India, Rajastan Occidentale

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INDIA, RAJASTAN Occidentale

Periodo : agosto 2003

Durata : 28 giorni

Tipologia : fai da te

 

ITINERARIO (e alloggi)

DELHI (Yatri House) – AGRA (Hotel Kamal) – JAIPUR (Atithi Guest House) – AMBER – BUNDI (Haveli Braj Bhushanjee) – CHITTORGARH – UDAIPUR (Kankarwa Haveli) – RANAKPUR – KUMBALGARH – PALI – JODHPUR (The Blue House) – JAISALMER (Hotel Suraj) – BIKANER (Hotel Harasar Haveli) – DESNOKE – MANDAWA (Hotel Mandawa Haveli) – NAWALGARH (Apani Dani) – JHUNJHUNU – DELHI

 

Scrivo da BUNDI, una città davvero deliziosa, ma decadente. Il suo City Palace incastonato nella montagna è il più imponente di tutti quelli che ho visitato fin’ora.

A Bundi non esiste il servizio per la raccolta della spazzatura, forse neanche altrove, però i maiali sono molti ed efficienti. Altri animali presenti in gran numero sono le scimmie sui tetti, vero incubo di molti abitanti, gli scoiattoli e  ovviamente le vacche. Gli abitanti di Bundi sono molto cordiali, amano salutare e sono contenti se il saluto viene ricambiato.

I più giovani e i piccoli salutano in inglese con una allegro Hallo, gli adulti salutano dicendo Namastè accompagnato dal gesto delle mani giunte, a volte con una sola mano che si tocca la fronte. I bambini  adorano stringere la mano.

Harry, il nostro autista, non ha approvato la scelta di sostare a Bundi dicendo che non c’è niente. Al contrario, Bundi è un vero gioiello, offre moltissimo da tutti i punti di vista.

A parte la bellezza architettonica del palazzo del Maharaja, nel quale raffinate miniature  affrescano i muri di alcune sale del palazzo, della città tutta, dal predominante colore blu delle case (come a Jodhpur), la cosa più apprezzabile di Bundi è l’atmosfera cordiale e la mancanza di caos da traffico.

A Delhi ma anche a Jaipur il caos è impressionante. Per prima cosa colpisce la moltitudine di gente. Non ho mai visto tante persone tutte insieme. Poi il traffico è allucinante. Per strada ogni automobilista suona incessantemente il clacson, giorno e notte, per avvisare gli altri che sta passando e siccome tutti vogliono passare tutti suonano! Sembra di stare sulla pista dell’autoscontro! E nel mezzo ci sono vacche, carretti, rickshaw, cammelli, di tutto! A Bundi, giù al mercato, la confusione c’è, ma non si sentono continuamente i clacson come altrove. L’aria non è satura di smog e soprattutto la gente non ti baccaglia ad ogni passo che fai per farti comprare qualcosa. Qui un bambino che ha imparato a dire “one pen, one chocolate” in fin dei conti vuole solo attirare la tua attenzione, non necessariamente avere la penna o la cioccolata. Se stringi la mano viene apprezzato, se saluti un bimbo e magari gli fai una carezza, incrociando lo sguardo della madre noti il suo assenso e addirittura  la sua gratitudine.

Ieri sera girando per la piccola città ci siamo imbattuti nel corteo di una festa.

Solo dopo un’ora che lo seguivamo per curiosità abbiamo capito che si trattava di una Puja, la festa religiosa di un’intera casta. La divinità era trasportata su un baldacchino e in fondo al corteo un uomo, con un carretto, trasportava le scarpe di chi partecipava alla processione scalzo. Dai balconi e dai tetti delle case erano affacciate le donne, altre sostavano sulla porta di casa. Al nostro passaggio i bambini sono impazziti e volevano tutti stringerci la mano incitando i più timorosi a fare altrettanto. Mi sembrava d’essere la regina! La considerazione e la felicità conseguente all’averci toccato era la stessa!

