Senegal – Casamance

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SENEGAL – CASAMANCE

Periodo : dicembre- gennaio 2006

Durata : due settimane

Tipologia : fai da te

 

 

ITINERARIO

DAKAR – TOUBACOUTA > attraverso il GAMBIA  > ZIGUINCHOR – AFFINIAM – DIATOK – BOUTÈME – DILAPAO – ELANÀ – KAOLACK – DAKAR

 

Sono venuta in Senegal a trovare Raffaele, un amico che lavora a Dakar. Dopo un piovoso scalo a Casablanca l’aereo della Royal Air Maroc atterra a Dakar. L’hostess annuncia che fuori la temperatura è di 25 gradi. Voilà! esclama battendo le mani il sorridente senegalese accanto a me. E’ tornato a casa.

Raffaele è venuto a prendermi all’aeroporto con un amico. Prendiamo un taxi per andare a casa dopo aver lasciato contrattare l’amico  perché per  i “toubab” il prezzo è almeno il triplo.

La casa è all’Ouest Foire vicino all’aeroporto. E’ la nuova zona residenziale. Le case spuntano come funghi costruite con fantasia e materiali di lusso dai nuovi ricchi: i senegalesi che lavorano da noi in Europa. Le strade non sono asfaltate, c’è la sabbia.

 

Mart 27 dic, Dakar

Dakar è caotica e sudicia, brulicante di gente bellissima e colorata, intasata da taxi e taxi-brousse e altri mezzi tutti inquinantissimi, ammaccati e zigzaganti e se non stai attento rischi ogni momento di essere arrotato. Veniamo spesso importunati da venditori, ambulanti e non. Tutti hanno qualcosa da mostrare, solo vedere!, ma ovviamente da vendere. Giriamo un pò prima senza particolare meta poi con l’obiettivo di pranzare. Dove andiamo? Ci sono diversi ristoranti nella zona del mercato Sandaga ma vorrei pranzare in un posto non turistico.

Chiediamo ad un uomo che subito molla la propria attività per accompagnarci in un buon posto.

Attraverso una serie di vicoli ci conduce in un cortile dove, seduta su uno sgabello, una donnona sta mescolando del riso in un pentolone. Ci sediamo su bassi sgabelli e annuiamo alla richiesta di essere serviti alla maniera senegalese vale a dire mangiare da un unico vassoio. Ca va? Bien sur, ça va.

Sul riso abbondante c’è il pesce. Questo piatto si chiama chep-bu-jan.

Invitiamo l’uomo che ci ha portato qui ad unirsi a noi se ha fame e non se lo fa dire due volte.

Poi però ci si appiccica come se lo avessimo assunto per farci da guida ed insiste per portarci nella bottega del presunto fratello sperando di farci comprare dei batik ma noi non abbiamo voglia di fare acquisti di cose a cui non siamo interessati e di sentirci preda di questi abili venditori perciò  ci congediamo.

Andiamo alla stazione ferroviaria a vedere il treno che attraversando tutto lo stato arriva fino a Bamako nel Mali e poi facciamo un giretto nel vicino mercato frequentato da gente locale.

Compriamo un pezzo di puzzolente e cremoso burro di karité per la pelle, i fiori secchi di “bissap” per fare la tisana e del sapone piuttosto grezzo ma colorato. Una donna ci invita ad annusare una poltiglia da un vasetto facendo segno, ridendo, che va messa in mezzo alle gambe. Ahaaa.. ma certo…per profumarla.. Ride perché stiamo al gioco e rincara la dose dicendo che è per attirare gli uomini! Figuriamoci! neanche le donne senegalesi ne avessero bisogno.. sono bellissime, alcune sono letteralmente da capogiro.

 

Merc 28 dic, Dakar > Toubacouta

Alle 14:30 dopo sei ore di viaggio passando da un taxi all’altro raggiungiamo Sokone . Non è possibile stimare il tempo di viaggio perché i mezzi di trasporto partono solo quando hanno raggiunto il numero massimo dispobinile dei posti a sedere.

