong Kong al cambio di 1,00 € = 8.4 HK$

$ sono in Australian Dollars  al cambio 1,00 € = 1.67 $.

 

Domenica 3 agosto, Firenze/Bergamo > Roma – HONG KONG

 

Io ed Elena partiamo dall’aeroporto di Firenze con il volo Alitalia delle 7.15  dirette a Roma, là ci incontreremo Marzia in arrivo da Orio al Serio.

Arrivate a Fiumicino accendiamo il telefono e Marzia ci informa che sta andando a Linate perché l’aereo è in overbooking.

“A Linate?!! Ma che ti hanno detto? Ti fanno partire?”

Io comincio a pregare, è l’unica cosa da fare.

Dopo poco ci richiama confermando che parte con un volo Alitalia alle 9.30 che arriva alle 10.40.

Meno male, nel frattempo noi andiamo a fare check-in e a segnalare l’arrivo della nostra twin che oltretutto è infortunata ad un piede.

Marzia si è squarciata un piede con la pedalina della moto giusto due settimane prima di partire e la ferita non ne vuole sapere di rimarginarsi nonostante i punti. Non posso pensare ai trek che ci aspettano.

Ora siamo tutte e tre sul volo della Cathay Pacific Airways diretto ad Hong Kong.

Lunedì 4 agosto, LANTAU, HONG KONG > PERTH, WESTERN AUSTRALIA

 

Atterriamo a Hong Kong alle 6.30 del mattino dopo 11 ore di volo. Il fuso orario è di 7 ore, non è necessario il visto.

L’aeroporto si trova sull’isola di Lantau dove si trova il Monastero Po Lin e il Tian Tan Buddha, il Buddha all’aperto più grande del mondo.

Depositiamo gli zaini presso l’apposito Left Baggage e andiamo a prendere l’autobus 51 per andare a Tung Chung ma la cabinovia che sale al Monastero prima delle 10.00 non parte.

Essendo solo le 7.30 decidiamo di fare la cosa più tradizionale: colazione con il Dim Sum.

A Tung Chung troviamo un posto immenso e tipico, le uniche straniere siamo noi e già solo per questo ci piace molto.

Ordiniamo tè al gelsomino, dumplings (ravioli) con carne, dumplings con gamberetti e verdure e una cosa sconosciuta col riso.

Si tratta di una specie di cannellone bianchiccio e molliccio fatto con la pasta di riso da condire con la salsa di soia.

Tutto quanto è piuttosto colloso e fa quasi senso.

Copiando il comportamento dei locali ci mettiamo anche a leggere il giornale a tavola.

“Grazie per averci portato in questo fantastico posto e averci offerto questa fantastica colazione!” è lo sfottò delle twins.

Costo della colazione 105 HK$ in tre.

Per non attendere fino alle dieci verso le nove andiamo a vedere se si può salire in qualche modo su al Monastero.

Decidiamo di andare in bus e tornare con la cabinovia.

L’autobus è vecchiotto e sgangherato e arranca sui tornanti dalle forti pendenze.

Col bus abbiamo modo di vedere tutta Lantau, un’ isola molto verde e ricca di montagne.

Lungo la strada ci sono dei lavori in corso, rallentano la corsa ma ci lasciano il tempo di apprezzare la bellezza dell’isola.

Notiamo che gli addetti ai lavori sono soprattutto donne, portano un cappello di paglia rivoltato in un telo leggero bagnato.

Arrivate a destinazione restiamo impressionate dall’enorme Buddha che dall’alto di una lunga e ripida scalinata domina l’isola con la sua espressione serena. Visitiamo il Monastero dove decine di fedeli bruciano incensi odorosi e pregano poi parcheggiamo Marzia in un giardino e affrontiamo l’ascesa ascetica sotto al sole, con gli scarponi da trekking ai piedi e un tasso di umidità dell’80%. Buddha aiutaci tu!

Lo sforzo è ripagato dallo spettacolo della statua che più ti avvicini più diventa grande e dal panorama che si gode giunte in cima.

Tornate giù recuperiamo Marzia e andiamo a prendere il Ngong Ping Cable Car (round trip 88 HK$, one way 58 HK$). Abbiamo una cabina tutta per noi e la vista è magnifica anche se probabilmente le montagne si apprezzano di più salendo.

Si scorge il sentiero tracciato dai fedeli che compiono il percorso a piedi. Comodamente sedute in cabina, godendo il fresco dell’aria condizionata, riusciamo solo ad immaginare quanta fatica possa costare questa scelta. Ci siamo purtroppo accorte tardi della macchina fotografica che riprende i passeggeri poco prima di scendere perciò siamo venute male: posate sorridenti e acquistate la simpatica foto!

Dopo aver pranzato in aeroporto e ritirato i bagagli partiamo con destinazione AUSTRALIA!

Atterriamo alle 22.25. Fuori ci sono 11 gradi.

Il Perth Shuttle che abbiamo prenotato arriva dopo un quarto d’ora (www.perthshuttle.com.au costo cad 11,66 $).

WITCH’S HAT è il nostro ostello ed è proprio come si vede nelle foto del sito www.witchs-hat.com .

Rimane in una zona molto tranquilla di Perth. Dopo esserci registrate ed aver pagato per due notti (29 $ cad, scontato di 1 $ con Vip Card) veniamo condotte in una stanza con sei posti letto dove c’è gente che dorme. Ma io ho prenotato una tripla! Mentre sto razzolando nello zaino per tirare fuori la prenotazione se ne sovviene anche la ragazza dell’ostello. Ci viene assegnata una gelida stanza tutta per noi e la porta non si chiude. Mettiamo un tavolino a contrasto della porta e ci abbandoniamo al riposo. I bagni sono fuori in comune.

Martedì 5 agosto, FREEMANTLE

Durante la notte mi sono dovuta mettere il pile dal freddo che faceva.

Abbiamo messo la sveglia alle 8.30 ma ci siamo alzate con calma.

Alla luce del giorno possiamo vedere dove siamo: in un quartiere residenziale molto ordinato, con casette col giardino, molte però sembrano abbandonate. Sugli alberi ci sono dei pappagalli coloratissimi e chiassosi, sono Rainbow Lori Keets.

Seguendo le indicazioni della guida porto Elena e Marzia a fare colazione da TARTS (10 $ cad) dove oltre alle delizie pasticcere fanno un buon cappuccino. Ci incamminiamo verso il porto attraversando un parco che ha delle piante bellissime dove c’è la Corte Suprema.

The Tower Bell è un edificio particolare.

Arrivate al molo Elena propone di andare a Freemantle col battello (con la tessera VIP paghiamo19 $ cad anziché 21). Che bello! Così ci facciamo una minicrociera. Il battello attracca un bel pezzo più in su rispetto al centro cittadino forse per indurre i visitatori a prendere l’autobus.

Noi ci facciamo la passeggiata a piedi visto che Marzia si sente in forma.

Freo, come viene amichevolmente chiamata Freemantle, è una tranquilla cittadina, come Perth del resto. C’è un sole splendido oggi quindi si sta bene. Lungo Queen Victoria Street vedo un negozio che comprerei per intero se potessi. Vende lamiere pubblicitarie di tutte le dimensioni e altra oggettistica, peccato che è chiuso. Annuncio subito alle twins che l’ultimo giorno a Perth è da considerare libero, ognuna farà quello che gli pare ed io tornerò qui. Bene, dice Elena, dopo soli tre giorni la Charlie si è già stancata di noi!

Ridendo ripartiamo e gigionando qua e là raggiungiamo il wharf dove pranziamo da CICERELLO’S con Fish & Chips e Squids agliati buonissimi (24 $ in tre). La vista fronte mare che si gode dai tavoli all’aperto è magnifica ed il Guest Pager è un sistema molto funzionale che non abbiamo mai visto: al momento dell’ordinazione, che si fa all’interno del locale e si paga subito, viene consegnato il Guest Pager che è un disco che si illumina quando il cibo è pronto da ritirare.

Rinfrancate ci dirigiamo verso la famosa FREEMANTLE PRISON dove arriviamo just in time per il tour guidato, anzi i tour perché ne facciamo due (offerta speciale Time Tour + Great Escape, 88 $ in tre scontato Vip Card).

Chiediamo una sedia a rotelle per far riposare il piede di Marzia e partiamo. La guida parla veloce ma riusciamo a capirla abbastanza.

La visita è molto interessante, sembra di stare sul set di uno di quei film ambientati nelle carceri di altri tempi. Gli interni di alcune celle sono stati dipinti dai detenuti, alcune hanno ospitato autentici artisti. Il secondo tour (Great Escape) invece è noioso e solo chi capisce perfettamente l’australiano può almeno apprezzare le storie relative alle evasioni. Finita la visita andiamo da Dome per appagarci con una bella fetta di torta poi torniamo a Perth col treno.

Risalendo la città per tornare all’ostello notiamo molti ristoranti etnici, per lo più vietnamiti, in Williams St. Marzia commenta di non avere mai mangiato in un ristorante indiano e allora al ritorno ce la porteremo! Per questa sera intanto saltiamo la cena.

L’ostello è pieno come un uovo e c’è un gran fracasso. Speriamo di riuscire a dormire.. domani ci aspetta Ayers Rock!

Mercoledì 6 agosto, PERTH > AYERS ROCK

TARTS incontra senza dubbio i nostri palati perciò ci torniamo per la colazione poi prendiamo un taxi (25 $) per andare all’aeroporto  dove partiamo alle 13.15 con un volo Skywest dai domestic flights. Siamo in volo per Ayers Rock (ULURU) con la speranza di sorvolare il monolite.

Quando avvisto i Monti Olgas (KATA TJUTA) vengo sopraffatta dall’emozione e comincio a piangere, sono di una bellezza indescrivibile.