Ogni tanto un uomo offriva a chi seguiva il corteo della polvere di cocco da una specie di piatto concavo. Anche noi l’abbiamo preso e mangiato, con le mani. Faceva molto caldo perciò avevo la bandana di cotone intorno alla fronte per arrestare il sudore.

Un gruppo di donne sulla soglia di un tempio mi ha gridato qualcosa sorridendo, ma non potevo capire. Mi sono diretta verso di loro e sorridendo ho cercato di comunicare la mia disponibilità e attenzione. Mi hanno tolto la bandana, mi hanno accarezzato le guance e poi ridendo mi hanno arruffato i capelli, tutte insieme! Avrò avuto dieci mani in testa. Poi me li hanno ricomposti, sempre con delle carezze, e mi hanno fatto capire che erano più belli sciolti. Nonostante il caldo pazzesco per farle contente non ho rimesso la bandana.

Alla fine del giro la processione è entrata in un cortile antistante al lago. C’era un uomo che cantava (cantava anche durante il corteo) e dei suoni ritmici si sono alternati a brevi pezzi suonati dalla banda musicale. Un signore anziano col turbante, aiutato dalle nuore, si è seduto accanto al baldacchino della divinità depositato per terra, e di fronte, per terra, si sono sedute tutte le donne. Gli uomini sono rimasti in piedi ai lati, sui gradini e sui muri.

Sono stati premiati i bambini che hanno finito la scuola con tanto di consegna del diploma e dichiarazione pubblica col microfono del voto finale e sono stati dati anche dei regali: un portavivande, una ghirlanda di fiori, una specie di libro. Eravamo circondati da ragazzini che volevano parlare con noi con il poco di inglese imparato. Tre ragazze ci hanno chiesto di farsi fotografare con noi poi ci hanno presentato ai loro padri, per l’appunto gli organizzatori dell’intera festa, e ci hanno invitato alla loro cena.

Abbiamo ricevuto molti inviti durante questo viaggio e siamo sempre stati guardinghi, consapevoli che in India dietro un’offerta c’è sempre un tentativo di farti comprare qualcosa, se non peggio. Questa volta ci siamo sentiti tranquilli e abbiamo accettato anche perché non ci hanno invitato a   casa loro ma alla cena della festa. Non abbiamo capito dove ci hanno portato, se in un palazzo o in un tempio, era molto grande e a più piani.

Le ragazze ci hanno guidato fino all’ultimo piano. L’atmosfera era di gioia totale. Mi sono state presentate le madri delle ragazze che si chiamano Yogita,  Sonal e Monal. Le prime due hanno 17 anni, Monal ne ha 14. Non ho capito se sono sorelle.

Sonal è una ballerina a livello nazionale. Molto affascinata mi ha chiesto se poteva chiamarmi Didi che vuol dire sorella maggiore. Centinaia di persone hanno preso posto sedute per terra a gambe incrociate, una accanto all’altra. Ci siamo tolti le scarpe e ci siamo seduti come gli altri. Pioveva, ma da dove? era una pioggia molto  leggera e faceva così caldo che faceva anche piacere. Nei piatti fatti di foglie, appoggiati per terra davanti ad ognuno di noi, c’erano i puri (pane) e i “bachini” di pasta piccante e una ciotola, anch’essa fatte di foglie, con lenticchie e patate. Delle donne sono passate più volte per riempire i piatti, portare da bere e hanno portato anche il dolce giallo fatto a pallina buonissimo che è una specie di grumo di palline più piccole. Di cosa sia fatto non lo so, ma è il mio preferito. Tutto il cibo servito era buono ed abbondante. Non abbiamo bevuto giusto l’acqua. Alla fine della cena Sonal ha chiesto al padre il permesso di invitarci a cena nella loro casa vicino a Ranakpur. Non potendo accettare senza prima verificare il percorso e il programma di viaggio ci hanno accompagnato all’Haveli per controllare la cartina. Dopo un’attenta analisi abbiamo ipotizzato di poterci andare venerdì, ma con un appuntamento soggetto a riconferma da parte nostra. Sonal ci ha scritto indirizzo e telefono ed emozionantissima ci ha salutato speranzosa di averci suoi ospiti.