Ora siamo su un taxi-brousse e abbiamo fatto una deviazione all’interno di un villaggio per caricare delle capre sul tetto.

La meta di oggi è Toubacouta sul delta del Saloum.

Sosteremo giusto una notte presso il Keur Saloum, un Campément touristique con dei semplici bungalows. Prima di cena facciamo una passeggiata sulla spiaggia dove un paio di ragazzi stanno facendo allenamento.. è un piacere guardarli.. e anche a loro piace farsi notare.

Lungo la strada che ci riporta all’alloggio ci sono dei venditori di sculture di legno molto belle.

Particolari sono le sette maschere che simboleggiano i giorni della settimana, tutte diverse quindi.

Se interessati bisogna contrattare accanitamente perché a Dakar se ne trovano a prezzi stracciati.

 

Giov 9 dic, Toubacouta > via  Barra, Banjul, Serrekunda > Seleti > Ziguinchor

Per raggiungere Ziguinchor via terra senza fare un giro pesca bisogna attraversare lo stato del Gambia. Ora sappiamo che è nuovamente raggiungibile anche via mare con la nave Wilis che ha ripreso la rotta dello Joola affondato tragicamente nel 2002 ma che non c’è tutti i giorni.

Il Gambia non ci piace e ancora meno la sua gente ma è inutile avere fretta. Anche qui c’è da passare da un mezzo di trasporto all’altro, traghetto Barra-Banjul compreso, e soprattutto da sottoporre i passaporti ad una serie di controlli della polizia e degli uffici emigrazione e immigrazione: ne contiamo una decina. Essendo stranieri i nostri documenti vengono letti sapientemente da diritto e da rovescio e arricchiti di numerosi timbri.

La gente qui parla inglese, ci guarda con aria volutamente distaccata o superiore e non è simpatica e comunicativa come il popolo senegalese. Il paese è sicuramente più povero del Senegal. Il degrado è ovunque, la gente è vestita peggio, le banconote sono carta straccia, le mercanzie esposte sono più vecchie e sporche, le strade sono sterrate e quando sono asfaltate sono piene di buche.

Occorre avere molta pazienza perché bisogna viaggiare su  mezzi  scassati, su  strade dissestate non da buche ma da crateri, pigiati come sardine per un tempo indefinibile. Incredibile come gli occasionali compagni di viaggio senegalesi attendano compostamente ogni volta che sostiamo per il controllo dei nostri documenti. Da noi saremmo stati mandati a quel paese un’infinità di volte.

 

Arriviamo a Ziguinchor alle nove di sera.

Ci facciamo portare dall’ennesimo taxi al Campément N’Daari Kassoum e dopo una giornata così faticosa non ce lo meritiamo davvero. Sicuramente è poco frequentato. Sporco, decadente nel senso che cade proprio a pezzi, dimenticato in pessimo stato da chissà quanto tempo. Andiamocene da un’altra parte. Passiamo davanti ad una boulangerie che sta all’interno di un grande edificio coloniale. Una baguette è sempre un piacere.

Le Perroquet, giusto sul fiume, è decisamente più accogliente.

I senegalesi hanno l’abitudine di aggiungere un qua al termine di ogni frase affermativa…  ça va qua!

 

Ven 29 dic, Ziguinchor > AFFINIAM!

Ciondoliamo  tutto il giorno per Ziguinchor  in attesa della piroga per Affiniam.

Un ragazzo ci abborda e tenta di venderci una “pirogata” per Affiniam a 30.000 franchi! Ma è una follia! la piroga pubblica ne costa solo 400! Non riuscendo a convincerci ad un certo punto s’inventa che la piroga oggi non parte.  Non è mica vero! partirà solo alle tre di questo pomeriggio e dobbiamo aspettare ancora un pezzo ma di farci turlupinare non se parla proprio!

Alle tre e mezza iniziano le operazioni di imbarco sulla piroga.

Il sole è cocente e sulla piroga grande, bella e colorata ancora ferma aspettiamo un’ulteriore ora prima che si riempia e parta. Indossiamo i giubbotti salvagente. Il tragitto su un braccio di mare in mezzo al verde brillante delle mangrovie è piacevolmente lento.