Atterriamo alle 17.00 (considerando 1h30 in più di fuso).

Il pullman GT della AAT KINGS è già fuori che aspetta per portare ogni nuovo arrivato al proprio resort. La temperatura è fresca.

Noi alloggiamo all’OUTBACK PIONEER LODGE in un dorm da quattro persone, costo 42 $/notte a testa.

La quarta inquilina ha già preso una postazione, i suoi bagagli sono sul letto. Non ci sono armadietti, dobbiamo fidarci. La camera è essenziale ma ben congeniata. I letti sono ampi e comodi, il lenzuolo e la coperta di cotone forniti non basteranno di sicuro, useremo i nostri sacchi a pelo.

Comunque nella stanza non fa freddo. I bagni sono esterni e numerosi. I cartelli raccomandano un uso moderato dell’acqua.

L’alba è alle 7.20 e il tramonto alle 18.20 perciò essendo le sei ci precipitiamo al lookout point lungo un sentiero di terra rossa.

Il Sunset è bello ma non esaltante, comunque l’abbiamo visto.

Tornate al Lodge scopriamo che c’era un lookout point vicinissimo e con una vista migliore. Domani ci andremo per il Sunrise.

Per cenare c’è una bella e vasta area dove ci sono le cucine e tanti BBQ uno in fila all’altro dove gente affamata ed euforica sta cuocendo carne, salsicce e verdura. C’è un baracchino dove si acquista il cibo da cuocere e tra le carni c’è quella di canguro, di emu e il coccodrillo.

Per ordinare da bere c’è il bar. C’è anche un take-away ma è un po’ misero. Per mangiare ci sono tavoli e panche. Sembra un capannone delle nostre sagre paesane. Ci sono anche dei biliardi e un palco sul quale sta cantando dal vivo una ragazza con l’ausilio di una tastiera.

Non abbiamo voglia di cucinare e il take-away non ci ispira perciò optiamo per un “Salad Bar” (15 $ cad) ovvero tutto quello che ci va dal buffet che propone prevalentemente verdura e frutta: insalata di cavolo cappuccio, patata al cartoccio, pannocchie, zucca lessata, la macedonia di frutta è gelata. Prendiamo un vino rosso al bicchiere, buono e corposo. Per 2 bicchieri di vino + 1 bottiglia piccola d’acqua spendiamo 15 $.

Finito di cenare e chiacchierare andiamo al lookout point vicino alla nostra camera per calcolare i tempi per alzarci domani.

Restiamo rapite dal cielo stellato. La Via Lattea è nitidissima. Non so perché le stelle dell’emisfero australe sembrano molte di più di quelle del nostro, in realtà pare che la quantità si equivalga. Fa freddo. Prima di coricarci riempiamo in bagno un’artigianale borsa dell’acqua calda utilizzando delle bottiglie di plastica. La nostra coinquilina è già a letto  avvolta nella coperta e russa, la sento nonostante i tappi nelle orecchie.

Giovedì 7 agosto, AYERS ROCK (ULURU)

Alle sette meno cinque suona la sveglia e alle sette e cinque siamo già appostate, infreddolite e mezzo addormentate, per vedere sorgere il sole su Uluru poi ci rifugiamo al bar ristorante dove è allestito un grandioso buffet. Conviene mangiare tanto perché il prezzo è fisso e caro: 28 $ a testa!

Allo Shopping Centre acquistiamo le cartoline e chiediamo informazioni sul Scenic Flight con l’elicottero ma i velivoli sono già tutti prenotati. I negozi di souvenir non hanno niente che attiri la nostra attenzione. Al supermercato ci sono i cappelli con la rete per le mosche, ma fortunatamente ce ne sono pochissime. Liberiamo la stanza e andiamo al lookout point a scrivere le cartoline ma tira un forte vento perciò dopo poco veniamo via.

Per visitare Uluru e Kata Tjuta abbiamo prenotato dall’Italia un tour di tre giorni con WAY OUTBACK DESERT SAFARIS, www.wayoutback.com.au , reservations@wayoutback.com.au, costo scontato grazie alla VIP Card 535 $ a testa comprendente trasporto, assicurazione di viaggio, ingresso ai parchi, tasse, vitto e “alloggio”, guida parlante rigorosamente australiano.

Il gruppo deve preparare colazione pranzo e cena nelle aree attrezzate.

Aspettiamo che vengano a prenderci prendendo un po’ di sole. All’una in punto arriva un pulmino particolare color kaki a quattro ruote motrici. Sopra non c’è nessuno. Raggiungiamo le altre 13 persone che compongono il gruppo presso un’area attrezzata per il pic-nic. Hanno già spazzolato quasi tutto, arraffiamo veloci il più possibile. Lavati i piatti si parte. La nostra guida si chiama Andy (diminutivo di Andrew).

Visitiamo il Cultural Centre dove pannelli ricchi di fotografie spiegano la cultura aborigena e fauna e flora del luogo ed è possibile acquistare qualche souvenir, poi veniamo condotti alle pendici di Uluru per percorrere a piedi il perimetro di 8 km.

Bisogna fare attenzione ai cartelli che ogni tanto sono posti lungo il percorso e che indicano di non scattare fotografie.

Ci sono dei punti talmente sacri che è proibito: l’area nella quale è vietato è delimitata dalla visibilità di questi pannelli verticali. Fintanto che sono visibili non si può, appena scompaiono dalla vista si può e ovviamente le pareti più belle sono quelle non fotografabili.

Uluru è davvero enorme e girando attorno al monolite si scopre che ci sono profonde insenature tra le rocce, caverne, pareti diversamente modellate e ripidissime. La scalata di Uluru non è gradita agli aborigeni ma è consentita, se c’è vento forte però è interdetta.

La sosta “sunset-aperitivo” in un ampia area di parcheggio zeppa di pullman delle varie società che organizzano tour sembra un circo. Ci sono gruppi che brindano con spumante nei flute accompagnato da vassoiate di salatini, noi abbiamo i bicchieri di metallo e i crackers. Dipende dal tour operator. Visto che siamo qui fotografiamo volentieri Uluru che cambia colore col calar del sole.

A circa metà strada tra Uluru e Kata Tjuta viene allestito il campo per la notte in un’area dove c’è una cucina ed un tavolo riparato da una tettoia.

Per cena cuciniamo sul fuoco pasta al sugo di verdure e carne di canguro, molto buona.

Essendo a distanza ravvicinata dai Lodge di Ayers Rock ci sembra una cosa un po’ ridicola ma siamo eccitate dalla “prova SWAGS” !

Gli Swags sono nati con gli “Swagsmen”, uomini che giravano il continente in cerca di lavoro con l’equipaggiamento per dormire.

Vengono disposti ancora arrotolati intorno al fuoco, Andy ci spiega come srotolare lo Swag e come riarrotolarlo annunciando che domani la sveglia è alle 5.40 e che alle 6.20 si parte. Nel lasso di tempo tra la sveglia e la partenza dovremo arrotolare gli Swags (vi assicuro che non è una cosa facile), smontare il campo, fare colazione e lavarci. Dopo cena indossando tuta termica, pile, sciarpa, cappello di lana e guanti ci infiliamo nel sacco a pelo sistemato dentro lo Swag e vicino al fuoco ci addormentiamo sotto le stelle. Buonanotte twins!

 

Venerdì 8 agosto, MONTI OLGAS (KATA TJUTA)

 

Buongiorno! Dormito bene? Sìììììì!!

Veloci smontiamo il campo, facciamo colazione e partiamo per andare a vedere da una piattaforma l’alba su Kata Tjuta. Fa un freddo becco. Gli scarponi mi fanno male, oggi userò i sandali sportivi.

I Monti Olgas sono tanti “panettoni” di roccia rossa che sembra sgretolata.

Per l’ingresso vale lo stesso biglietto utilizzato per visitare Uluru (compreso nel costo del tour, per la cronaca costa 25 $).

Durante il percorso, facile e vario, avvistiamo un canguro: ha un musino delizioso, ci guarda poi si allontana saltando.

Mentre gli altri corrono avanti noi ci sdraiamo su un costone roccioso e ci rilassiamo godendoci lo spettacolo della natura che ci circonda.

L’incanto è breve, dopo neanche dieci minuti una valanga di turisti sopraggiunge vociando. Riuniteci al nostro gruppo ripartiamo con il pulmino per andare all’area per la sosta pranzo. C’è chi affetta cetrioli e pomodori alla velocità di un cuoco orientale da accompagnare al formaggio, tonno in scatola, prosciutto di beef e salame a fette sottovuoto. Per concludere il pasto abbiamo mele piccole e buone ed arance grandi e succose.

Tra l’arrembaggio ai viveri, mangiare affamati, lavare i piatti e sbaraccare il campo non superiamo l’ora.

Dopo pranzo facciamo una sosta alla Kings Creek Station dove ci sono dei recinti con emu e canguri, poi ci addentriamo nel bush per trascorrere la notte in un’area lontana da tutto attrezzata e  riservata a Wayoutback. C’è un barbecue convesso tipo wok ed una stufa economica incassata nella muratura della spartana struttura dove c’è anche un lavandino per i piatti.

Il bagno è lontano un centinaio di metri ed è un baracchino di lamiera senza porta; anche la doccia, funzionante con una caldaia a legna, è un casotto di lamiera senza porta. Non ci passa neanche per l’anticamera del cervello di spogliarci per una doccia. Ceniamo intorno al fuoco sedute sugli Swags ancora arrotolati con un gustoso pollo e riso stufato.  Terminata la cena Andy fa notare che ognuno è seduto accanto ai propri compagni nel senso le inglesi con le inglesi, noi tre italiane siamo a fianco, gli spagnoli pure sono un gruppetto. Se vogliamo socializzare dobbiamo fare il gioco dei quattro cantoni e scambiarci di posto. Così, pur con le ovvie difficoltà linguistiche, la serata si anima ed il simpatico Andy contribuisce con aneddoti divertenti. Imbacuccate come al solito entriamo negli Swags dove abbiamo infilato anche una coperta.