I proprietari dell’Haveli Braj Bushanjee dove alloggiamo sono di una squisitezza unica. Fanno parte della casta dei bramini, la più alta, sono discendenti da cinque generazioni di Primi Ministri a Bundi, vivono in hanno una casa magnifica, molto ben curata, affrescata e conservano molti cimeli di famiglia. Sono sempre attenti e disponibili e la cena che una sera abbiamo consumato da loro è stata superba.

A Bundi è possibile ammirare i Baori. Sono enormi pozzi per la raccolta dell’acqua piovana. Lungo le pareti le scale disegnano dei rombi e in alcuni ci sono anche dei capitelli. I cenotafi di Sabargh sono luoghi di sepoltura.

 

Ad AGRA abbiamo alloggiato nel cuore della città vecchia, in un piccolissimo hotel molto squallido, in una camera spoglia, con il condizionatore dal rumore martellante ed il caldo infernale con le zanzare che abbondano.. E’ stato praticamente impossibile dormire ma la tortura viene ripagata all’alba salendo sul tetto: il sole che nasce tinge di tinte pastello il Taj Mahal regalando un’immagine dolce, mistica ed emozionante. Sui tetti delle case scorrazzano le scimmie. Le persone che hanno dormito all’aperto per catturare un filo d’aria ritirano i materassi.

Il Taj Mahal è magico e potresti restare a contemplarlo a giornate intere.

Dormire nella città vecchia è intimo. La sera è bello insinuarsi tra le stradine del mercato e scambiare due parole con la gente. Chi alloggia fuori, in alberghi sicuramente più lussuosi, ma a qualche chilometro di distanza dal cuore di Agra si perde tutta l’atmosfera. Dal tetto della nostra bettola il tramonto sul Taj Mahal è ipnotico.

Ad Agra c’è un ponte sul quale transita il mondo che porta di là dal fiume. Noi l’abbiamo attraversato a bordo di un carro trainato da un cavallo. Sull’altra sponda del fiume c’è il Forte Rosso, assolutamente da visitare.

 

Le “sanguisughe indiane” sono peggio di quelle vere che ci hanno massacrato in Malesia.

A JAIPUR non c’è stato verso di godersi con calma il Palazzo dei Venti perché un venditore di pietre preziose e gioielli ogni volta spuntava dal niente e parlando un perfetto italiano ci ha tartassato per farci andare nella sua bottega impicciandosi della nostra direzione, del momento migliore per fotografare ecc. Un incubo! Qualunque persona si avvicini apparentemente solo per chiacchierare alla fine ti propone insistentemente qualcosa. A Jaipur dopo una cert’ora c’è un solo senso di marcia sulla MI Road. Per evitare un giro assurdo il conducente del ciclo-rickshaw ha deciso di fare il viale contromano. Un intransigente poliziotto, non accettando le sue spiegazioni, lo ha preso addirittura a calci. L’ Atithi Guest House è una buona sistemazione.

 

La Kankarwa Haveli di UDAIPUR è deliziosa. Dalla finestra della nostra camera si vedono i Ghat. Sono scalinate che scendono al lago. L’acqua è stagnante, schiumosa e a riva è pieno di rifiuti. Gli indiani vengono qui con una saponetta, si tolgono i vestiti, si lavano, anche i denti, poi lavano i vestiti appoggiandoli per terra, strusciandoli bene col sapone e sbattendoli energicamente con una paletta di legno e sciacquandoli nel fiume.

E che dire dei bambini che fanno la cacca proprio davanti alla porta della propria casa?

Distratta da un commerciante che mi ha chiamato per farmi vedere le sue mercanzie non mi sono accorta di ostruire il passaggio ad una vacca che si è fatta largo incornandomi.