Più o meno verso le sei arriviamo al molo di Affiniam. Evviva!!

Dal molo al villaggio c’è un km da fare a piedi lungo una strada di terra rossa. Tutt’intorno c’è una laguna paludosa e all’orizzonte delle palme fanno da sfondo.

Le poche notizie trovate su Affiniam lo descrivono come “un pacifico villaggio adagiato fra i kapok che crescono in mezzo a una ragnatela di piste sabbiose. Il villaggio ha una forte presenza cattolica e vanta uno dei CTRI più belli (CTRI : Campéments Touristiques Rurales Integrés). Situata a sud del villaggio questa case à impluvium dal diametro molto largo è uno dei luoghi migliori della regione per riposarsi qualche giorno”.

Il Campément è chiuso perché c’è un funerale. Al cimitero stanno interrando una donna che è morta di non si sa quale malattia a Dakar. Rimaniamo in fiduciosa attesa, ormai siamo  abituati. Da qualche parte dormiremo. Abbiamo anche  fame: andiamo alla “boutique” dove l’unica cosa disponibile è una baguette con le sardine.

Su informazione e sollecito di qualcuno arriva Nestor, il responsabile di turno del Campément che ce lo apre, ci conduce all’interno e ci assegna una camera. Sembra di stare dentro ad una grande ciambella d’argilla. Le camere sono buie ed essenziali tipo celle di un convento. Ci viene fornita una candela perché nelle camere non c’è l’illuminazione. I bagni e le docce sono in comune con la porta di paglia. Sono puliti e l’acqua corrente è fornita a mezzo di una pompa.

Chiediamo di poter cenare. Viene utilizzato sia il fornello a carbone che una cucina grande a gas a più fuochi. Sulla cucina vedo appoggiato un pacchetto di spaghetti. Chiedo: non vorrete cucinarci questi spero?  noi mangiamo quello che mangiate voi!  Risponde Clementine, la cuoca: riso e pesce vanno bene??  Ma certamente! pfiuu.. meno male gliel’ho chiesto!

Questo posto ci piace.

 

Sab 31 dic, Affiniam – Diatok – Boutème

Super colazione con le immancabili baguettes, burro e delle splendide marmellate fatte al villaggio di  Baila di tamarindo, papaya e bissap!

Poi con calma verso mezzogiorno partiamo all’esplorazione della zona.

Che tranquillità c’è in questo posto! Non ci sono macchine , non c’è inquinamento, non ci sono venditori  e mendicanti. Solo natura e persone  gentili e sorridenti! Ogni persona che incontriamo saluta, si presenta e vuole sapere il nostro nome e soprattutto il cognome! Importantissimo per capire il ceppo di famiglia…

Le presentazioni sono sempre condite da una serie di ça va a cui si risponde ovviamente ça va!

In dialetto djola si dice Kassoumay! E si risponde Kassoumay kep!

Dopo un pò arriviamo ai bordi di una grande laguna. Sarebbe bello farci il bagno. Chissà se è sicura. Proseguiamo il nostro cammino fino ad un villaggio: Diatok. Dei bambini ci danno un grosso frutto di baobab all’interno del quale ci sono i semi che sono commestibili.

I semi del baobab sono grossi, ricoperti da una specie di farina bianca dolce che si scioglie in bocca.. Non è granché per sfamarci ma è sempre meglio di niente.

Veniamo a sapere che poco più in là c’è un matrimonio. Possiamo andarci? Certamente!

In un cortile antistante ad una grande casa c’è tanta gente accovacciata a terra intorno a dei grossi recipienti di metallo pieni di riso.. noi siamo anche digiuni..

Il matrimonio è misto fra una senegalese e un toubab olandese alto e biondo che indossa un completo in stile europeo blu a righe e una cravatta leopardata. Stanno festeggiando da tre giorni! La sposa è bellissima, sembra una regina. Ha un’acconciatura molto elaborata, probabilmente posticcia come ho scoperto che usa molto in Senegal.