 

Sabato 9 agosto, KINGS CANYON (WATARRKA) –  ALICE SPRINGS

 

Oggi visiteremo Watarrka (Kings Canyon) facendo un percorso di 4,5 km (circa tre ore).

Andy raccomanda good shoes, almeno 1,5 litro d’acqua e consegna ad ognuno una barretta energetica.

Dopo averli saggiati ieri abbiamo appurato che i sandali da trekking vanno benissimo e Marzia è in grado di farcela, Andy ci da un po’ di vantaggio intrattenendo gli altri con spiegazioni di geologia. Questo percorso è ancora più bello degli altri. Il primo tratto è in salita lungo una faticosa scalinata finita la quale proseguiamo attraverso dei “panettoni” rocciosi simili a quelli dei Monti Olgas, attraversiamo la Valle dell’Eden che porta con la fantasia all’era Jurassica, tanto che se improvvisamente spuntasse fuori un dinosauro non ci meraviglierebbe affatto, poi ci fermiamo su un plateau dove ritroviamo il gruppo e il nostro Andy che tira fuori una scatola di biscotti assortiti sui quali ci avventiamo. Poco più avanti siamo sul bordo del Canyon che è stupendo. Lo costeggiamo tutto fino al punto nel quale inizia la spaccatura e passiamo sull’altro lato che offre una vista mozzafiato sulla parete a strapiombo del Canyon. I colori variano dal sabbia all’ocra al rosso ruggine.

Lasciato il Canyon partiamo per Alice Springs percorrendo il primo centinaio di km sobbalzando su una strada sterrata.

Ad un certo punto incontriamo degli aborigeni sdraiati su una collinetta. Di fronte a loro c’è un piccolo bus dai cui finestrini entrano ed escono dei bambini giocando. Ci sono molti cani di piccola taglia. Andy scende a parlargli poi torna indietro con una signora a cui passa il telefono satellitare. La signora parla con qualcuno nella sua lingua accelerata ed incomprensibile. Non sappiamo se sono fermi perché il pulmino è rimasto senza benzina o se stavano semplicemente facendo una sosta, nella nostra immaginazione magari la signora ne approfitta per chiamare una parente o un’amica.. ciao come va? i bambini stanno bene?

Tornati alla Kings Creek Station il gruppo si separa, c’è chi prosegue con Andy per un tour di ulteriori cinque giorni e chi come noi sale sulla jeep di un collega per andare ad Alice Springs. Veniamo accompagnati ai rispettivi alloggi.

Noi dormiamo al DESERT ROSE INN, www.desertroseinn.com.au, costo della tripla 80$/notte, con la Vip card abbiamo pagato 70 $.

La camera si affaccia su un parcheggio interno ed ha una parete a vetri scorrevoli, abbiamo un letto per ciascuna e il bagno in camera, dopo due notti nel bush ci sembra oro! In città girelliamo per la Todd St. dove ci sono molte gallerie d’arte aborigena, negozi di souvenir, ristoranti.

Da Woolworths (supermercato) compriamo i biscotti Arnott’s per fare colazione e il balsamo per i capelli.

A cena bisogna andare sul presto perché i ristoranti chiudono presto.

Al RED OCHRE GRILL consumiamo un’ottima zuppa di cavolfiore ed una tenera e saporita bistecca di canguro accompagnata da un buon Shiraz-Cabernet australiano spendendo 28$ a testa.

Al Desert Rose Inn Marzia esce dalla stanza per telefonare a sua madre. Mi affaccio per vedere dov’è Marzia, lei rientra con un balzo dicendo che c’è un uomo strano. In effetti c’è un uomo sulla settantina, brizzolato, razza bianca, camicia a quadri, sguardo spiritato. Chiudo a chiave la porta-vetrata. L’uomo comincia a bussare al vetro. Ci mancava il maniaco! Tiriamo bene le tende, spengiamo luci e tv e smettiamo di parlare, si stancherà. Se non va via chiamo la polizia (nr 000). Ci pare se ne sia andato ma per sicurezza spostiamo il frigorifero contro la porta.

Domenica 10 agosto, ALICE SPRINGS

La stanza è fornita di complimentary tea, coffee, milk e c’è un bollitore. Volendo c’è anche una cucina con i tavoli dove fare colazione.

Ad Alice Springs ogni seconda domenica del mese c’è il mercato ma, a parte la simpatica atmosfera, non offre un granché.  I negozi di vestiario da cowboy sono curiosi e attirano la nostra attenzione. Nella piazza c’è un complesso che suona. E’ una bella giornata e fuori si sta bene.

Ci incamminiamo lungo il sentiero che costeggia il fiume per 4,5 km fino alla storica Telegraph Station visitabile per 9,80$ a testa.

La Stazione è ben conservata, la stanza del telegrafo è interessante e ricca di spiegazioni sul suo funzionamento. Gli alloggi contenenti suppellettili originali sono visibili attraverso porte protette dal vetro e dalle finestre, ovunque ci sono foto dell’epoca e descrizioni per dare un’idea di come vivevano i primi coloni qui, in mezzo al niente e lontano da tutto e tutti. In Australia è la natura il vero must ma quello che hanno lo valorizzano al massimo. In definitiva la visita è gradevole come pure la passeggiata per raggiungerla.

In città deambulano parecchi aborigeni. Ciondolano sui marciapiedi, sono sporchi e maleodoranti, i vestiti sono sbrindellati e sono scalzi. E’ una visione molto triste. Abbiamo notato che in città girare scalzi nei negozi e supermercati è un’abitudine comune per gli australiani, anche per i bianchi. Forse è l’unica eredità lasciata loro dagli aborigeni.

Per cena questa sera abbiamo prenotato al BOJANGLES, un Pub reso veramente singolare da quello che c’è all’interno: stivali che pendono dal soffitto, un coccodrillo, moto d’epoca, una cassaforte come quelle dei film, un trenino elettrico che percorre tutte le stanze su pista, una grossa teca che contiene uno scheletro umano che cavalca una moto e tre serpenti vivi che sonnecchiano, sgabelli con le selle da cowboy e ancora tante cose particolari e curiose. Tutte e tre ordiniamo il Bo’s Aussie Outback Mixed Grill: polpette di coccodrillo (piuttosto insipide), filetto di canguro (buono), medaglione di bufalo (eccellente), salsiccia di emu (buonissima e saporita) ed una stopposa polpetta di cammello, serviti con patatine fritte o purè e insalata mista. Costo 26$ a testa. Con un buon Merlot brindiamo al nostro viaggio! Cheers!

Usciamo soddisfatte e tornando al Desert Rose Inn chiediamo ad un tassista fermo per strada di venirci a prendere domani mattina alle 6.45 per andare all’aeroporto, ok.. ci lascia il suo biglietto. Prepariamo i bagagli e andiamo a dormire sperando che il maniaco sia andato altrove (della sua presenza abbiamo informato la reception).

Lunedì 11 agosto, ALICE SPRINGS > BROOME

Il tassista è in ritardo. Gli telefono ma risponde la segreteria telefonica. Poteva anche rifiutarla la corsa e dire che voleva dormire!

Chiamiamo la società dei taxi, nr 131800, e nel giro di un quarto d’ora ne arriva uno.

Arriviamo in aeroporto alle 7.30. il gentile tassista ci augura ALL THE BEST!

Il check-in è ancora chiuso. Ci sono molti italiani diretti principalmente a Darwin. Segnalo che nell’unico negozio di souvenir ci sono delle bellissime uova di emu colorate con disegni aborigeni. Il volo per Darwin è breve (due ore) e tranquillo. A Darwin sostiamo in transito tre ore.

Al piano superiore oltre all’immancabile negozio di souvenir c’è un caffè ed il negozio Viva La Body che vende creme, balsami per le labbra, oli essenziali, bigiotteria particolare, kimono di cotone, borsette e beauty. Noto che Marzia è estasiata dal profumo di una crema al mango mentre Elena commenta che le piacciono molto i braccialetti. Scendiamo a fare check-in poi ci sediamo in corrispondenza del gate e aspettiamo il volo per Broome. Mi allontano dicendo alle twins che vado a dare un’occhiata in giro e torno al negozio di oli profumati. Compro la crema al mango per la Marcie, un braccialetto per Nena e un Sweet Orange Lip Balm per me. Vedendo il sacchetto Marzia commenta “non hai resistito eh?”

E’ fargli un piccolo regalo ciò a cui veramente non ho resistito e sono contenta di averle sorprese.

Dall’aereo purtroppo non si vede nulla perché è nuvoloso, io speravo di vedere le spettacolari Bungles Bungles.

Dopo 1 ora e 45 minuti di volo atterriamo a BROOME.

Marzia è contenta perché per i prossimi venti giorni non prenderemo più aerei. Abbiamo calcolato che in totale tra voli internazionali e nazionali il numero dei voli di questo viaggio è di NOVE. Finalmente la temperatura è di nostro gradimento, fa addirittura caldo.

Andiamo a piedi all’ostello KIMBERLEY KLUB, www.kimberleyklub.com, affiliato alla YHA di cui Elena ha la tessera perciò c’è concesso lo sconto del 10%. Costo della camera tripla 115$/notte. La stanza assegnataci è bella grande. I bagni in comune sono poco distanti e puliti.