Per fortuna eravamo fatte l’una per l’altra come misura.. Praticamente il mio bacino è entrato preciso tra le sue corna. Mi piacerebbe sapere cos’hanno pensato di me  le persone che hanno assistito alla scena: un’eletta o esattamente il contrario?

 

Sui MONTI ARAVELI, poco prima di KUMBALGARH, c’è una grande festa nel cortile di una scuola. Da una parte sono radunati seduti per terra tutti i bambini vestiti da scuola, dall’altra stanno gli uomini, molti col turbante. Il Capo ci accoglie con calore e ci offre un Chai. Sono contenti di essere fotografati. Alcune ragazzine agghindate danzano poi un bambino recita, poi altri bambini cantano e suonano. Il Capo si profonde in ringraziamenti per essere intervenuti.

 

A RANAKPUR c’è un enorme splendido tempio jainista con centinaia di statue in marmo, tutte diverse. La guardia si impiccia, e non a caso, indicando cosa fotografare, da quale angolazione, come ecc. Alla fine della persistente rottura se ne esce con un “Gift as you like” tendendo la mano. E’ solo così che si toglie dalle scatole.

Facciamo una passeggiata lungo l’unica strada che c’è. Ho con me il Raid portatile che desta enorme interesse nei bambini. Uno mi propone uno scambio con i suoi occhiali pur non sapendo cos’è. Tutti ridono, saltano, toccano. Poi richiamati dai saluti di una famiglia risaliamo un sentiero fino alla loro modesta abitazione. Ci accomodiamo per terra seduti fra loro. Sono onoratissimi. La madre, senza un occhio, ce lo mostra chiuso, ci fa capire che sono tutti figli suoi. I bambini sono incantati. Stanno mungendo una bufala e ci offrono il latte. Sarà meglio evitare considerato la diarrea persistente degli ultimi giorni, così pure il cibo. Mi mostrano la cucina: una tettoia. Per terra in un bigoncio stanno impastando qualcosa e sul fuoco cuociono credo delle lenticchie. Mi appuntano una coccarda alla maglietta, mi mettono i brillantini sul viso e mi mettono un bracciale d’argento al braccio.

Sta calando il buio, sarà meglio andare. Mi levo coccarda e braccialetto, che sicuramente volevano vendere, e ci ringraziamo a vicenda, tantissimo.

 

A PALI ci sono le tintorie dei tessuti. Metri e metri di cotone che viene tagliato per farne i sari. Il tessuto viene tinto a mano con delle gratelle su cui viene passato il colore. La gratelle hanno dei fori che corrispondono ai disegni. In un grande edificio andiamo a vedere anche la tintura delle tovaglie da cucina. Qui vengono usate delle forme di legno dalla grandezza variabile che intinte nel colore e appoggiate sul tessuto formano il disegno. E’ un lavoro che richiede pazienza e precisione, ma che viene comunque fatto con velocità.

 

A JODHPUR la prima impressione della The Blue House è di un gran casino. Mi son proprio chiesta “ma dove siamo capitati?” La camera non è pronta.. nel vero senso della parola! La stanno tinteggiando, manca il letto, il bagno non è completato (manca il lavandino) e lo scarico del cesso non si riempie. A parte questo la camera è nuova.

Così intanto vediamo che banda è questa. Siccome la grand mother è gravemente malata tutta la famiglia è accorsa dall’intera India. Per questo forse c’è tutto questo caos. Gente che va e viene, gente stravaccata a destra e sinistra, gente che mangia, che rutta, che si scaccola. C’è chi si lava i denti e si fa la barba nel corridoio. Ci sono bambini che piangono. Pranziamo seduti per terra su un materasso, ogni tanto transita un topino..

Dopo un’ora portano il letto in camera ed è pronta. Il proprietario si scusa per l’attesa.

La Fortezza di Mehrangarh è la più grande e forse la più bella che abbiamo visto, dal punto di vista architettonico.