Vi va di mangiare qualcosa con noi? E come no?! ci stavamo proprio sperando…

Entriamo in casa. Nella prima stanza ci sono solo donne di una certa età, belle, coloratissime e ansiose di salutarci e di darci il benvenuto stringendoci la mano.. Kassoumay! Kassoumay kep!

Nella seconda stanza ci sono delle sedie  e tre grosse bacinelle di metallo colme di riso e carne bovina.

Ci sediamo scalzi per terra e cominciamo a mangiare con le mani dopo essercele lavate in un catino.

Ci viene spiegato che la tradizione vuole che durante i festeggiamenti alla neo-moglie e alla sorella dello sposo vengano dati dei panni da lavare. Se finisce prima la moglie il primo figlio della coppia sarà sarà maschio, altrimenti sarà una femmina. Ci assicurano che è sempre così! E’ un metodo infallibile!

Io sono un po’ in ansia per il ritorno perchè la strada da fare non è poca (circa 11 km) e col buio potremmo non essere in grado di riconoscere la strada. Così a malincuore ci congediamo  ringraziando e augurando a tutti ogni bene consapevoli di perderci la parte migliore della festa: le danze.

 

Rientrando al villaggio di Affiniam scopriamo di non averlo affatto attraversato e visto questa mattina. E’ esteso. Ci sono molte abitazioni, la chiesa , la scuola, un centro polifunzionale, il foyer dell’amicizia e il cimitero. Siccome è l’ultimo dell’anno Nestor, Clementine,  Anna, Sebastiana, Augustin e non so più chi perché non ricordo i nomi  quasi timidamente propongono di cenare insieme. Ma è fantastico! E come vuole l’usanza locale si mangia attingendo dallo stesso vassoio.

Grande cenone con carne macerata con pepe e cipolle e patate fritte per contorno! una vera bontà.

Visto il clima amichevole che si instaura durante la cena Nestor ci invita a passare il Capodanno a casa sua al villaggio di Boutème ponendo come unica condizione di dover assolutamente fare le cinque del mattino! Noi abbiamo scarpinato tutto il giorno e saremmo anche cotti ma quando ci ricapita un’occasione come questa??! Ok accettiamo!!

Partiamo in sette su una macchina scarcagnata con Nestor nel bagagliaio. Sulla macchina sono state caricate due casse della mitica Gazelle, la birra di produzione nazionale, che puoi bere all’infinito senza pericolo di ubriacarti perché è leggera e mentre andiamo scorre nell’allegria generale.

Andiamo a casa della madre di Clementine per salutarla e festeggiare con lei il nuovo anno. Ma è questa la festa? Allo scoccare della mezzanotte  ci scambiamo gli auguri. Qui usa darsi quattro baci: tre alternati sulle guance  e l’ultimo sulla bocca, tra uomini e donne indifferentemente. Questi hanno dei labbroni…

Una mezz’ora più tardi si riparte con la macchina per andare a casa di Nestor. Ci fanno accomodare fuori su delle seggiole. Ma questa festa non è come ce la immaginavamo! e bisogna farci le cinque…

Ma dentro casa, dove c’è un po’ di musica, non  ballano? Vado a vedere.

Sì, c’è una coppia che balla! La musica è gambiana e non è male. Un ragazzo balla talmente avvinghiato ad una ragazza che ci viene spontaneo chiedere alla moglie se non è gelosa. Ma no..

Stanca di starmene lì impalata mi autoinvito a ballare con un ragazzo che si mostra subito disponibile.

Dice che sono molto brava. E capirai! mica è difficile. Praticamente è un lento però ritmato.

Piano piano la festa prende corpo, letteralmente! le danze salgono nel ritmo tra salti e prodezze. Balliamo con i nuovi amici e ci divertiamo.

Torniamo al Campément con la prospettiva di un paio d’ore soltanto di riposo perché abbiamo fatto il pensiero di andare alla Messa domani mattina ed è alle otto!