Ci cambiamo i vestiti alleggerendoci ed usciamo dall’ostello per una serie di commissioni.

La prima tappa è al Broome Visitor Centre dove prendiamo una mappa della città, ci facciamo indicare dove trovare Kujurta Buru con cui abbiamo organizzato i nostri trasferimenti a Cape Leveque, Britz che è la compagnia con cui abbiamo noleggiato il camper per tornare a Perth e da quale punto si vede meglio lo Staircase to the Moon che per l’appunto cadrà nei giorni in cui saremo a Broome di ritorno da Cape Leveque.

Scendendo lungo la costa troviamo la Matso Brewery ma studiandone il menù non ci convince.

Tagliamo verso l’interno attraversando dei quartieri trasandati. I marciapiedi sono un immondezzaio e ci sono vetri di bottiglia ovunque.

Per andare a Cape Leveque abbiamo prenotato un trasferimento in jeep con KUJURTA BURU. www.kujurtaburu.com.au è un’agenzia aborigena gestita dall’efficiente Neil Mckenzie neil_mckenzie@mama.org.au

Negli uffici di Kujurta Buru veniamo subito riconosciute da Neil che per l’appunto ha appena mandato qualcuno all’ostello per lasciarci un messaggio per informarci che domani Stephen Simpson verrà a prenderci alle 8.15 con un Toyota di cui ci fornisce la targa. La strada per Cape Leveque è molto accidentata perciò è meglio non trasportare uova, bottiglie di vetro e tutto ciò che potrebbe rompersi durante il tragitto. Al supermercato Woolworths di Broome acquistiamo le provviste per cinque giorni (colazioni, pranzi e una cena, sapone da bucato, solare e crema doposole). Nelle camere dell’ostello è proibito conservare cibo per via delle formiche ma se è sigillato non ci sono problemi. Telefono al WHARF RESTAURANT e prenoto un tavolo per le otto poi ci sediamo nell’area comune a guardare le Olimpiadi di Pechino alla tv con Federica Pellegrini in sesta batteria che arriva prima stabilendo il record mondiale.

Per andare al ristorante prendiamo un taxi, nell’ostello c’è un telefono gratuito per chiamare quelli della compagnia Chinatown.

Il ristorante è proprio in fondo alla penisola dove c’è il porto. I tavoli sono all’aperto ed è meglio esser coperti perché tira vento.

Mangiamo dei gamberoni all’aglio e un barramundi da leccarsi le orecchie.

Martedì 12 agosto, BROOME > CAPE LEVEQUE

CAPE LEVEQUE si trova all’estremità della Dampier Peninsula a nord di Broome nella regione del Kimberley.

E’ una regione remota raggiungibile solo con mezzi 4×4 o con piccoli aerei. Data la limitata ricettività è fondamentale prenotare con largo anticipo.

Noi alloggiamo al KOOLIAMAN, www.kooljaman.com.au, leveque@bigpond.com.au phone 08 9192 4970, dove si può scegliere tra varie sistemazioni. C’è un ristorante, il Dinkas Restaurant, dove abbiamo prenotato solo le cene ma esistendo un giorno di chiusura bisogna essere organizzati. Per la sopravvivenza comunque c’è un piccolo market. E’ possibile noleggiare asciugamani da spiaggia al modico prezzo di 3 $.

Alle 8.15 carichiamo i bagagli sulla jeep del puntualissimo Stephen e partiamo. La strada è buona poi diventa sterrata, il nostro autista guida molto bene. Ogni tanto ci sono delle deviazioni dirette alle Cattle Station e si riconosce la presenza aborigena dalla bassa vegetazione bruciata.

A Beagle Bay, facciamo una sosta per visitare la Chiesa fondata dai monaci Pallottini che ha altare, finestre e poste della Via Crucis rivestiti da conchiglie di madreperla. Prima di ripartire Stephen ci fa vedere un insetto coloratissimo su una pianta di cotone.

Beagle Bay si trova a metà della strada che da questo punto ritorna ad essere asfaltata consentendo di procedere più veloci.

Arriviamo a Cape Leveque intorno alle 11.30. L’alloggio ci sarà consegnato alle 13.00.

Depositiamo i bagagli e andiamo a vedere la spiaggia selvaggia e semideserta: un incanto. L’acqua è abbastanza fredda. Un gruppo di simpatici signori di Albany sta facendo un pic-nic e ci offre un ottimo Chardonnay della Barossa Valley. Fortunatamente in questa stagione non ci sono insetti, giusto due o tre nelle ore critiche ma un cartello ci mette in guardia contro i serpenti: BEWARE OF SNAKES!

Prendiamo possesso della Cabin nr 5 dove Marc, meravigliato da come viaggiamo leggere, ci porta gli zaini col pickup.

Le Ensuite Cabin (165 $ a notte) sono dei bungalow con bagno, quattro letti, un frigorifero e sono forniti gli utensili da cucina, tè, caffè, zucchero, saponette, bagnoschiuma e balsamo. C’è anche il catino per fare il bucato. Nella veranda oltre ad un bel tavolo e comode sedie di legno c’è l’immancabile barbecue ed il bollitore modello farwest. Ad ogni Cabin è abbinato uno Shelter vicino alla spiaggia, una struttura fatta di legno e paglia, dotata di tavolo, panche e barbecue. Pranziamo sotto la nostra veranda cucinando sul barbecue.

Passa un Aborigeno per chiederci se siamo interessate ad un’escursione in Jeep da fare domani: no grazie, basta girare, desideriamo solo rilassarci e goderci il mare e questo posto è proprio perfetto. Ci rechiamo sulla Western Beach per vedere il tramonto sulle scogliere e avvistiamo le balene! Sono molto lontane, quindi più che le balene vediamo gli spruzzi, ma siamo contente. Venendo via il cielo si colora di rosso. Ceniamo in veranda.

Ci ritiriamo per dormire verso le dieci dopo aver messo una bustina di tisana alla menta del wc un po’ maleodorante.

Mercoledì 13 agosto, CAPE LEVEQUE

Verso le tre di notte ci svegliamo a causa del forte rumore del vento. Una giornata bigia, ventosa e nuvolosa ci dà il buongiorno.

Mentre facciamo colazione fortunatamente viene fuori il sole e il cielo si rasserena. Chiediamo informazioni sulle escursioni praticabili ma non sono di nostro interesse. Scendiamo in spiaggia e ci stendiamo al sole. C’è ancora vento e ben presto siamo piene di sabbia. Facciamo un bagno.

Pranziamo al ristorante con Cutled Prawns e patatine take-away. Torniamo in spiaggia intorno alle tre e c’incamminiamo verso est per raggiungere l’altra baia che è bellissima. L’acqua è particolarmente trasparente e quasi calda. Ci concediamo un lunghissimo bagno cantando.

Rientriamo alla Cabin soddisfatte della nostra prima giornata di mare e di sole. Doccia, capelli e via a cena al Ristorante dove gustiamo un bel piatto di gamberi con insalata verde fresca ed un trancio di pesce enorme. Ingorde concludiamo con un cheese-cake al mango e macadamia.

 

Giovedì 14 agosto, CAPE LEVEQUE

 

Alle tre di notte si alza nuovamente il vento, dev’essere il suo orario. Dal rumore mi sveglio solo io e ho l’impressione che il lupo stia soffiando sulla casa dei tre porcellini. Oggi ci trasferiremo in una Luxury Safari Tent.

La Cabin era disponibile solo per le prime due notti e volendo risparmiare, non tanto da dormire in tenda, l’abbiamo prenotata ugualmente concedendoci il lusso per le ultime tre notti. La Luxury Tent è più costosa (265 $ a notte) ma è meravigliosa, vi consiglio di risparmiare su altre cose ma non su questa esperienza!

Alle 10.00 arriva il pickup per il trasferimento dei bagagli alla nostra Luxury Tent che si chiama I AMUN ed è proprio di fronte al mare. Poggia su una struttura di legno, il pavimento è quindi di legno, c’è il bagno più bello di quello della Cabin, una vera cucina, la camera con tre letti, un settimino, la veranda con un bel tavolo di legno, comode sedie, il bollitore e il barbecue ed una vista ipnotizzante sul mare. E’ favolosa e siamo eccitatissime. Ci piace talmente tanto che per un paio d’ore non ci allontaniamo. Preparo una macedonia di fortuna con una scatola di ananas, albicocche disidratate e due banane da mangiare sulla veranda della tenda: è pure buona!

Nonostante soffi ancora il vento partiamo per una lunga passeggiata sulla spiaggia con l’obiettivo di raggiungere la punta orientale. Non c’è nessuno, forse per colpa del vento. La nostra attenzione è catalizzata dalla marea di stupende conchiglie sulla battigia. Ai margini di una laguna dall’acqua cristallina, ci sono degli uccelli appollaiati sulle rocce. E’ un’immagine idilliaca. Fino alla punta est non ce la facciamo ad arrivare, è troppo lontana. Torniamo un po’ sui nostri passi poi ci stendiamo al sole. Ah.. come si sta bene.. Alle tre si placa il vento che ha praticamente soffiato per dodici ore consecutive! Intorno alle quattro prendiamo la via del ritorno per rientrare proprio al calar del sale.

La vicina di casa viene ad offrirci un grosso trancio di pesce da cucinare. Grazie! non prenderlo ci sembra scortese e poi ci risolve il pranzo di domani. Lo cucineremo sul barbecue. Docciate ci facciamo un aperitivo sulla veranda e poi si va a cena al ristorante dove ritroviamo la signora del pesce. Lei è carina e raffinata, il marito invece vuole fare il simpatico ma non ci riesce. Tenta di spaventarci con fantomatici coccodrilli e maniaci, parla mentre mangia e dice che dove andiamo noi non c’è nulla. Ma vaffanbagno!