 

A JAISALMER abbiamo scelto di dormire al’interno delle mura per non perdere un milligrammo di tutta la sua atmosfera. Il Suraj Hotel casca a pezzi ed è un vero peccato, sembra di stare dentro al palazzo di un Maharaja. E’ una Heritage Haveli risalente al 1526 e costa una sciocchezza.

Le stradine  di Jaisalmer sono assai strette e spesso è difficile transitare. Ci sono molte vacche e molti cani e le vacche non si spostano. Occorre salire e scendere i gradini delle abitazioni. Chiaramente i vicoli sono pieni di sterco. Le vacche hanno molta fame, anche i cani, e gradiscono molto anche la carta.

Vicino a Jaisalmer ci sono molti cenotafi su una collina, Vyas Chatri.

Giù in città il clima è abbastanza piacevole. Il negozio di dolci Dhanraj Bhatia Sweets ha delle vere leccornie! All’interno del forte abbiamo spesso cenato al Little Tibet. Una sera però ci siamo concessi la cena al Surya, seduti sui cuscini nella nicchia di una finestra con tanto di musicista.

In un negozio di tessuti il venditore, dall’aria un po’ mafiosa e dall’aspetto asiatico, mi trattiene a lungo per dei copri porta/finestra. Belli devo dire, ma il prezzo è esorbitante. Da 5400 RS comunque cala a 3000 + il mio cappello (aveva già tentato con gli occhiali). Rispondo che devo dormirci sopra per sganciarmi ma nei giorni successivi sarà il mio incubo perché per eluderlo dovrò fare dei giri assurdi.

Per le strade vengono approntati altari, con fiori, foto, oggetti vari e musica, c’è un gran fervore per il compleanno di Krishna.

 

RAMDEVRA si trova facendo una deviazione di 7 km lungo la strada che da Jaisalmer ci sta portando a Bikaner. Qui c’è un famoso santuario jainista oggetto di pellegrinaggio a piedi, anche nudi, da molto lontano o in bicicletta. Quasi tutti hanno uno zainetto e delle aste con delle bandiere colorate triangolari. A Ramdevra c’è un gran caos. La strada che porta al tempio è strapiena di bancarelle che vendono confetti, cibo, giocattoli, gioielli, terrecotte, di tutto. Nel mezzo sostano storpi e mendicanti. I bambini chiedono insistentemente l’elemosina. Bakshish! Bakshish!

Sulla rampa che conduce al tempio c’è chi si prostra disteso per terra a faccia in giù. Riusciamo a vedere poco e niente dell’idolo perché la calca è soffocante.

 

A BIKANER si visita il Lalgarth Palace e il Junagarth Fort.

Le Fortezze ed i City Palace di tutta l’india sono stupendi e non si può dire visto uno visti tutti perché ognuno ha una caratteristica, una peculiarità, qualche gioiello da mostrare.

 

Il tempio di DESNOKE è da vedere perché veramente singolare. E’ dedicato ai topi.

Vengono venerati e nutriti con latte e intere bigonce dei miei dolcetti preferiti! I topi scorrazzano dappertutto e se la spassano proprio, mangiano, giocano, si rincorrono e poi, stanchi, si accasciano per terra o penzolano dalle ringhiere del tempio. Non sono esente dalla loro attenzione.. tentano di mordermi i piedi un paio di volte! I calzini si sono rivelati molto utili.

 

La regione del SHEKHAWATI, a nord del Rajasthan, è particolare.

Le città sono decadenti ed è un peccato. Le case sono state decorate in modo singolare.

Sui muri sono raffigurate cose reali e “moderne” come aerei, treni..

A Mandawa abbiamo alloggiato nella suite di una Heritage Property: l’Hotel Mandawa Haveli,  un posto da favola.

Poi abbiamo trascorso qualche giorno  in una eco-farm : l’ APANI DHANI a Nawalgarh.