 

Dom 1 gen 2006, Affiniam

Alle sette e mezza suona la sveglia. Anche se  rimbambiti dal sonno ci prepariamo per andare alla chiesa. Argh! la porta è chiusa col lucchetto e tutti dormono. Siamo prigionieri all’interno del Campément!

Ma che peccato.. e che si deve fare.. si può solo tornare a dormire.

Poco dopo sento dei rumori.. Si è alzato qualcuno! Presto! rivestiamoci un’altra volta e andiamo alla Messa! Nella Casamance è professata la religione Cristiana. Arriviamo alla chiesa che la funzione è cominciata da poco. E’ quasi tutta cantata e i cori sono davvero molto belli. Sulle panche di sinistra nelle prime file ci sono le bambine e poi andando verso il fondo le donne. Sono eleganti. Il fazzoletto ornamentale che hanno sulla testa è dello stesso tessuto del vestito.

Su molte stoffe sono stampate immagini sacre: la Madonna, Gesù, Papa Woityla. Sulle panche di destra con la stessa distribuzione ci sono bambini e uomini. Incontriamo Marie Manga, un’affabile signora che abbiamo conosciuto ieri sera davanti alla chiesa al rientro da Diatok, che ci brontola gentilmente dicendo che ci aspettava a casa sua  per gli auguri. Ci scusiamo spiegandole perché non siamo passati.

Ora però si torna al Campément per  dormire un po’, ok?

 

Veniamo svegliati dal rumore di una comitiva di turisti che sta sostando al Campément per il pranzo. Fanno parte di un’escursione organizzata a Ziguinchor  per visitare due o tre villaggi tipici della zona ma in realtà dei villaggi vedono molto poco. Che si fa? andiamo ad esplorare un’altra parte di Affiniam!

C’è un posto dove si può fare il bagno? Sì, al Barrage.

Lungo la strada un gruppo di bimbette si aggrega alla nostra spedizione fino al Barrage che è una diga.

Da un lato c’è il mare dove è possibile fare il bagno e dall’altra c’è acqua dolce e ci sono i caimani!

Incontriamo un uomo, Ousman Djiop, che lavora alla diga, ci indica dove fare il bagno e ci invita a passare da casa sua al ritorno. Le bimbe si siedono su un tronco e ci osservano tranquille.

Che meraviglia! l’acqua è così salata che è un piacere stare a galla.

Prima di ripartire facciamo loro un pò di foto e via via gliele mostriamo. Con la digitale è divertente per i bambini rivedersi. Tutte le volte poi fanno a gara a mettersi in posa per vedere subito come sono venuti.

Ci incamminiamo verso casa di Ousman. Istintivamente prendo in collo la più piccina delle bimbe che è deliziosa. E’ contentissima! Mi si aggrappa con un sorriso da un orecchio all’altro. Lulum! dice alla sorella, sono in collo a Lulum! (vuol dire bianca)

 

La casa di Ousman praticamente è una stanza e strapiena di roba. C’è proprio un gran casino. Da un lato il letto con sopra di tutto, anche scarpe, a fianco due ventilatori che potrebbero anche essere non funzionanti, poi ci sono un paio di mobiletti con sopra quello che di più brutto si potrebbe vedere ad un nostro mercatino di modernariato e tra gli scaffali una gran quantità di scarpe mezze distrutte.

Poi c’è la televisione davanti alla quale le bimbe si incantano a guardare la lotta senegalese che è uno sport molto seguito. Ousman ci offre delle noccioline, che qui si trovano dappertutto perché il Senegal ne è un grosso produttore.

 

Tornando al Campément alla boutique troviamo Touba, un ragazzo ritardato al quale affidiamo un sacchetto di caramelle da distribuire ai bambini strada facendo.

Ma le da tutte ai grandi!!  sono golosi quanto i bambini…

 

Lun 2 gen, Affiniam – Dilapao

Come sempre risveglio lento, pane e marmellata e miele di fromager (è un albero enorme che qui è endemico). Da veri vacanzieri non siamo mai pronti prima delle dieci. Oggi abbiamo in programma la visita del villaggio di Dilapao che dista 11 km da Affiniam e oltre all’acqua ci attrezziamo contro la fame portandoci appresso una baguette. La camminata è bella e diversa dalle precedenti perché è in buona parte attraverso le risaie. Viene fatto un solo raccolto anche perché l’irrigazione è solo con acqua piovana. La gente ci saluta dai campi dove sta lavorando anche attirando la nostra attenzione con un urlo quando non ci accorgiamo della loro presenza.