Andiamo a letto alle nove dopo aver tirato giù tutte le tende delle“ finestre” e aver tentato inutilmente di buttar fuori della tenda le grosse cavallette.

Venerdì 15 agosto, CAPE LEVEQUE

 

Alle tre di notte si alza puntualmente il vento. È talmente preciso che ci si può rimettere l’orologio. Pare sia un discorso di alta pressione.

Nonostante il vento e la sabbia che si infila da tutte le parti scendiamo in spiaggia. Al di là della prima barriera di scogli verso est c’è la nostra baia preferita. Dedichiamo la giornata al relax, ai bagni, all’abbronzatura e alle foto.

Rientriamo alla tenda verso le quattro e pranziamo con il trancione di pesce cucinato sul barbecue.

Per cambiare concludiamo la serata sulla spiaggia ad ovest dove cala il sole sulle Red Cliffs dove facciamo una lunga passeggiata.

 

Sabato 16 agosto, CAPE LEVEQUE

 

Questa mattina c’è una novità: in fondo ad est c’è un incendio esteso per 5 km, ci domandiamo quanto può essere pericoloso a causa del forte vento. Verso le dieci partiamo con l’obiettivo di raggiungere la punta est che vediamo all’orizzonte.

Avendo solo una piccola riserva d’acqua e tre albicocche secche a testa l’impresa è titanica e disidratante e tra andare e tornare il percorso a piedi è di 15 km. Però più in giù il mare è strepitoso. Rientrate alla tenda tracanniamo tutto quello che c’è da bere poi accendiamo il barbecue per tostarci il pane e cuocere ad occhio di bue due uova a testa poi a cena ordiniamo insalata e Tiger Prawns col riso! Avevamo fame..

Domenica 17 agosto, CAPE LEVEQUE > BROOME

 

Il vento è stato terribile stanotte e questa mattina fare colazione sulla veranda è un’impresa difficile perché vola via tutto.

Purtroppo è anche il nostro ultimo giorno a Cape Leveque, una località veramente bella e perfetta per chi cerca assoluta tranquillità. Una nota di merito ai gestori del Kooljaman ai quali prima di partire ho suggerito di mettere qualche gancio “in casa” per poter appendere le cose ma soprattutto di organizzarsi con una barca per consentire agli ospiti di effettuare il whale watching. A distanza di qualche mese mi hanno scritto per ringraziarmi e comunicarmi che hanno provveduto!

Alle dieci il caro Stephen viene a prenderci.

Andando forte come le sassate impieghiamo due ore esatte per tornare a BROOME.

Essendo arrivati presto ci porta a fare un “giro turistico”. Ci porta a Chinantown al Mangroove Hotel che secondo lui ha la vista migliore per vedere lo Staircase to the Moon, al Wharf e a Cable Beach, una spiaggia bellissima.

Stephen ci lascia davanti al KIMBERLEY KLUB, non prima di averlo pagato perché gli uffici di Kujurta Buru sono chiusi (100 $ cad a tratta, 600 $ totali). Gli regaliamo uno dei nostri cappelli con scritto Italia, lo gradisce molto e lo indossa subito.

Fatto check-in all’ostello andiamo a Chinatown ma è tutto chiuso perché sono le due passate.

Pranziamo al BLOOMS. Elena prende un burger, Marzia un Nasi Goreng (riso indonesiano), io un Dhal (piatto indiano con lenticchie).

E’ tutto buono anche la spremuta di arancia e carota, buttando l’occhio ai tavoli accanto devono essere ottimi anche i dolci.

Passiamo dal supermercato e poi torniamo in ostello.

Per cena vogliamo tornare al WHARF RESTAURANT per assaggiare il granchio, enorme e ben cucinato immerso in un sugo fantastico. Anche la Marcie che è astemia beve lo Shiraz del 2006 che ci sta bene.

Lunedì 18 agosto, BROOME

Facciamo colazione in ostello con un cappuccino imbevibile.

L’unico appunto a questo ostello sono le pulizie dei bagni con conseguente accesso impedito tra le sette e le otto del mattino ovvero quando noi abbiamo bisogno di andarci. Sicuramente non è un problema per i giovanissimi ragazzi che per lo più lo popolano perché dormono fino a tardi.

Alle 10.00 saliamo sullo shuttle dell’ostello per andare a CABLE BEACH. In venti minuti arriviamo alla spiaggia, davvero stupenda, dove tira il solito vento fastidioso. Passeggiamo sulla spiaggia per un paio di km poi torniamo indietro. Sul bagnasciuga ci sono delle strane meduse.

Per fare il bagno c’è una fascia delimitata dove sono presenti il life guard, la scuola di surf ed un baracchino che affitta le sdraio (per un’ora 3 $, mezza giornata 5 $, intera giornata 10 $). Proviamo a stenderci sui nostri parei per prendere un po’ di sole ma il vento ci ricopre continuamente di sabbia che addirittura punge quando tira forte. Io vado a fare un bagno. L’acqua sembra meno limpida rispetto a Cape Leveque, forse per via delle correnti che smuovono la sabbia. E’ molto fredda, marmata al punto da farmi perdere la sensibilità di gambe e piedi.

Pranziamo da ZANDERS, il take-away che sul prato ha tavoli e posti a sedere. Dei gabbiani golosi pattugliano l’area. Alle due riprendiamo lo shuttle per l’ostello dove oziamo un po’ in piscina mostrando la favolosa abbronzatura tendente al rosso come la terra presa a Cape Leveque.

Alle quattro ci incamminiamo verso il MANGROOVE HOTEL per conquistare i posti migliori per vedere lo STAIRCASE TO THE MOON. Si tratta di un particolare fenomeno naturale che avviene nella nostra estate per soli tre giorni di pochi mesi all’anno. La luna riflessa sul fango del mare ritirato per chilometri crea un effetto ottico per cui sembra di vedere una scalinata che sale sulla luna. Occupiamo un tavolo con ben cinque sedie a ridosso della ringhiera che circoscrive il giardino dell’Hotel e dire che siamo in pole position è poco. Ordiniamo delle favolose ed ipercaloriche fette di torta al cioccolato e mango, del vino rosso e ad ogni boccone mugoliamo godendoci torta, vino e tramonto. Verso le sei comincia ad arrivare parecchia gente e a fare parecchio freddo. Consiglio di portare una bella coperta calda o, perché no, nientemeno che il sacco a pelo! Segnalo anche che non sono in vendita bevande calde, perciò può essere utile portarsi anche un bel thermos. Attendiamo pazientemente il momento che si avvicina bevendo altro vino e sgranocchiando anacardi. E’ buio pesto, le luci si spengono, la gente si accalca, veniamo spiaccicate tavolo compreso contro la ringhiera da una vera e propria ressa, i flash delle macchine fotografiche scattano anche se non si vede ancora nulla, all’orizzonte appare una sottilissima striscia arancione, il suono di un didgeridoo crea una magica atmosfera, la luna infuocata comincia a delinearsi e a salire velocemente riflettendo un fascio di luce dorato sul fango. Tra il mormorio degli astanti estasiati scattano centinaia di flash, anche i nostri.

Per la cronaca la luna è apparsa alle sette e il tutto è durato più o meno un quarto d’ora.

Prima di rientrare all’ostello passiamo dalla Town Beach dove c’è un mercato, ma sono le solite cianfrusaglie.

Martedì 19 agosto, in camper da BROOME verso PERTH > 480 km fino alla Pardoo Roadhouse

La scelta del camper è nata dall’esigenza di muoversi in autonomia e percorrere quasi 3000 Km in 10 giorni lungo la fascia costiera.

Abbiamo fissato il camper su internet presso la BRITZ RENTAL,  www.britz.com,  ausinfo@britz.com , da ritirare a Broome il 19 e riconsegnare a Perth il 29 agosto. Costo complessivo del noleggio 2.474 $, è richiesto un deposito pari al 10% a conferma della prenotazione.

Il prezzo comprende l’assicurazione contro tutto, la guida per tutte e tre, il noleggio in città remota e la consegna in altra località, il chilometraggio illimitato e l’equipaggiamento (cuscini, sacchi a pelo, asciugamani, pentole e stoviglie, seggiole e tavolino per campeggiare). Il nostro camper è targato UWV 843, Victoria ed è bellissimo, non nuovissimo ma in buono stato. Non vediamo l’ora di partire. Ci viene mostrato un video su un pc che spiega le dotazioni del camper e il loro utilizzo e tra ninnoli e nannoli si fanno le 9.30.

Passiamo da Woolworths per fare la spesa e alle 10.30 finalmente siamo sulla GREAT NORTHERN HIGHWAY in direzione sud.

I chilometri da percorrere sono molti e la prima parte del viaggio attraversa un paesaggio piuttosto monotono addirittura senza neppure una curva per i primi 500 km. Incrociamo per lo più camper e roulotte trainate da potenti jeep 4×4 e “road trains” ovvero camion con rimorchi, anche fino a 4.

Ci sono anche diversi trasporti eccezionali segnalati da un’auto in testa che li precede di mezzo km e da un’altra auto che fa da scopa.

In questo caso i camion trasportano intere case, piscine, furgoni.

La prima sosta è per il pranzo alla SANDFIRE STATION dove la benzina costa 192.50 cent di dollaro al litro. Il pieno ci costa 70 $. Essendo partite più tardi del previsto non riusciremo a raggiungere Port Hedland come programmato. Ai margini della strada vediamo numerose carcasse di canguri. Siccome vengono fuori all’imbrunire è bene non viaggiare con il buio. Ci fermiamo al tramonto alla PARDOO ROADHOUSE dove ceniamo e pernottiamo nel camp-site. Si trova a 150 Km da Port Hedland, abbiamo quindi percorso 480 km. La sosta powered costa 28$.