All’Apani Dhani ci hanno organizzato una giornata in giro per le campagne col calesse molto piacevole. Mi sono fatta fare l’henna painting sulle mani e sui piedi. Sono stupendi!

 

Il tempio di JHUNJHUNU, moderno ed enorme, festeggia proprio in questi giorni (26-27-28 agosto) gli idoli. Ci sono molti meno pellegrini rispetto a Ramdevra ma l’atmosfera è molto carica. Nei cortili esterni al tempio, ma dentro alle mura, sono stesi dei materassi , in pratica sono dormitori. Nel tempio c’è una pedana in marmo lunga almeno 10 metri e larga 3 o 4. I fedeli si siedono ai margini con un piattone metallico (tipo quello del Thali) ma con gli scomparti tipo fonduta. Nelle vaschette ci sono una polvere rossa, una polvere bianca (forse cocco tritato), una polvere verde, dei pezzetti di cocco, dei fiori e un gomitolo colorato. Con la polvere rossa, dopo aver bagnato il marmo, viene disegnata la svastica della fortuna (Antriksh) poi le altre cose servono da rifinitura. C’è chi da fuoco al gomitolo e recita un mantra, chi tocca il disegno appena fatto e poi si tocca la fronte o la pancia, sempre pregando. Alla fine un inserviente con un rastrello ripulisce il marmo e viene lasciato il posto ad altri. Poi c’è la processione davanti agli altari delle divinità. Lungo il percorso dal soffitto pendono delle campane che i fedeli fanno suonare passando. C’è chi tocca i gradini e poi si tocca la fronte. L’evento è ripreso dalle televisioni statali.

Anch’io suono una campana e mi tocco la fronte dopo aver toccato la svastica calda del tempio principale facendo il rituale giro tutto intorno. Siamo gli unici stranieri presenti.

 

CURIOSITÀ

 

Gli indiani hanno i capelli sempre in ordine, gli uomini hanno il taglio sempre perfetto. Non mancano peraltro i barbieri nei negozi o lungo la strada (basta una sedia e uno specchio). Alcuni uomini si tingono i capelli con l’hennè, perciò sono arancioni. Solo i poveri nelle tendopoli e per la strada non si curano i capelli.

 

Sputare e ruttare è un comportamento molto diffuso in pubblico. Gli indiani sputano in continuazione. Se stanno masticando il betel lo sputo è rosso. Spesso le macchie rosse ricoprono anche i muri dei palazzi che abbiamo visitato. Andando in giro in ciclo-rickshaw è facile beccarsi gli schizzi di sputo del conducente. In un negozio piuttosto raffinato di vestiti di seta a Delhi il commesso ci accolto con un sonoro rutto! Per loro è normale!

 

In India il cibo è tutto buono e da provare. A volte è piccante. Mangiare in un ristorante di lusso o per strada non preserva dalla diarrea, quindi tanto vale provare tutto. L’importante è vaccinarsi prima di partire contro l’epatite e il colera.

 

Glossario per mangiare

CHAPATI – pane non lievitato

PURI – altro tipo di pane

DAL – lenticchie

THALI – piatto tipico con lenticchie e chapati

CHANNA – ceci

GOBHI – cavolfiore

ALU – patate

KACHORY – frittelline di verdure

SAMOSA – triangoli di pastella fritta ripieni

PAKORA – frittelle di farina di ceci ripiene

MASALA – mix di spezie per condimento

PANIR – formaggio fresco

PALAK – spinaci

RAITA – yogurt e verdura

GULAB JAMUN – palline di latte fritte imbevute di sciroppo

KULFI – gelato con zafferano

LASSI – yogurt (buonissimo!)

CHAI – Tè speziato

PAAN – noci d’areca e spezie avvolte in foglie di betel da masticare, ottimo digestivo, ma esagerando, come fanno loro, i denti e le gengive diventano rossi ( e anche gli sputi..)

Di altre leccornie non ho capito il nome ma ne conservo un ricordo buonissimo.. bisogna sperimentare !!

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