 

A  Boutème che è a metà strada c’è la scuola.

Ci affacciamo per curiosare e subito veniamo invitati dal maestro di una delle tre classi ad entrare. Al nostro ingresso i bambini si alzano in piedi. Dopo le consuete presentazioni facciamo un reportage fotografico in cui i professori si mettono in posa più dei bambini.

Avremo altre foto da spedire. Abbiamo infatti raccolto un sacco di indirizzi  sia perché a loro piace darlo e avere il nostro e perché abbiamo promesso di inviare le foto. Praticamente abbiamo fatto un servizio fotografico a mezza popolazione di Affiniam e dintorni!

I bambini di una classe su richiesta del direttore della scuola intonano una canzone. Ma che belle voci!

 

Arrivati a Dilapao ci viene spiegato che ci sono dieci quartieri e che la casa ad étages che è l’attrazione turistica del villaggio si trova nell’ultimo quartiere.

E’ una fortuna incontrare il simpatico Jean Bernard che sta andando a caricare del riso e delle taniche d’acqua su una piroga e che è diretto via mare proprio al decimo quartiere. Volete venire con me? Pourquoi pas, merci!  Attraverso i canali con le mangrovie ai lati la piroga avanza lenta nel silenzio e ci godiamo questo inaspettato regalo. Ma dove siamo finiti? Questo è un paradiso!

Jean Bernard ci porta a casa sua. Nel  grande cortile il riso schiccato è esposto al sole per terra su grandi stuoie ad asciugare e in un angolo una vecchia è intenta a setacciarlo.

Andiamo a casa di Ernestine che ha una boutique e può anche offrire ospitalità ad eventuali viandanti.

Ci beviamo una birra e una coca quasi calde e offriamo a Jean Bernard quello che desidera. Vino rosso! Una vera schifezza prodotta a Dakar ma è contento. Ci rilassiamo un po’ e poi andiamo a visitare la casa ad étages che praticamente è una capanna come le altre ma a due piani. Una struttura interessante con decorazioni sulle pareti interne.

Torniamo a casa di Jean Bernard che ci mostra la propria abitazione. Quasi tutte le case sono costruite con mattoni d’argilla per cui i loro interni sono molto freschi. Le stanze sono disadorne, c’è giusto  un letto. Se volete vi riporto ad Affiniam in piroga.. se vi fa piacere.. non è un problema.. dice Jean Bernard. Prima di partire si cambia abito indossando un completo da calciatore: in Senegal è la moda!

La marea ha cambiato fisionomia al paesaggio e quindi non possiamo utilizzare la stessa piroga con la quale siamo arrivati. Dobbiamo andare in un altro posto a prendere la piroga di un’altra persona con la quale  evidentemente ci sono accordi per l’utilizzo. Jean Bernard va comunque a chiedere il permesso.

Ci sono montagne di gusci di ostriche che fanno da argine al canale.

Il ritorno in piroga al calar del sole è da favola. Arriviamo al Campément che è buio. Troviamo Nestor fuori che ci aspetta  preoccupato che ci fossimo persi.

Al Campément sono arrivati dei francesi simpatici ma anche troppo. Ci siamo abituati ad essere soli, a goderci questo posto in santa pace e a sentirlo anche un po’ nostro. Ci piace così tanto che ogni giorno rimandiamo la partenza.

 

Mart 3 gen, Affiniam 

Jean Bernard si è trattenuto al Campément per la notte e al mattino lo accompagnamo al villaggio alla ricerca di cartucce per il suo fucile e a fare il giro dei parenti per i saluti. All’ora di pranzo il Campément viene nuovamente invaso da turisti molesti. Noi li ignoriamo, facciamo il bucato. Poi quando loro hanno finito di mangiare e non devono più essere serviti ci uniamo a Nestor e Clementine per pranzare. Perché noi siamo considerati di famiglia ormai.