Mercoledì 20 agosto, 600 km  fino alla Fortescue River Roadhouse

 

Abbiamo riposato bene nel camper dove abbiamo dormito tutte e tre vicine come ai tempi dell’Algeria in tenda.

Il letto sopraelevato non lo utilizziamo per dormire ma come appoggio per i vestiti. Per dare un’idea del freddo che fa la notte abbiamo messo uno dei tre sacchi a pelo forniti dalla Britz aperto sotto e gli altri due uniti sopra come coperta e nel mezzo ognuna dorme dentro al suo sacco a pelo!

La zona pullula di zanzare, meglio partire alla svelta. Il camper si guida bene nonostante tiri forte il vento.

Dimenticavo! In Australia la guida è a sinistra!

Perdiamo un’ora sulla nostra tabella di marcia per fare un dietrofront di 30 km per accompagnare una signora rimasta ferma con l‘auto perché senz’olio fino alla Whim Creek Station. Attenzione: questa Station ospita solo un pub, non ha né olio né benzina. Per fortuna un gentile roulottista le vende una tanica d’olio e la possiamo riportare alla macchina. La signora vorrebbe pagarci il disturbo ma non è il caso.

Pranziamo a POINT SAMSON in un’area lookout in riva al mare. E’ simpatico aprire le nostre comode poltroncine e il tavolino e godersi il panorama.

Verso le cinque del pomeriggio arriviamo alla FORTESCUE ROADHOUSE, dove sostiamo per la notte al costo di 25$ per il powered site.

Giovedì 21 agosto, 790 km fino alla Hamelin Pool Telegraph Station

Sveglia alle 5.45 per recuperare terreno e raggiungere la penisola di Peron entro sera. Partenza alle 6.45.

La NORTH WEST COASTAL HIGHWAY dapprima offre il solito paesaggio: un canguro spiaccicato, montagne, grida (v. foto) poi un intero campo con gli splendidi fiori rossi Stuart Pae!  il TROPICO DEL CAPRICORNO!

Il cellulare ritrova il segnale dopo due giorni a Carnarvon. Prendiamo un bivio e dopo 12 km di strada sterrata arriviamo alla New Beach dove pranziamo di fronte al mare. Ripartiamo. Altra strada, altri canguri morti, camion, fiori.. alt! una mamma emu con i suoi piccoli!

Sul finire del giorno facciamo fuori due uccellini, sob, perciò passata l’Overlander Roadhouse decidiamo di percorrere gli ultimi 35 km strombazzando col clacson sperando di spaventare uccelli e canguri suicidi mentre il sole tinge di rosso il cielo all’orizzonte. Avvistiamo diverse aquile e ci attraversa la strada un canguro. Questa zona è molto turistica quindi è meglio prenotare prima: a Monkey Mia, Eagle Bluff e Denham abbiamo trovato tutto pieno. Nel Caravan Park della HAMELIN POOL TELEGRAPH STATION fortunatamente c’è posto ma per stanotte è unpowered. L’acqua delle docce è salata. Il simpatico gestore del Camp ci fornisce informazioni per le nostre escursioni.

Ceniamo nel camper con tortellini al sugo sapientemente cucinati dalla sottoscritta abbinati ad un buon Pinot nero francese.

Venerdì 22 agosto, 285 km, MONKEY MIA – Shell Beach

Partiamo per Monkey Mia alle 6.00 facendo colazione in camper con i biscotti.

E’ ancora buio quindi procediamo con cautela e facciamo bene perché restando indenni noi ma anche loro diversi canguri ci attraversano la strada.

Questi animali stanno sul bordo della strada e smossi forse dai fari o dal rumore dei veicoli invece di addentrarsi nel verde saltano sull’altro lato della strada. Qui è oggetto di strage un’altra specie: i coniglietti ( o sono topi?), infatti ci sono anche i cartelli di pericolo che li raffigurano.

Alle 6.30 ci si vede già bene quindi acceleriamo il passo. In giro non c’è un’anima.

Arriviamo a MONKEY MIA intorno alle 7.30 (l’ingresso costa 6 $ a testa). Numerose persone si accalcano sulla spiaggia per vedere i delfini.

Due ragazze Rangers microfonate tengono le persone a distanza e danno spiegazioni. C’immergiamo fino alle ginocchia nell’acqua freddissima ma sopportiamo volentieri perché i delfini sono lì, vicinissimi alla riva e sono troppo belli. Le Rangers informano che si tratta di un’intera famiglia, conta una decina di elementi con tanto di nonna, nipoti e delfino adulto femmina incinta. Ovviamente non si possono toccare ma ad un certo punto le Rangers selezionano alcune persone, soprattutto i bambini, per dar da mangiare ai delfini. Quando i delfini si allontanano e l’assembramento si scioglie. Dedichiamo un po’ d’attenzione ai pellicani poi notiamo che i delfini stanno tornando. Ci piazziamo verso il molo dove i delfini sostano più a lungo e questa volta ce li godiamo a lungo. Elena è anche una fortunata prescelta a cui viene dato in mano un pesce per alimentare i delfini.

L’esperienza dei delfini è bellissima, nonostante l’aspetto turistico della cosa.

Ci prendiamo una bella tazza di cioccolata calda al bar perché nell’acqua ci siamo congelate i piedi.

Il gestore del nostro Camp ci ha consigliato la visita dell’Ocean Park, a pochi chilometri da Denham, sulla famosa Shark Bay.

La struttura é ancora in costruzione, ma sono già presenti alcune vasche ed acquari che ospitano squali, pesci pietra, piccole razze, serpenti marini e altri pesci. C’è anche la guida che spiega. Tutto sommato secondo noi non vale la pena ma se nel frattempo i lavori sono stati terminati magari sì.

Pranziamo alla Whale Bone Beach facendo il consueto pic-nic.

La nostra successiva tappa è a qualche chilometro più a sud alla SHELL BEACH, una spiaggia senza uguali lunga 60 km unicamente composta da milioni di microscopiche conchiglie bianche semitrasparenti. L’acqua è limpida ma piena di meduse. Scattiamo un sacco di foto e ci dispiace proprio dover venire via dalla spiaggia. Rientriamo all’Hamelin Pool dove  possiamo assistere ad un tramonto rosso spettacolare dal belvedere.

Sabato 23 agosto, 300 km fino a KALBARRI

Compensiamo la levataccia di ieri svegliandoci alle otto. Prima di ripartire visitiamo i famosi stromatoliti che sono i fossili viventi più antichi del mondo. Questi fragili microrganismi, osservabili da vicino grazie ad una passerella sull’acqua, sembrano semplici formazioni rocciose, in realtà sono vivi e producono ossigeno. All’inizio della loro esistenza hanno prodotto il 20% dell’ossigeno della terra. Ogni cento metri c’è un cartello con informazioni storiche e biologiche. Per giocare facciamo un po’ di “stromatolite-terapia”, sedute su una panchina respirando a pieni polmoni l’aria per ossigenarci, documentandola con un autoscatto.

Oggi ci aspetta una tappa di circa 300 chilometri fino a Kalbarri, alla foce del Murchison River, nel cuore del KALBARRY NATIONAL PARK, dove pernotteremo due notti. Dalla West Coastal Hwy prendiamo la Ajana K. Road poi deviamo al bivio per i due lookout: il Graham Ross e l’Hawkes Head dove sostiamo per il pranzo. Con la varietà di fiori che c’è ci è presa la passione per la botanica. Questi wildflowers da noi non esistono perciò ogni tre per due ci fermiamo per scendere, ammirarli, annusarli e fotografarli.

Arriviamo a KALBARRI alle cinque meno dieci perciò ci precipitiamo al Visitor Centre che chiude alle cinque per prenotare un tour alle Georges (ci vuole un 4×4 per raggiungerle) con la Kalbarri Coach Tours (non trovo gli appunti col prezzo!) che ci preleverà domani alle 8.00 direttamente al Camp dove dormiremo. Sosta al supermercato, dal benzinaio, nb la benzina via via che scendiamo cala di prezzo qui l’abbiamo pagata 170 cent di dollaro al litro, e arrivo all’ANCHORAGE CAMP PARK che ha piazzole ampie e ben curate, al costo di 37.50$ a notte.

Andiamo a cena al BLACK ROCK CAFE’, meritatamente consigliato dove le porzioni sono giganti ed è tutto è buonissimo.

Perlustriamo le strade deserte di Kalbarri ma è tutto chiuso, gli unici locali aperti sono il Grass Tree che offre piatti particolari con tendenza indio-orientali, la Tavern, il Pub ed un lussuoso ristorante sulla spiaggia. Il famoso Finlay’s Fresh Fish BBQ, consigliato dalla guida, non esiste più.

Domenica 24 agosto, 60 km, Kalbarri National Park

Il bus della Kalbarri C. T. ci preleva alle 8.00 e mentre l’autista si prodiga in spiegazioni si addentra nel cuore del parco lungo una pista sabbiosa giallo ocra fino al Loop. Proseguiamo a piedi su un facile sentiero e raggiungiamo il Nature’s Window che offre una vista sul Murchison River attraverso la finestra di roccia. Dopo una pausa caffè offerta con tanto di dolce al cioccolato dalla compagnia raggiungiamo lo Z Bend dal quale il panorama è mozzafiato. Il fiume si snoda per 760 km in fondo ad un canyon facendo un’infinita serie di gomiti. Autoscatto di rito.

Rientrate al Camp, con il nostro camper andiamo al Mushroom Lookout dal quale, percorrendo a piedi un sentiero di 1,5 km verso ovest, arriviamo su un’ampia spiaggia dove s’infrangono onde altissime. La scenografia di questo luogo ci lascia incantate. Risalendo la collina si trovano i mushrooms e delle rocce fantastiche multicolore e multistrato dalle quali pendono piccole stalattiti. Finito l’anello torniamo al Visitor Center per prenotare un whale watching tour (la zona è famosa per il passaggio delle balene soprattutto in questo periodo dell’anno) ma è già tutto completo! non ci resta che tornare sulle Cliffs con la speranza di avvistare qualche megattera dalla terraferma. Siamo fortunate perché dal lookout Natural Bridge ne avvistiamo un paio. Si vedono bene soprattutto quando emergono dall’acqua e si rituffano di schiena. Questa scogliera è in ogni caso particolarmente bella, vale la pena venire a vederla. Ceniamo in camper con fusilli al pesto e pomodori freschi.

Lunedì 25 agosto, 450 km fino a CERVANTES

Oggi viaggeremo tutto il giorno per raggiungere il Nambung National Park. Passiamo vicino ad un lago rosa, il colore è dovuto alla presenza di particolari alghe. Sostiamo a NORTHAMPTON dove un vescovo inglese ha costruito vari edifici ed una chiesa che però è chiusa. Sotto i portici di Northampton due signore, curiose come tutti gli australiani, ci fanno un sacco di domande. Una delle due è stata in Italia e ci dice che è rimasta impressionata da quanta gente c’è. Anche noi siamo impressionate qui: non c’è nessuno!

Poi ci fermiamo a GREENOUGH perché la sua descrizione sulla guida ci ha incuriosito, la troviamo con qualche difficoltà. La città, considerata antica, è visitabile a pagamento. Per noi che viviamo nel vecchio continente è un’assurdità perciò tiriamo avanti cercando un pub descritto dalla guida come uno di quei posti dal quale non vorresti venire via. Peccato che di lunedì l’Hampton Arms Inn sia chiuso (sulla guida non c’è scritto).

Ripieghiamo pranzando baciate dal sole nel cortile di una chiesa sconsacrata tirando fuori il nostro tavolino e le poltrone.

Alle tre ripartiamo. Tira un forte vento che mi costringe a sterzare costantemente. Il paesaggio è cambiato, il bush ha lasciato il posto a prati verdi resi gialli, viola, rosa-lilla dai fiori e a numerosi allevamenti di pecore e bovini, sembra di stare in Inghilterra.

Il CERVANTES PINNACLES CARAVAN PARK é già chiuso ma si può suonare alla porta dei proprietari (non oltre le 20.30 però).

Le piazzole sono molto larghe e attrezzate. I bagni sono belli e puliti. Condividiamo a piedi un tratto di strada al buio con cinque uomini che tanto per saggiare il terreno ci chiedono qual è la nostra mèta e soprattutto il nostro scopo: socializzare? No, mangiare.

Loro vanno al pub e noi alla Ronsard Bay Tavern dove mangiamo uno scotch fillet ricoperto da una salsa schifosa.

Martedì 26 agosto, 400 km da Cervantes a YORK

Partiamo all’alba per visitare il Deserto dei Pinnacoli (l’ingresso costa 10$ a camper). Il percorso si snoda per 5,5 Km ed è transitabile con il proprio veicolo. Centinaia di pinnacoli dalle forme e dimensioni più diverse (da diversi metri a pochi centimetri) spuntano nel deserto di sabbia gialla.

Sullo sfondo, verso il mare, si vedono delle dune bianchissime, dopo andiamo a vedere anche quelle. Trascorriamo l’intera mattinata nel Pinnacles Desert facendo un sacco di fotografie. Al ritorno vedo in lontananza un canguro sul ciglio della strada. Marzia (alla guida) rallenta.

E’ un giovane canguro e accanto ce n’è un altro adulto. Avanziamo molto lentamente per poterli vedere, ma che belli sono!!? La fantastica visione raggiunge l’apice quando realizziamo che il canguro adulto è una femmina con il cucciolo nella tasca. La mamma attraversa la strada davanti a noi puntellando la coda per aiutarsi, la pancia tocca quasi terra. Arriva un autobus a tutto fuoco, segnaliamo di rallentare per evitare la carneficina inutilmente, per fortuna la famigliola ha già raggiunto incolume la parte opposta della strada. Estasiate da questo incontro ripartiamo per andare alle abbaglianti dune bianche di sabbia finissima e fresca. La salita in cresta è tosta perché sono ripide e si affonda.

Pranziamo in riva al mare in un area attrezzata per il BBQ.

Nel pomeriggio partiamo in direzione Perth aeroporto per riconfermare i voli e poi proseguire fino a York. Dopo venti giorni di semi-isolamento restiamo scioccate dal traffico congestionato di Perth. Il ridicolo ritornello prima di inserirci in una strada era: “A destra? Nessuno” “A sinistra? Nessuno” e così via andare. Gli uffici della Cathay Pacific sono chiusi, telefoneremo.

Arriviamo a YORK con il buio. Per fortuna l’accogliente Caravan Park è ancora aperto.

Per trovarlo bisogna perseverare attraversare il paese, proseguire filo ferrovia e attraversare i binari al bivio segnalato. In questo Caravan Park abbiamo trovato i bagni migliori in assoluto dove abbiamo fatto la doccia più lunga del viaggio con tanto di hit parade a tre voci che tutto il campeggio ha sentito. Solo dopo aver finito ci accorgiamo del cartello che dice di moderare il consumo dell’acqua e non cantare ad alta voce, incredibile! Mentre ci stiamo preparando per cucinare un ragazzo dall’aria un po’ brilla bussa al nostro camper. Farfuglia qualcosa a proposito di veggies e carne. Pensiamo subito di essere nuovamente di fronte ad un maniaco perciò lo salutiamo richiudendo la portiera.

Dopo poco sentiamo nuovamente bussare. E’ ancora lui. Ha portato dei pomodori, una cipolla, salsicce e carne macinata di animale ignoto. Che caro, forse ha finito la vacanza e ci sta regalando i suoi avanzi. Grazie! Esaminiamo la mercanzia. Aggiungendo le salsicce e la cipolla ai nostri pomodori e basilico si può fare un bel sugo, il resto lo buttiamo perché puzza. Il risultato è ottimo e anche lo Shiraz-Cabernet Jacobs Creek!

Fuori fa un freddo pazzesco.

Mercoledì 27 agosto, 320 km da York a HYDEN

YORK é una piccola cittadina dal fascino “New Orleans Style” ad ovest di Perth. Sulla via centrale, tra graziosi edifici coloniali, ci sono due Hotels della metà dell’800, il museo di macchine d’epoca (notevole la Ferrari mod 66 “prova”), un locale di un appassionato che ha in bella mostra le targhe di pubblicità motociclistiche, il supermercato, il municipio, le banche, ricorda un po’ Monopoli. La visitiamo con calma entrando in tutti i negozietti, alcuni sono veri e propri bazar dove vendono di tutto. Proseguiamo tra colline, farms e campi giallo cinabro fino alla Bruce Rock  che non riusciamo a vedere perché piove parecchio. Pranziamo nel camper poi si riparte per HYDEN dove c’è la famosa Wave Rock.

Pernottiamo al WAVE ROCK RESORT & CARAVAN PARK.

Se non facesse tanto freddo potremmo fotografarci sulla Wave Rock col massimo del realismo sotto la pioggia, ci vorrebbe una muta…

Chiuse dentro al camper non patiamo il freddo e cucinando facciamo pure formare una bella condensa.

Giovedì 28 agosto, 210 km da Hyden a FREEMANTLE

Dedichiamo la mattinata alla WAVE ROCK. Scattiamo diverse foto “surfando” sulla parete liscia di quest’onda granitica alta 15 metri dalle sorprendenti striature. Un sentiero di 1,4 Km conduce alla scoperta di altri angoli nascosti: i Breakers, l’Hippo’s Yawn e altre curiose formazioni rocciose, poi sale fino al culmine del monolite centrale dove la vista spazia per chilometri. Ulteriore nota positiva l’avvistamento di tre canguri, nota negativa le zanzare. Alla reception del Caravan Park è possibile acquistare dei souvenir.

Verso mezzogiorno, sotto un cielo ancora incerto, ripartiamo per Freemantle che raggiungiamo verso sera dove ci concediamo il lussuoso FREEMANTLE VILLAGE, un Caravan Park dove la sosta costa 43 $. A nostro giudizio non vale il caro prezzo: le aiuole sono strette e i bagni sono pietosi. Forse gli A-frame Chalets meritano. Per consolarci andiamo a cena da JOE’S, www.joefishshack.com.au, dove si può portare la propria bottiglia di vino (BYO = Bring Your Own) pagando solo 6 S di servizio per l’uso dei bicchieri e del secchiello con il ghiaccio. Noi ci siamo portate uno Chardonnay Jacob’s Creek. Postilla: sono tornata al negozio visto all’andata: è un negozio di Lollies (caramelle), le placche pubblicitarie appese alle pareti sono la collezione privata del proprietario L.

Venerdì 29 agosto, da Freemantle a PERTH

E’ divertente curiosare al mercato coperto di Freo. Ci sono tante cose curiose.

Alle 10.00 prendiamo la Cunnings in direzione Redcliffs poi deviamo sulla Causeway in cerca di un Hotel nel centro di Perth.

Dopo non poche difficoltà a racimolare le nostre cose praticamente esplose nel camper depositiamo i bagagli nel primo albergo dal prezzo sostenibile (140$ per la tripla). Il New Esplanade Hotel a regola dovrebbe piuttosto chiamarsi Old, non è certo il massimo.