Un pisolino nel pomeriggio è veramente un piacere. Mettiamo il naso fuori dalla stanza che sono le sei ed il sole se ne è ormai andato. Accompagnamo per un breve tratto Jean Bernard alla piroga e poi facciamo due passi fino al molo per sgranchire le gambe.

Al villaggio, dove andiamo a comprare dei bonbon per i bambini, apprendiamo che una giovane sposa, incinta di sei mesi, è morta di una malattia. Si sospetta sempre le palu, la malaria, ma non è appurato.

Tanta gente è radunata per piangerla presso l’abitazione. Ce ne andiamo per paura di essere inopportuni.

 

Merc 4 gen, Affiniam – Elanà

Siamo sempre ad Affiniam. Non abbiamo voglia di andar via e anche volendo siamo bloccati dai saltuari mezzi di trasporto disponibili.

La piroga per  Ziguinchor c’è a giorni alterni. Le Wilis, il nuovo battello che da Ziguinchor arriva a Dakar,  che potevamo prendere domani è partito un giorno prima per via del Tabaski, la festa musulmana dei montoni, e sul volo nazionale Zig-Dakar non c’è posto. E allora restiamo qui!

Ma venerdì dovremo partire per forza e a questo punto riattraversare il Gambia.

La meta della passeggiata che ci siamo prefissati oggi è il villaggio di Elanà, oltre Boutème a una distanza di circa 15 km. La strada è priva di particolari attrattive  ed è tutta in pieno sole, quindi risulta faticosa  da ogni punto di vista. Incrociamo il professore della scuola di Boutème che ci invita a pranzare a casa sua ma dobbiamo rifiutare perché abbiamo ancora molta strada da fare.. forse anche troppa.. e ovviamente siamo partiti tardi.

Ad Elanà restiamo un po’ delusi perché non è un villaggio, c’è solo qualche casa lungo la strada.

Siamo sfiniti e assetati. Una famiglia gentilissima ci offre dei pompelmi e  dei mandarini  e posa per una serie di foto mentre ci scambiamo convenevoli indirizzi notizie ecc. In una stanza all’interno della casa  il capofamiglia sta allestendo una boutique. Ci chiede di pregare affinché possa realizzarla.

Prendiamo una strada che dovrebbe ricongiungersi a Diatok per fare un anello e per non ripercorrere la stessa strada noiosa. In questi giorni c’è la campagna per la vaccinazione contro la febbre gialla in tutti i villaggi e a Diatok delle signore ci mostrano fiere il loro certificato.

Quando arriviamo alla laguna sappiamo precisamente quanto manca per arrivare “a casa”. Ancora tanto!

Arriviamo al Campément che è buio dopo esserci persi nelle immediate vicinanze.

Clementine e Nestor non sono di turno questa sera.

 

Giov 5 gen, Affiniam

Essendo obbligati a restare al Campément a causa delle vesciche ai piedi chiediamo ai nostri amici di cucinare per loro. Per una sera Nestor e Clementine si riposeranno e trascorreranno una serata insolita gustando cibi diversi. Ci sembra un buon modo per ricambiare la loro disponibilità, la simpatia e l’accoglienza.

Trovati gli unici ingredienti reperibili ci mettiamo all’opera per fare gli gnocchi di patate e una ciambella con la crema. Saremo in quattro. Mentre lavoriamo ci informano che saremo in cinque. Secondo  il principio di induzione dove si mangia in quattro si mangia anche in cinque.. e poi tanto abbiamo abbondato.. E meno male! Perché alla fine ci ritroviamo in nove commensali!

Sono arrivati i due direttori del coro della Messa con due amici e un ragazzo belga.