Raggiungiamo la Britz dove con una certa malinconia riconsegniamo il camper. Non ci va neanche di mangiare, tutto dire…

In totale abbiamo percorso 4.170 km spendendo 909 $ per un totale di 531,24 litri di benzina ULP.

Torniamo all’hotel in autobus. A Perth c’è aria di festa.

Giriamo il centro tutto il pomeriggio, ceniamo al BOBBY DAZZLER’S al n°300 di Murray St. con un ottimo barramundi e ci godiamo l’ultima sera.

Sabato 30 agosto, PERTH

Colazione da DOME e mattinata divertente trascorsa alla ricerca dei souvenir.

Marzia mi regala una bellissima trousse di pelle stampata, Elena un favoloso pareo. E’ bello coccolarsi a vicenda.

Per non perdere neanche un grammo dei chili acquisiti pranziamo sulla terrazza del SASSELLAS BAR & BISTRO TAVERN, City Arcade, Upper Hay St, dove si mangia bene e si osserva dall’alto la piazza dove c’è la premiazione dei partecipanti all’Australian Safari con moto, jeep e quad.

Giriamo i negozi fino alle cinque e poi torniamo in albergo dove ci aspettano i bagagli da razionalizzare. Come facciamo a comprimere tutto, regali compresi? Per andare all’aeroporto prendiamo un taxi e ci imbottigliamo in una coda spaventosa dovuta ad Andrea Bocelli in concerto al Casinò.

Facciamo presente al tassista che abbiamo i soldi contati ed allora lui taglia sulla destra ed elude l’ingorgo. Ma guarda..

I nostri bagagli ora pesano tra i 12 e i 15 chili, vengono imbarcati con destinazione finale FLR e LIN ma siamo tranquille, Cathay Pacific è una garanzia. Nonostante l’intera giornata trascorsa alla ricerca di regali abbiamo ancora il coraggio di perlustrare ogni metro dell’aeroporto scoprendo che alcune cose costano meno. L’aereo decolla spaccando il minuto alle 00.05.

Domenica 30 agosto, HONG KONG

 

Atterriamo ad Hong Kong alle 8.05 sharp! Prendiamo l’Airport Express che porta direttamente sull’isola di Hong Kong.

Scendiamo alla Stazione Central dove ci investe un caldo umido tanto opprimente che facciamo fatica a respirare.

Decine e decine di donne di ogni età, anziché ritrovarsi in un locale o sulla panchina di un parco sono sedute sotto ai portici per terra su cartoni e tovaglie a chiacchierare, giocare a carte, ascoltare musica dagli stereo, lavorare a maglia. Forse perché questa area pedonale è riparata dal sole.

Ci colpisce anche la scala mobile che sale fino ad almeno cinque strade più in su. Camminare con questo clima é massacrante quindi si sono organizzati. Montiamo sulla scala mobile senza esitare e ci lasciamo trasportare. Osserviamo taxi rossi, pulmini beige e bus a due piani che sfrecciano per le strade. Iniziamo l’esplorazione, nonostante molti negozi siano chiusi essendo domenica, dalla zona degli “ antiquari”.

Passiamo da un negozietto all’altro, gli oggetti sono esposti a montagne, tra le cataste di cianfrusaglie ci sono anche oggetti curiosi.

L’immagine di Mao si trova ovunque. Mao che fa “ciao ciao” con la manina dentro ad una sveglia, Mao stampato sui piatti e sulle borse di tela, Mao stampato sulle bandierine e racchiuso in sfere di vetro. Gli altri oggetti sono per lo più di giada, se è giada.

C’imbattiamo in un grazioso negozio che vende Tè (Holliwood Tea Gallery).

Un po’ per curiosità e un po’ per sfuggire alla canicola entriamo. La vispa proprietaria si mette subito all’opera: scalda l’acqua, bagna il tè, poi scalda tre minuscole tazzine con l’acqua bollente, recupera il tè lavato, ci versa l’acqua per farne l’infuso, riempie le tazzine e c’invita ad assaggiare. Assaporiamo concentrate prima un Jasmine Tea molto delicato, poi una miscela Ginseng + Oolong dal buon sapore deciso, un Fresh New Green Tea ed infine un Oolong. Io compro una sacchetto di Oolong per 95 HK$.

Salutata l’allegra signora proseguiamo. Ci troviamo letteralmente circondate da bancarelle e negozietti di souvenir. Siamo attirate dai ciondoli di “giada” e ceramica: gli animali corrispondono all’anno di nascita, i fiori simboleggiano amore, soldi, fortuna… ci servirebbero tutti! Dopo aver frugato, guardato e chiesto i prezzi ci compriamo un braccialetto a testa felici.

Sulla strada Des Voeux ci sediamo un attimo su un muretto per riprendere fiato: siamo sopraffatte dal caldo e ora anche dalla fame. Una ragazza ci indica un ristorantino al primo piano di un grande palazzo. Il posto non appaga l’occhio ma se ce l’ha consigliato si mangerà bene, speriamo. Ordiniamo un semplice riso con pollo al posto del quale ci portano dell’anatra piuttosto grassa e poco invitante, infatti fa schifo, in più i bagni sono sgradevoli e sudici. Bocciato.

Ad Hong Kong il top è fare un giro a Kowloon!

Per andarci prendiamo la metro. Le macchinette che erogano i biglietti sono fantastiche perché sul pannello riproducono la mappa della metro con le fermate: basta pigiare sulla fermata dove vuoi scendere e stampare il biglietto. Impossibile sbagliare!

Kowloon è ancora più caotica e sudicia di Hong Kong. E’ praticamente un immenso mercato dove regna la puzza e il grigiore. Trascinate dalla fiumana di gente indaffarata nelle compere attraversiamo il mercato della frutta e della verdura; i nostri sguardi sono continuamente attirati da prodotti alquanto strani: una grande “sfoglia” gialla, seccata ma unta, dall’odore nauseabondo che viene tagliata a strisce, enormi funghi secchi e scuri e altre “specialità” mai viste né lontanamente immaginate. Il mercato della carne e del pesce non è da meno, animali di ogni specie, spesso scelti vivi, vengono consegnati “sistemati” all’acquirente al momento del pagamento. Un grande negozio vende radici, intrugli e strane cose essiccate. Nel settore dell’elettronica più che la tecnologia abbondano gli strati di polvere. Nella zona del vestiario e degli accessori la merce esposta ha prezzi interessanti, ma la varietà e la qualità ci sembra inferiore a quella che abbiamo trovato ad esempio nei mercati thailandesi.

Questa peregrinazione è di fatto molto interessante. Fa un caldo insopportabile ma abbiamo ancora un po’ di tempo da sfruttare. Riprendiamo la metro e scendiamo a Causebay per andare al Time Square Mall, un centro commerciale esagerato: otto piani di negozi, il regno dello shopping.

Cominciamo dall’ 8° piano alla ricerca di articoli audio e video. Quando costa l’IPhone? solo 138 HK$, ma con il contratto per due anni con il loro operatore.  Restiamo deluse nel verificare che i prezzi della mitica Hong Kong non sono tanto convenienti.

Passiamo al 7° piano alla ricerca di un nuovo paio di sandali per Marcie. Al negozio della Columbia dove stanno vendendo tutto a saldo trova esattamente quello che cerca, un bellissimo paio di sandali a 250 HK$  (l’equivalente di 23,00 €). Interessanti i negozi di scarpe da ginnastica: costano poco meno che da noi ma ci sono tutte le marche e i modelli sono diversi.

Il tempo è volato ragazze! Dobbiamo riprendere la metro per tornare in aeroporto!

L’avventura non finisce qui.

Giunte a Roma  io ed Elena troviamo il volo per Firenze in overbooking.

Imbarchiamo e salutiamo la Marcie e poi andiamo ad informarci al banco delle liste d’attesa, per l’appunto a Perth abbiamo imbarcato i bagagli con destinazione finale Firenze, speriamo di trovarli. Se partiremo col nostro volo dipende dall’arrivo o meno di altri cinque passeggeri ma casomai potremo prendere il volo delle 13.25 e per il disagio ci verrà rimborsata la somma di 250,00 €.

Mentre attendiamo facciamo conoscenza con due signore australiane di Melbourne, anch’esse in lista d’attesa.

Quasi quasi.. per quattro ore in più.. stiamo alla sorte? Per l’appunto rimangono disponibili solo due posti e toccherebbero a noi. Con gesto magnanimo rinunciamo ai due posti liberi trasferendoli alle simpatiche ed incredule signore che ci ringraziano commosse J.

Loro sono all’inizio della vacanza, non possono partire subito con un intoppo! e noi, facendo bella figura, ci rifondiamo con i 250,00 € (tramite carta prepagata dall’importo prelevabile presso qualsiasi Bancomat dopo 24 ore)  e abbiamo diritto al pranzo gratuito.

Cheers!

Charlie

Guide di riferimento:

HONG KONG, Incontri di Lonely Planet, 1° ediz italiana

PERTH & WESTERN AUSTRALIA, Lonely Planet 5° ediz in inglese

Ringraziamenti a:

Elena,

per avermi chiesto di portarla in Australia,

senza il suo stimolo chissà se e quando ci sarei tornata,

e per avermi trascritto tutto il diario di viaggio

Marzia,

per la sua simpatia ed il suo incanto di fronte ad ogni scenario

si è unita a noi ed è tornata soddisfatta

e ci credo! abbiamo fatto un viaggio fantastico!

Ndr

La mia prima volta in Australia risale al 2002 sulla costa orientale con mia sorella Chiara, il viaggio è durato cinque settimane

Ho conosciuto Elena e Marzia in Algeria nel 2006 e nel 2010 abbiamo nuovamente viaggiato insieme tre settimane in India

 

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