Ci viene istintivo invitarli e ne restano felicemente sorpresi. Dicono che questo comportamento è come il loro : siamo senegalesi! Il sugo preparato per condire gli gnocchi è poco più che un’idea, d’altronde gli ingredienti non ci sono. Sei pomodori, foglie di menta, burro e olio. Accontentiamoci… Hanno comunque successo. Per loro è veramente un piatto strano e chiedono più volte come si chiama. Per esternare quanto l’hanno apprezzato ad un certo punto intonano un Glory Glory Alleluiah gridando “Evvive la cuisinière!” Sono fortemente commossa, è un momento magico.

Mangiando il dolce parte una serie di auguri, brindisi e cori con controcanto. Uno dei due direttori del coro dice: un giorno anche se noi non saremo più qui, anche se non ci saremo proprio più, voi verrete qui e noi saremo qui, come in questo momento. Nestor racconta loro in lingua Djola che siamo arrivati al Campément con l’idea di starci un paio di giorni e alla fine siamo rimasti una settimana e che abbiamo festeggiato insieme il Capodanno a casa sua e che stasera abbiamo cucinato noi per loro. Insomma ora si può dire che noi ad Affiniam abbiamo una famiglia. Mi viene il nodo alla gola.

Questo è un posto che si può capire e gustare solo restandoci un po’, vivendo con loro la loro realtà.

La pensione completa costa praticamente 11,00 euro al giorno e questi soldi vanno alla comunità per la scuola e altri servizi sociali perché nessuno è proprietario del Campément: gli abitanti del villaggio fanno i turni per gestirlo.

 

Ven 6 gen, Affiniam- Zuiguinchor-Gambia via Farafenni- Kaolack-Dakar

Dopo aver fatto colazione, i conti e aver salutato in nostri amici andiamo al molo con i bagagli a prendere la piroga. C’è molta gente in partenza e c’è anche Touba che fa il buffone su incitamento di tutti. Prima di esser saliti tutti e aver caricato motorini, biciclette cesti e panieri si fanno le 10.30.

A Ziguinchor prendiamo un Jaganjai (non so come scrive, ma posso dirvi cos’è: un taxi collettivo) per andare alla gare routière. Distratti ci facciamo il giro dell’intera città. Ma che bello!

All’autostazione c’è un bel casino: taxi, capre, minibus, gente che discute, gente che vende, gente che elemosina, gente che chiede dove vai. Noi andiamo intanto fino a Senoba, ovvero al confine lungo la trans-gambienne, poi si vedrà. Pare che nei giorni scorsi ci fosse  un intasamento e che chi aveva prenotato la tratta diretta fino a Dakar rimanesse bloccato anche per giorni col mezzo scelto. Per evitare questo eventuale inconveniente l’unica possibilità è attraversare il paese a tratte indipendentemente da un mezzo. Ci fanno salire su un minibus. Fa caldo, è pieno di mosche e da fuori entra un gran puzzo di spazzatura ma finché il bus non è pieno non si parte e così si finisce col partire alle due e mezza!

Il bus andrebbe anche bello spedito ma prima buchiamo una gomma e dobbiamo fermarci per sostituirla poi inizia il delirio dei fermi di polizia per i controlli, ben sedici!, e non solo per i timbri sul passaporto.

Il Gambia ci resta nuovamente antipatico.

La gente è scortese, i poliziotti per rilasciare i timbri chiedono illecitamente e con tono perentorio 1000 franchi. A Senoba per fortuna non c’è alcuna coda e siamo anzi fortunati perché arriviamo al traghetto per trasbordarci sull’altra riva del fiume giusto in tempo per l’ultima traversata.

Ritroviamo le impercorribili strade gambiane piene di buche. Altri inevitabili  1000 franchi ad un altro poliziotto  e siamo fuori da questo brutto paese. Giusto Farafenni sul confine ha sembianze migliori.

Una sola sosta a Kaolack per un caffè che è frizzante e piccante! e poi il viaggio prosegue con tutti i passeggeri tramortiti dal sonno con la testa ciondolante sul sedile anteriore.

Arriviamo a Dakar alle quattro del mattino dopo ben 18 ore di viaggio totali.

 

Sab 7 gennaio a Dakar e Dom 8 rientro in Italia, con una stretta al cuore..

 

 

 

 

 

 

 

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